Da Lupi a Binetti, fra Opus Dei e Cl Dov'è finita la laicità in Parlamento?
Liberazione del 23 aprile 2008, pag. 3
di Davide Varì
Il vincitore delle elezioni? Berlusconi, Fini e la Lega, certo. Per certi aspetti anche l'Udc che ha tenuto botta alla valanga del voto utile. Eppure, andando a scovare tra le pieghe delle biografie degli eletti, si scopre che il vincitore vero, quello che potrà contare su una maggioranza trasversale che va da Giuseppe Ciarrapico e arriva a Paola Binetti - passando per i vari Pierferdinando Casini, Maurizio Lupi e Carlo Giovanardi - è il Vaticano.
Una vittoria costruita per tempo, soprattutto nel corso degli ultimi due anni di legislatura. Una vittoria, dunque, ottenuta non il 14 aprile scorso ma nel momento in cui sono state varate le liste della quasi totalità dei partiti che si sono presentati. E della totalità assoluta di quelli che hanno raggiunto il quorum di Camera e Senato. Senza contare che quelle stesse liste, che come è noto sono state decise dai partiti, hanno di fatto escluso la presenza di eletti omosessuali. Unica omosessuale dichiarata è infatti Paola Concia. Per il resto, il vuoto.
Insomma, grazie a un lavoro certosino, Ratzinger "controlla" una fedelissima pattuglia trasversale che abbraccia l'intero arco costituzionale: Pdl, Lega, Pd e Udc, tutti hanno riservato più di un posto d'onore agli amici d'Oltretevere.
Una prova? Un mese prima delle elezioni, la Cei aveva deciso di non schierarsi per nessuno dei due schieramenti: «Agli elettori cattolici - ebbe a dire il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori - ai candidati cattolici e ai futuri eletti, chiedo di richiamarsi ai valori fondamentali della Chiesa» e tra questi «la difesa della vita» e la tutela della famiglia tradizionale. Se il voto spesso si orienta sulle «urgenze del quotidiano», per i credenti - sottolineò Betori - «le urgenze vanno sempre proiettate su un orizzonte di grandi valori».
Insomma, il Vaticano non aveva alcun interesse a schierarsi con l'uno o con l'altro schieramento. Sia il Pd che il Pdl davano ampi margini di garanzia sul rispetto di «quell'orizzonte di valori» tanto caro alla Santa Sede. E la presenza dei Radicali del Pd? Nel caso in cui Veltroni avesse vinto la partita, Bonino & Co. avrebbero davvero rinunciato a battagliare sui temi della laicità? Nessun problema, Veltroni aveva già pronta la formuletta vincente che accontentava tutti: «Laicità eticamente esigente». Una sintesi spericolata che tagliava le gambe a qualsiasi pretesa e velleità laicista dei radicali: «Li abbiamo convinti a non apparentarsi, come volevano loro, ma ad entrare nelle liste, impegnandosi a sottoscrivere il programma e a superare una pura cultura identitaria. Da soli, sì, che avrebbero finito per assumere posizioni veramente laiciste. Invece hanno accettato la cultura del dialogo e della mediazione». La mediazione con Paola Binetti, s'intende. Più che una mediazione, una resa.
Alla fine il Pd ha perso la partita ma molti dei suoi eletti in Parlamento andranno a rinforzare la pattuglia Vaticana. Su tutti, naturalmente, Paola Binetti, la fan dell'Opus Dei, la teo-dem per eccellenza che ha già avuto modo di chiarire le proprie posizioni in materia di aborto, famiglia e, soprattutto, omosessualità: «L'omosessualità era classificata come patologia, poi la lobby degli omosessuali è riuscita a farla cancellare. Ma le evidenze cliniche dimostrano il contrario».
Insieme a lei, Emanuela Baio Dossi - «la piattaforma politica del Gay Pride mostra aspetti a cui è impossibile riconoscere legittimità» -; Enzo Carra - «Cosa penso della legge 194? Si tolgono i diritti ai non nati» -; Poi Marco Calgaro e la new-entry Andrea Sarubbi, giornalista di Radio Vaticana e docente di informazione religiosa alla Luiss. Per non parlare dei leader: Dario Franceschini, Antonello Soro, Giuseppe Fioroni e così via.
