da "il giornale di vicenza", Mercoledì 12 Marzo 2008
IL CASO. Dopo la mostra-scandalo a Marostica
Accusa di vilipendio all’artista Chiurato
L’indagato avrebbe offeso la religione dello Stato esponendo un’effigie di Cristo giudicata blasfema
Lo scorso ottobre la mostra “Sexhibitionism”, con oltre 500 calchi di ceramica raffiguranti seni, sederi, genitali maschili e femminili esposti, oltre ad un Cristo blasfemo e altre opere che richiamano temi religiosi, come un quadro con foglie di marjiuana intitolato “Maria Vergine”. Ora l’iscrizione nel registro degli indagati per il marosticense Marco Chiurato, che nella sua abitazione di via Battisti aveva allestito la mostra.
A inguaiare lo scaligero è la Procura della Repubblica di Bassano. Il sostituto Giovanni Parolin ha aperto un fascicolo a carico di Chiurato in cui si ipotizza il reato di “offese alla religione mediante vilipendio di cose”. Oggetto incriminato è una statua riproducente Cristo con una corona di spine, il seno e un pene eretto coperto da preservativo. Un fatto che aveva scatenato furiose polemiche a Marostica e dintorni, oltre che aver accesso i riflettori sull’attività artistica di Chiurato. Duro era stato l’intervento di mons. abate Renato Tomasi che aveva stigmatizzato l’esposizione parlando letteralmente di “entrata a gamba tesa” nei confronti della fede. A Marostica era stata anche organizzata una via Crucis “riparatoria” alla quale avevano partecipato molti marosticensi, offesi dalla mostra di via Battisti che aveva goduto pure del patrocinio dell’amministrazione cittadina. «Abbiamo concesso il nostro patrocinio - aveva detto il sindaco Alcide Bertazzo - come segno d’incoraggiamento ad un giovane artista locale e perché allegata alla domanda c’era anche la presentazione firmata da un sacerdote diocesano». «Non si può invocare la libertà di espressione “artistica” - si leggeva in una nota pastorale del Vicariato di Marostica diffusa a fine ottobre - per giustificare qualsiasi oltraggio».
«Non volevo offendere nessuno - si era difeso dal canto suo Chiurato -. Intendevo solo rappresentare un’allegoria di Dio che non vuole procreare». Ora però dovrà spiegarlo al magistrato.
IL CASO. Dopo la mostra-scandalo a Marostica
Accusa di vilipendio all’artista Chiurato
L’indagato avrebbe offeso la religione dello Stato esponendo un’effigie di Cristo giudicata blasfema
Lo scorso ottobre la mostra “Sexhibitionism”, con oltre 500 calchi di ceramica raffiguranti seni, sederi, genitali maschili e femminili esposti, oltre ad un Cristo blasfemo e altre opere che richiamano temi religiosi, come un quadro con foglie di marjiuana intitolato “Maria Vergine”. Ora l’iscrizione nel registro degli indagati per il marosticense Marco Chiurato, che nella sua abitazione di via Battisti aveva allestito la mostra.
A inguaiare lo scaligero è la Procura della Repubblica di Bassano. Il sostituto Giovanni Parolin ha aperto un fascicolo a carico di Chiurato in cui si ipotizza il reato di “offese alla religione mediante vilipendio di cose”. Oggetto incriminato è una statua riproducente Cristo con una corona di spine, il seno e un pene eretto coperto da preservativo. Un fatto che aveva scatenato furiose polemiche a Marostica e dintorni, oltre che aver accesso i riflettori sull’attività artistica di Chiurato. Duro era stato l’intervento di mons. abate Renato Tomasi che aveva stigmatizzato l’esposizione parlando letteralmente di “entrata a gamba tesa” nei confronti della fede. A Marostica era stata anche organizzata una via Crucis “riparatoria” alla quale avevano partecipato molti marosticensi, offesi dalla mostra di via Battisti che aveva goduto pure del patrocinio dell’amministrazione cittadina. «Abbiamo concesso il nostro patrocinio - aveva detto il sindaco Alcide Bertazzo - come segno d’incoraggiamento ad un giovane artista locale e perché allegata alla domanda c’era anche la presentazione firmata da un sacerdote diocesano». «Non si può invocare la libertà di espressione “artistica” - si leggeva in una nota pastorale del Vicariato di Marostica diffusa a fine ottobre - per giustificare qualsiasi oltraggio».
«Non volevo offendere nessuno - si era difeso dal canto suo Chiurato -. Intendevo solo rappresentare un’allegoria di Dio che non vuole procreare». Ora però dovrà spiegarlo al magistrato.