giovedì 24 aprile 2008

«Assumere più non-obiettori per rispettare la 194»

l’Unità 24.4.08
«Assumere più non-obiettori per rispettare la 194»
Ignazio Marino: il boom di chi dice «no» agli interventi abortivi?
Gli ospedali devono garantire medici per le Ivg, la legge va applicata
di Cristiana Pulcinelli

SECONDO i dati forniti dal ministero della Salute, i ginecologi obiettori di coscienza sono moltissimi: nel 2007 hanno raggiunto quasi il 70%. Questo vuol dire che la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza è sempre più difficile da applicare. Come si è
giunti a questo punto? Il senatore Ignazio Marino ha una sua interpretazione: «Credo che il dato più rilevante sia l’aumento del numero di obiettori. Questo fenomeno ci indica che anche chi inizialmente non aveva fatto la dichiarazione di obiezione di coscienza, a un certo punto ha deciso di farla»
Perché?
«In alcuni luoghi i medici non obiettori sono davvero pochi. Ci sono grandi ospedali che ne hanno due o tre, i piccoli ospedali possono averne anche solo uno. Un professionista che, per una situazione contingente, si trovi ad essere l’unico non obiettore, dovrà tutti i giorni eseguire solo aborti. Dal punto di vista professionale e umano questa situazione potrebbe spingerlo a dire: faccio anch’io l’obiettore. Io sono dell’opinione che uno stato laico debba avere una legge sull’aborto, ma non posso non immaginare che, così come per la donna l’aborto è sempre una sconfitta, per un medico sia psicologicamente difficile accettare di fare queste procedure tutti i giorni per tutti gli anni della sua vita professionale».
Si può pensare che qualche medico faccia l’obiettore nella struttura pubblica dove lavora e poi pratichi le interruzioni di gravidanza in privato?
«È un discorso delicato. C’è stato un fatto di cronaca che ha messo in evidenza una situazione di questo genere. Ma, in generale, immagino e spero che, se questi fatti esistono, siano marginali».
Che ne pensa dell’ipotesi di istituire un albo dei ginecologi obiettori in modo che sia garantita la trasparenza delle scelte?
«Per la verità, l’informazione è già in parte pubblica. Il medico infatti deve fare la sua dichiarazione all’ordine dei medici. Teoricamente, quindi, un’anagrafe esiste: basta che si risalga ai documenti. Credo però che il problema sia un altro. E cioè organizzare le cose in modo da fornire la garanzia nei confronti dei cittadini che la legge venga rispettata su tutto il territorio nazionale».
Come si può ottenere questo risultato?
«Il problema è che ci troviamo di fronte a una procedura che viene percepita come una sconfitta, ma che, secondo una legge, deve essere garantita. Quindi chi ha compiti istituzionali, come il direttore generale di un ospedale, ha tra i suoi doveri quello di avere il personale per eseguire le interruzioni di gravidanza. E lo deve fare anche programmando le assunzioni».
In sostanza, dovrebbe assumere preferenzialmente chi non è obiettore?
«Mi rendo conto che questa mia affermazione può espormi a delle critiche, ma se è vero che esiste la coscienza individuale esiste anche il problema di far rispettare le leggi di uno stato laico. Ricordo sin troppo bene quando mi trovavo a Roma negli anni Settanta. Ero appena laureato e l’aborto non era legale. In quel periodo ho visto arrivare in ospedale diverse ragazze con l’utero perforato dagli aghi delle mammane. Alcune di esse le ho anche viste morire per emorragia. Chi aveva soldi invece andava a Villa Gina dove l’aborto si praticava a pagamento, ma clandestinamente. Non credo che uno stato possa tornare indietro a quei tempi».