Chiesa integralista, difende un'idea astratta della vita e chi discrimina i gay
Liberazione del 3 dicembre 2008, pag. 20
di Marco Perduca*, Alessandro Capriccioli**
Dopo gli omosessuali, tocca ai disabili. La decisione, confermata ieri dal Vaticano, di non firmare la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità perché non contiene un divieto esplicito all'aborto, è sulla stessa linea. Fatto ancora più grave se si pensa che oggi è la Giornata mondiale sulla disabilità.
La scelta del Vaticano era stata formulata già nel 2007 e anche in quella circostanza le motivazioni addotte dall'ambasciatore vaticano Monsignor Celestino Migliore riguardavano i riferimenti alla salute riproduttiva contenuti nel documento, definiti "inaccettabili" condizioni per "offrire o ricorrere all'aborto".
La decisione non mancò di suscitare vibranti polemiche, mitigate dalla considerazione che fosse un elemento di carattere etico a determinare la scelta della Santa Sede: scelta dolorosa, si disse, ma inevitabile, a meno di non voler distogliere la Chiesa dalla pretesa tutela di un diritto alla vita tanto più astratto quanto sempre più tenacemente perseguito. Ragionamento che vale anche oggi.
La pronuncia con cui il Vaticano si è dichiarato contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità si inquadra apparentemente nello stesso disegno: la negazione del sostegno a una categoria di persone a rischio di discriminazione - gli omosessuali oggi come i disabili allora -, sulla scorta di motivazioni che i più solerti commentatori si sono precipitosamente affrettati a collegare ad elementi di ordine morale, e quindi riconducibili, in ultima analisi, al magistero della Chiesa.
Eppure la decisione contiene una serie di elementi che lasciano intravedere i contorni di una vera e propria escalation: il rifiuto della firma, ha affermato il nunzio apostolico, si deve all'esigenza di non creare "nuove e implacabili discriminazioni", in particolar modo nei confronti di quegli stati "che non riconoscono l'unione tra persone dello stesso sesso".
Così, in nome dell'incomprensibile necessità di non discriminare coloro che discriminano, il Vaticano si rende portatore di un'istanza apertamente politica, il cui esito consiste nell'offrire sostegno ai paesi nei quali l'omosessualità viene perseguita penalmente, persino con la pena di morte: gli stessi paesi, sia detto per inciso, in cui i cristiani vengono brutalmente perseguitati.
La sensazione è che la progressione vaticana, giunta con questa pronuncia a livelli di integralismo senza precedenti, possa ritorcersi prima di tutto contro la Chiesa: e che sarà un compito arduo spiegarne le motivazioni, in primo luogo ai credenti, già provati da decisioni difficilmente comprensibili, se non alla luce dell'esigenza di conservare, a qualunque prezzo, un potere temporale che sembra ineluttabilmente sfuggirle. Il tutto alla vigilia della festa più importante per i cattolici.
NOTE
*Senatore radicale nel Pd
**Comitato nazionale radicali italiani
Liberazione del 3 dicembre 2008, pag. 20
di Marco Perduca*, Alessandro Capriccioli**
Dopo gli omosessuali, tocca ai disabili. La decisione, confermata ieri dal Vaticano, di non firmare la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità perché non contiene un divieto esplicito all'aborto, è sulla stessa linea. Fatto ancora più grave se si pensa che oggi è la Giornata mondiale sulla disabilità.
La scelta del Vaticano era stata formulata già nel 2007 e anche in quella circostanza le motivazioni addotte dall'ambasciatore vaticano Monsignor Celestino Migliore riguardavano i riferimenti alla salute riproduttiva contenuti nel documento, definiti "inaccettabili" condizioni per "offrire o ricorrere all'aborto".
La decisione non mancò di suscitare vibranti polemiche, mitigate dalla considerazione che fosse un elemento di carattere etico a determinare la scelta della Santa Sede: scelta dolorosa, si disse, ma inevitabile, a meno di non voler distogliere la Chiesa dalla pretesa tutela di un diritto alla vita tanto più astratto quanto sempre più tenacemente perseguito. Ragionamento che vale anche oggi.
La pronuncia con cui il Vaticano si è dichiarato contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità si inquadra apparentemente nello stesso disegno: la negazione del sostegno a una categoria di persone a rischio di discriminazione - gli omosessuali oggi come i disabili allora -, sulla scorta di motivazioni che i più solerti commentatori si sono precipitosamente affrettati a collegare ad elementi di ordine morale, e quindi riconducibili, in ultima analisi, al magistero della Chiesa.
Eppure la decisione contiene una serie di elementi che lasciano intravedere i contorni di una vera e propria escalation: il rifiuto della firma, ha affermato il nunzio apostolico, si deve all'esigenza di non creare "nuove e implacabili discriminazioni", in particolar modo nei confronti di quegli stati "che non riconoscono l'unione tra persone dello stesso sesso".
Così, in nome dell'incomprensibile necessità di non discriminare coloro che discriminano, il Vaticano si rende portatore di un'istanza apertamente politica, il cui esito consiste nell'offrire sostegno ai paesi nei quali l'omosessualità viene perseguita penalmente, persino con la pena di morte: gli stessi paesi, sia detto per inciso, in cui i cristiani vengono brutalmente perseguitati.
La sensazione è che la progressione vaticana, giunta con questa pronuncia a livelli di integralismo senza precedenti, possa ritorcersi prima di tutto contro la Chiesa: e che sarà un compito arduo spiegarne le motivazioni, in primo luogo ai credenti, già provati da decisioni difficilmente comprensibili, se non alla luce dell'esigenza di conservare, a qualunque prezzo, un potere temporale che sembra ineluttabilmente sfuggirle. Il tutto alla vigilia della festa più importante per i cattolici.
NOTE
*Senatore radicale nel Pd
**Comitato nazionale radicali italiani