domenica 25 novembre 2007

IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA

IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA
Gli oscuri legami tra i militari e la «chiesa nera» di Bergoglio
HORACIO VERBITSKY*
Il Manifesto, 24 marzo 2006
La prima edizione di questo libro, alla quale ho lavorato per oltre quindici anni, è andata in stampa a Buenos Aires nel febbraio del 2005, quando a Roma era ricoverato in ospedale papa Giovanni Paolo II, che poi morì il 2 aprile. Secondo i quotidiani italiani, il cardinale argentino Jorge Bergoglio fu l'unico serio avversario del tedesco Joseph Ratzinger, che venne eletto il 19 aprile e assunse il nome di Benedetto XVI. In quegli stessi giorni, il vescovo castrense di Buenos Aires disse che il ministro argentino della salute meritava di essere gettato in mare con una pietra da mulino al collo per aver distribuito preservativi ed essersi espresso a favore della depenalizzazione dell'aborto.(...) Quando il vescovo Baseotto appese la biblica pietra da mulino al collo ministeriale, il presidente Néstor Kirchner invitò il Vaticano a designare un nuovo titolare della diocesi militare. Quando il Nunzio apostolico comunicò che non ve n'era motivo, il governo revocò l'assenso prestato alla nomina di Baseotto e lo privò del suo emolumento da segretario di Stato per aver rivendicato i metodi della dittatura. Il Vaticano disconosce sia «l'interpretazione che si è voluto dare alla citazione evangelica» sia l'autorità presidenziale di revocare la designazione del vescovo castrense.Di motivi per dubitare che Baseotto abbia scelto ingenuamente una citazione biblica riguardante persone gettate in mare, ve ne sono in abbondanza. Il suo primo atto da Vicario fu la visita alla Corte suprema di Giustizia nella quale sostenne la necessità di chiudere i processi relativi alla guerra sporca dei militari contro la società argentina. Il suo segretario generale nell'Episcopato castrense (lo stesso incarico che nel 1976 rivestiva Emilio Grasselli) è il sacerdote Alberto Angel Zanchetta, che fu cappellano della Esma negli anni della dittatura e del quale è comprovata la conoscenza dettagliata di quanto vi accadeva. (...) Dopo aver acceso la polemica pubblica con le sue parole, Baseotto si riferì ai voli come a uno dei «fatti avvenuti, a quanto si dice, durante la famosa dittatura militare». Nessun membro dell'Episcopato ebbe da eccepire su quella frase provocatoria, perché tutta la Chiesa argentina continua a trincerarsi nell'isola del suo silenzio.Bergoglio rispose al libro attraverso il suo portavoce ufficiale, padre Guillermo Marco. Disse che aveva salvato la vita dei sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics e che qualsiasi affermazione in senso contrario costituiva un'infamia. (...) Per screditare la mia inchiesta disse che Yorio non poteva confutare quanto sostenuto nel libro perché era morto, che la mia fonte relativa a Jalics era anonima e che esisteva una foto di un incontro amichevole del sacerdote ungherese con Bergoglio durante una visita di Jalics a Buenos Aires. (...) Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile della doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics. Yorio era ancora vivo quando pubblicai la prima intervista in cui accusa Bergoglio, nel 1999. Lungi dallo smentirmi, mi inviò poche righe intitolate «Grazie» e ci mantenemmo in contatto fino alla sua morte. (...) Figlio di un proprietario terriero e ufficiale dell'esercito ungherese, Jalics sostiene in Ejercicios de Contemplacion che il padre morì avvelenato nella sede della polizia politica comunista, ma che la madre gli insegnò a non odiare, sicché «imparai cosa significa la riconciliazione». Nel raccontare il suo sequestro dice: «Molta gente che aveva convinzioni politiche di estrema destra no vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che no vivevamo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi conoscevamo la provenienza e il responsabile di quelle calunnie. Sicché andai a parlare con la persona in questione e gli spiegai che stava giocando