Fin qui il Pd. Dall'altra parte dello schieramento, Ratzinger potrà contare su una maggioranza compatta di deputati e senatori fedeli ai valori della Santa Sede. Su tutti Maurizio Lupi, il ministro della salute in pectore, può vantare un curriculum di tutto rispetto: dalla militanza in Comunione e Liberazione, all'amicizia con Don Luigi Giussani fino al sostegno esterno alla lista "No aborto" di Giuliano Ferrara: «Aderisco convinto alla sua iniziativa. Non si tratta né di un rigurgito di bigottismo, né del furore cattolico di chi, nel lontano 1978, lottò contro l'introduzione dell'aborto nel nostro ordinamento. Il mio nemico, insomma, non è la legge 194. Aderisco perchè sono sempre stato convinto che compito principale della politica è aiutare gli uomini a vivere meglio. Non a morire».
Insomma, difficile immaginare che il nuovo Parlamento della Repubblica avrà in agenda, almeno in agenda, le questioni dei diritti civili. Con l'assenza della Sinistra e dei socialisti, le speranze dei laici saranno riposte nelle mani di una decina di parlamentari in tutto. Tra questi Paola Concia e Maria Antonietta Farina Coscioni. Raggiunta da Liberazione , quest'ultima è ansiosa di chiarire che è vero, lei ha sottoscritto il programma del Pd, ma questo non vuol dire abbandonare le battaglie storiche del partito radicale: «L'accordo sul programma di Veltroni - dice - non ci vincola certo a rinunciare alle nostre prerogative di parlamentari e alle istanze che arrivano da decine di migliaia di cittadini sui temi della vita e della morte. Noi - aggiunge poi - saremo leali ma conserveremo la nostra autonomia. Non demorderemo e continueremo a lavorare su quei temi anche dentro le istituzioni». E come? «Cercando alleanze tra i laici presenti in Parlamento».
Poi Paola Concia, come si diceva l'unica omosessuale dichiarata del Parlamento italiano. «Mi sento una grande responsabilità - confessa a Liberazione - spero di poter continuare la mia battaglia per i diritti civili insieme al movimento. Spero inoltre di poter contare sui laici che sono in parlamento. Cercherò alleanze con loro». «Del resto - continua Concia - l'assenza di rifondazione, oltre a essere un fatto negativo per la democrazia, si sentirà. Spero che la sinistra del Pd si faccia carico di quelle istanze e di quelle battaglie».
Liberazione del 23 aprile 2008, pag. 3
di Davide Varì
Il vincitore delle elezioni? Berlusconi, Fini e la Lega, certo. Per certi aspetti anche l'Udc che ha tenuto botta alla valanga del voto utile. Eppure, andando a scovare tra le pieghe delle biografie degli eletti, si scopre che il vincitore vero, quello che potrà contare su una maggioranza trasversale che va da Giuseppe Ciarrapico e arriva a Paola Binetti - passando per i vari Pierferdinando Casini, Maurizio Lupi e Carlo Giovanardi - è il Vaticano.
Una vittoria costruita per tempo, soprattutto nel corso degli ultimi due anni di legislatura. Una vittoria, dunque, ottenuta non il 14 aprile scorso ma nel momento in cui sono state varate le liste della quasi totalità dei partiti che si sono presentati. E della totalità assoluta di quelli che hanno raggiunto il quorum di Camera e Senato. Senza contare che quelle stesse liste, che come è noto sono state decise dai partiti, hanno di fatto escluso la presenza di eletti omosessuali. Unica omosessuale dichiarata è infatti Paola Concia. Per il resto, il vuoto.
Insomma, grazie a un lavoro certosino, Ratzinger "controlla" una fedelissima pattuglia trasversale che abbraccia l'intero arco costituzionale: Pdl, Lega, Pd e Udc, tutti hanno riservato più di un posto d'onore agli amici d'Oltretevere.
Una prova? Un mese prima delle elezioni, la Cei aveva deciso di non schierarsi per nessuno dei due schieramenti: «Agli elettori cattolici - ebbe a dire il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori - ai candidati cattolici e ai futuri eletti, chiedo di richiamarsi ai valori fondamentali della Chiesa» e tra questi «la difesa della vita» e la tutela della famiglia tradizionale. Se il voto spesso si orienta sulle «urgenze del quotidiano», per i credenti - sottolineò Betori - «le urgenze vanno sempre proiettate su un orizzonte di grandi valori».
