La Cei precetta il voto cattolico contro donne, gay e unioni civili
Liberazione del 19 marzo 2008, pag. 1
di Anubi D'Avossa Lussurgiu
Ieri il consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha diramato un comunicato. Vi si legge che, non potendosi certo ammettere una «diaspora culturale dei cattolici», essi debbono adoprarsi contro il «rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio». Precisamente «evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla».
Dunque, i vescovi di Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica hanno trovato il modo di rivendicare in piena campagna elettorale il blocco di ogni riconoscimento delle unioni di fatto. E non sfugge all'indirizzo lanciato dai vescovi all'elettorato l'insieme di questioni che vanno sotto l'apodittico titolo di «tutela della vita umana», così rivendicando altri ostruzionismi ottenuti nel Parlamento uscente (e nel governo): come quelli che hanno bloccato ogni iniziativa di superamento della legge 40 sulla "procreazione assisistita" e ogni accenno di testamento biologico.
Né si frena l'offensiva reazionaria contro la libertà delle donne, a partire da quella di scelta sulla maternità. Al punto che il segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori ha elargito questa luminosa sentenza: «Il no netto all'aborto da sempre ha fatto la differenza, per i cristiani, rispetto alla società». Addirittura «dal primo secolo». E pensare si credeva una certa differenza «rispetto alla società» l'avessero stabilitea piuttosto le Beatitudini di Gesù di Nazareth...
Ma Betori fa sul serio e giunge a citare «le ruote» dei conventi dove si accoglievano i neonati delle madri povere e/o "reiette": per lui «hanno espresso e possono esprimere ancora oggi un modo per venire incontro alle esigenze delle donne». Esigenze che, evidentemente, sono ben chiare al sacerdozio maschile cattolico.
Tutto questo, però, è servito al monsignore ad uno scopo ben più prosaico. Poter dire cioè che la Curia dubita che «il problema dell'aborto possa essere risolto solo in chiave sociale, sia con una legge, sia attraverso espressioni politiche». E che però «tutto può essere d'aiuto per pronunciare un no all'aborto, in questo momento». Pur velata e vescovilmente paludata, è finalmente giunta l'agognata benedizione attesa da Giuliano Ferrara per la sua lista.
Ora: visto che notoriamente l'ingerenza delle gerarchie d'oltretevere nelle decisioni della Repubblica è uno «spettro» del «vetero-laicismo», ci si dovrà pur stupire della spettralità della politica dominante. Perché solo silenzi e plausi sono venuti, oltre che dall'Udc, sia dal Pdl sia dal Pd. Ad allarmarsi, oltre il solito e meritevole Grillini, è solo la sinistra: con il solo segretario del Prc, Franco Giordano, a parlare di «precettazione» del «mondo cattolico» e di «tentativo di condizionare pesantemente le scelte dello Stato laico». Che per gli altri, forse, non merita più di un Amen.
Liberazione del 19 marzo 2008, pag. 1
di Anubi D'Avossa Lussurgiu
Ieri il consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha diramato un comunicato. Vi si legge che, non potendosi certo ammettere una «diaspora culturale dei cattolici», essi debbono adoprarsi contro il «rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio». Precisamente «evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla».
Dunque, i vescovi di Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica hanno trovato il modo di rivendicare in piena campagna elettorale il blocco di ogni riconoscimento delle unioni di fatto. E non sfugge all'indirizzo lanciato dai vescovi all'elettorato l'insieme di questioni che vanno sotto l'apodittico titolo di «tutela della vita umana», così rivendicando altri ostruzionismi ottenuti nel Parlamento uscente (e nel governo): come quelli che hanno bloccato ogni iniziativa di superamento della legge 40 sulla "procreazione assisistita" e ogni accenno di testamento biologico.
Né si frena l'offensiva reazionaria contro la libertà delle donne, a partire da quella di scelta sulla maternità. Al punto che il segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori ha elargito questa luminosa sentenza: «Il no netto all'aborto da sempre ha fatto la differenza, per i cristiani, rispetto alla società». Addirittura «dal primo secolo». E pensare si credeva una certa differenza «rispetto alla società» l'avessero stabilitea piuttosto le Beatitudini di Gesù di Nazareth...
Ma Betori fa sul serio e giunge a citare «le ruote» dei conventi dove si accoglievano i neonati delle madri povere e/o "reiette": per lui «hanno espresso e possono esprimere ancora oggi un modo per venire incontro alle esigenze delle donne». Esigenze che, evidentemente, sono ben chiare al sacerdozio maschile cattolico.
Tutto questo, però, è servito al monsignore ad uno scopo ben più prosaico. Poter dire cioè che la Curia dubita che «il problema dell'aborto possa essere risolto solo in chiave sociale, sia con una legge, sia attraverso espressioni politiche». E che però «tutto può essere d'aiuto per pronunciare un no all'aborto, in questo momento». Pur velata e vescovilmente paludata, è finalmente giunta l'agognata benedizione attesa da Giuliano Ferrara per la sua lista.
Ora: visto che notoriamente l'ingerenza delle gerarchie d'oltretevere nelle decisioni della Repubblica è uno «spettro» del «vetero-laicismo», ci si dovrà pur stupire della spettralità della politica dominante. Perché solo silenzi e plausi sono venuti, oltre che dall'Udc, sia dal Pdl sia dal Pd. Ad allarmarsi, oltre il solito e meritevole Grillini, è solo la sinistra: con il solo segretario del Prc, Franco Giordano, a parlare di «precettazione» del «mondo cattolico» e di «tentativo di condizionare pesantemente le scelte dello Stato laico». Che per gli altri, forse, non merita più di un Amen.