con le nostre vite. L'uomo mi promise che avrebbe fatto sapere ai militari che non eravamo terroristi. Da dichiarazioni rese successivamente da un ufficiale e da trenta documenti ai quali riuscii ad accedere in seguito, potremmo appurare senza ombra di dubbio che quell'uomo non aveva mantenuto la sua promessa e che, al contrario, aveva presentato una falsa denuncia ai militari». Durante i cinque mesi del sequestro, la sua ira era diretta più che ai suoi carcerieri «all'uomo che aveva fatto la falsa denuncia contro di noi».Quell'uomo è Bergoglio. La sua identità è svelata in una lettera che Yorio scrisse da Roma il 24 novembre 1977 all'assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura. I fratelli e i nipoti di Yorio me ne diedero copia in segno di gratitudine per la pubblicazione del libro.«Dato il proseguire delle voci su una mia partecipazione alla guerriglia, padre Jalics ha nuovamente affrontato la questione con padre Bergoglio. Padre Bergoglio ha riconosciuto la gravità del fatto e si è impegnato a mettere un freno alle voci nella Compagnia e ad affrettarsi a parlare con persone delle Forze Armate per testimoniare la nostra innocenza», dice. Ma siccome «il Provinciale non faceva nulla per difenderci, abbiamo cominciato a dubitare della sua onestà».(...) Nel nostro scambio epistolare, Yorio mi fornì una descrizione della doppiezza del suo ex Provinciale che coincide con quella che emerge dai documenti che anni più tardi scoprii nell'archivio del ministero degli Esteri argentino. Nel clima di paura e delazione instaurato all'interno della Chiesa e della società, i sacerdoti che lavoravano con i poveri «erano demonizzati, guardati con sospetto all'interno delle nostre stesse istituzioni e accusati di sovvertire l'ordine sociale». In quel contesto, «potevano concederci in segreto l'autorizzazione a celebrar messa in privato, ma non ci liberavano dalla proibizione e dall'infamia pubblica di non poter esercitare il sacerdozio, dando così alle forze della repressione il pretesto per farci sparire». (...)Riacquistata la libertà, Jalics viaggiò negli Stati uniti e poi in Germania. Nonostante la distanza, «menzogne, calunnie e azioni ingiuste non cessavano». (...) Molte persone legate alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù mi fecero avere dati aggiuntivi e confermativi. Uno di loro è il sacerdote irlandese Patrick Rice, che nel 1976 era il superiore della comunità dei piccoli frati del Vangelo in Argentina. Sequestrato sul finire di quell'anno a Buenos Aires, lo incappucciarono e lo interrogarono senza tregua, gli bruciarono il viso e le mani con sigarette e gli fecero ingerire acqua e pressione fino al limite della sua resistenza. Altri sacerdoti della sua confraternita sono ancora desaparecidos ma Rice riuscì a scappare con l'aiuto del governo irlandese e viaggiò in tutto il mondo per denunciare la situazione argentina. Nel 1979 venne a sapere che Massera, ormai dimessosi dalla Marina e impegnato nella sua attività politica, avrebbe partecipato a un seminario organizzato presso l'Università di Georgetown, a Washington, da due accademici che in seguito svolsero ruoli di primo piano nel futuro governo statunitense di Ronald Reagan: Jean Kirckpatrick e Eliot Abrahmas. Mentre Massera teneva la sua lectio magistralis, Rice e un sacerdote nordamericano lo interruppero con domande sulla repressione di vescovi, suore, sacerdoti e laici cristiani. Massera non poté continuare e lasciò l'aula furibondo. Anche l'Università di Georgetown appartiene ai gesuiti. Patrick Rice sostiene che «tenuto conto della struttura della Chiesa, è impensabile che quell'invito potesse essere partito senza l'iniziativa o almeno l'assenso del Provincialato argentino della Compagnia di Gesù». Come il giorno dell'omaggio a Massera nell'Università del Salvatore, anche in quel caso, il Provinciale gesuita era l'allora sacerdote Jorge Mario Bergoglio.
*Questo testo è «l'epilogo» del libro di Horacio Verbitsky, L'isola del silenzio, pubblicato in Italia dalla Fandango libri, in libreria dal prossimo 30 marzo.