Insomma, il Vaticano non aveva alcun interesse a schierarsi con l'uno o con l'altro schieramento. Sia il Pd che il Pdl davano ampi margini di garanzia sul rispetto di «quell'orizzonte di valori» tanto caro alla Santa Sede. E la presenza dei Radicali del Pd? Nel caso in cui Veltroni avesse vinto la partita, Bonino & Co. avrebbero davvero rinunciato a battagliare sui temi della laicità? Nessun problema, Veltroni aveva già pronta la formuletta vincente che accontentava tutti: «Laicità eticamente esigente». Una sintesi spericolata che tagliava le gambe a qualsiasi pretesa e velleità laicista dei radicali: «Li abbiamo convinti a non apparentarsi, come volevano loro, ma ad entrare nelle liste, impegnandosi a sottoscrivere il programma e a superare una pura cultura identitaria. Da soli, sì, che avrebbero finito per assumere posizioni veramente laiciste. Invece hanno accettato la cultura del dialogo e della mediazione». La mediazione con Paola Binetti, s'intende. Più che una mediazione, una resa.
Alla fine il Pd ha perso la partita ma molti dei suoi eletti in Parlamento andranno a rinforzare la pattuglia Vaticana. Su tutti, naturalmente, Paola Binetti, la fan dell'Opus Dei, la teo-dem per eccellenza che ha già avuto modo di chiarire le proprie posizioni in materia di aborto, famiglia e, soprattutto, omosessualità: «L'omosessualità era classificata come patologia, poi la lobby degli omosessuali è riuscita a farla cancellare. Ma le evidenze cliniche dimostrano il contrario».
Insieme a lei, Emanuela Baio Dossi - «la piattaforma politica del Gay Pride mostra aspetti a cui è impossibile riconoscere legittimità» -; Enzo Carra - «Cosa penso della legge 194? Si tolgono i diritti ai non nati» -; Poi Marco Calgaro e la new-entry Andrea Sarubbi, giornalista di Radio Vaticana e docente di informazione religiosa alla Luiss. Per non parlare dei leader: Dario Franceschini, Antonello Soro, Giuseppe Fioroni e così via.
Fin qui il Pd. Dall'altra parte dello schieramento, Ratzinger potrà contare su una maggioranza compatta di deputati e senatori fedeli ai valori della Santa Sede. Su tutti Maurizio Lupi, il ministro della salute in pectore, può vantare un curriculum di tutto rispetto: dalla militanza in Comunione e Liberazione, all'amicizia con Don Luigi Giussani fino al sostegno esterno alla lista "No aborto" di Giuliano Ferrara: «Aderisco convinto alla sua iniziativa. Non si tratta né di un rigurgito di bigottismo, né del furore cattolico di chi, nel lontano 1978, lottò contro l'introduzione dell'aborto nel nostro ordinamento. Il mio nemico, insomma, non è la legge 194. Aderisco perchè sono sempre stato convinto che compito principale della politica è aiutare gli uomini a vivere meglio. Non a morire».
Insomma, difficile immaginare che il nuovo Parlamento della Repubblica avrà in agenda, almeno in agenda, le questioni dei diritti civili. Con l'assenza della Sinistra e dei socialisti, le speranze dei laici saranno riposte nelle mani di una decina di parlamentari in tutto. Tra questi Paola Concia e Maria Antonietta Farina Coscioni. Raggiunta da Liberazione , quest'ultima è ansiosa di chiarire che è vero, lei ha sottoscritto il programma del Pd, ma questo non vuol dire abbandonare le battaglie storiche del partito radicale: «L'accordo sul programma di Veltroni - dice - non ci vincola certo a rinunciare alle nostre prerogative di parlamentari e alle istanze che arrivano da decine di migliaia di cittadini sui temi della vita e della morte. Noi - aggiunge poi - saremo leali ma conserveremo la nostra autonomia. Non demorderemo e continueremo a lavorare su quei temi anche dentro le istituzioni». E come? «Cercando alleanze tra i laici presenti in Parlamento».
Poi Paola Concia, come si diceva l'unica omosessuale dichiarata del Parlamento italiano. «Mi sento una grande responsabilità - confessa a Liberazione - spero di poter continuare la mia battaglia per i diritti civili insieme al movimento. Spero inoltre di poter contare sui laici che sono in parlamento. Cercherò alleanze con loro». «Del resto - continua Concia - l'assenza di rifondazione, oltre a essere un fatto negativo per la democrazia, si sentirà. Spero che la sinistra del Pd si faccia carico di quelle istanze e di quelle battaglie».