l'Unità 9.2.09
Satira e fede. Il nuovo film del regista di «Borat» nelle sale a partire dal 13 febbraio
Censura. Le locandine già coperte da un’associazione cattolica con la scritta «ateo no»
Arriva «Religiolus», il film castiga-bigotti tra crociate annunciate, risate e polemiche
di Gabriella Gallozzi
Arriva nelle sale venerdì prossimo ma - dato il clima - si attendono già polemiche: è «Religiolus», che mette alla berlina tutti gli integralismi, predicatori folli, ebrei, islamici. Si ride, ma qualcuno si arrabbia...
E pensare che a Torino è stato il «caso» del festival morettiano: ha fatto sganasciare il pubblico, soprattutto quello dei giovani, disposti anche a fare la fila per vederlo. Ma senza lasciar traccia di polemiche. Forse gli ultracattolici non leggono i giornali, o magari non seguono le cronache cinematografiche. Oppure sono troppo occupati ad interferire nel dramma privato della famiglia Englaro. Fatto sta che soltanto ora, all’apparire dei manifesti per le strade (l’uscita è il 13 febbraio per la Eagle Pictures) la fantomatica associazione di stampo cattolico, «Vera libertà», ha sferrato la sua crociata ricoprendo i manifesti del film con le scritte «ateo no».
ORGOGLIO LAICO
L’attacco è contro Religiolus, la doc-comedy di Larry Charles, il regista del fenomeno Borat che stavolta se la ride di gusto proprio dei fondamentalismi religiosi, siano essi cattolici, musulmani o ebraici. Nel poster dello «scandalo», infatti, sono rappresentate le tre celebri scimmiette che indossano i simboli delle tre religioni monoteiste. Avendolo già visto al festival di Torino possiamo assicurare che Religiolus non ha davvero nulla di dissacrante nei confronti dei credo religiosi. Anzi, è al contrario un lucido atto di accusa, orgogliosamente laico, nei confronti delle infinite strumentalizzazioni della fede, economiche o «politiche» che siano. Quello, insomma, che proprio in questi giorni è sotto gli occhi di tutti in Italia a proposito del caso Eluana. E che il governo Berlusconi cavalca con sprezzo della democrazia arrivando persino a definire «bolscevica» la nostra Costituzione. Scatenando, così, folle di fanatici capaci di fare muro contro l’ambulanza che dalla clinica di Lecco doveva trasportare Eluana a Udine.
Proprio come ci racconta, nel film, il comico Usa Bill Maher, impietoso castigatore di bigotti e facinorosi della fede, mentre ci conduce in un lungo viaggio - da Gerusalemme fino al cuore del Vaticano in piazza San Pietro - attraverso le credenze, le ipocrisie e i business religiosi. Molto redditizzi soprattutto negli Usa. Dove, lo stesso Bush non ha certo esitato a chiamare in causa il dio dei cattolici come «paladino della libertà» e quindi promotore numero uno dell’occupazione dell’Iraq.
Con piglio alla Michael Moore (producono gli stessi di Fahrenheit 9/11), Maher ci svela l’enorme giro d’affari che ruota intorno agli infiniti predicatori americani. Quelli tutti agghindati d’ori che predicano la povertà svuotando i portafogli dei «poveri di spirito». Esilaranti le interviste a quanti si sentono davvero l’incarnazione dei nuovi messia. Via così nei parchi a tema - molto in voga negli Usa - dove i turisti pagano per veder flagellare un povero cristo che arranca sotto al peso della croce. Proprio come nel fortunatissimo La passione di Mel Gibson. Oppure eccoci nei musei «creazionisti» dove l’obiettivo è quello di negare la teoria evoluzionista di Darwin per «dimostrare scientificamente» la nascita dell’uomo da Adamo ed Eva. Come un novello Candide, Maher davanti a prelati e predicatori propone sempre la stessa domanda: «Ma davvero l’uomo è nato da una costola di Adamo?». Le risposte sono un catalogo di comicità. Si ride molto in Religiolus e non si risparmia nessuno: né ebrei, né cattolici, né musulmani. Per questi ultimi, poi, Maher ha gioco facile nel mettere alla berlina i fanatismi anche più violenti. Mentre per fustigare gli ebrei - le sue radici - bastano le coversazioni con l’anziana madre, rigorosa osservante della fede di Abramo. Il montaggio alla blob rimanda un divertito spirito surreale, politicamente scorretto. Il film, in attesa in questi giorni del visto di censura, è possibile che rischi qualche divieto. Memori però del «caso» Codice da Vinci, c’è da dire che in certi casi avere contro il Vaticano significa contare su pubblicità gratuita a livello planetario.
Satira e fede. Il nuovo film del regista di «Borat» nelle sale a partire dal 13 febbraio
Censura. Le locandine già coperte da un’associazione cattolica con la scritta «ateo no»
Arriva «Religiolus», il film castiga-bigotti tra crociate annunciate, risate e polemiche
di Gabriella Gallozzi
Arriva nelle sale venerdì prossimo ma - dato il clima - si attendono già polemiche: è «Religiolus», che mette alla berlina tutti gli integralismi, predicatori folli, ebrei, islamici. Si ride, ma qualcuno si arrabbia...
E pensare che a Torino è stato il «caso» del festival morettiano: ha fatto sganasciare il pubblico, soprattutto quello dei giovani, disposti anche a fare la fila per vederlo. Ma senza lasciar traccia di polemiche. Forse gli ultracattolici non leggono i giornali, o magari non seguono le cronache cinematografiche. Oppure sono troppo occupati ad interferire nel dramma privato della famiglia Englaro. Fatto sta che soltanto ora, all’apparire dei manifesti per le strade (l’uscita è il 13 febbraio per la Eagle Pictures) la fantomatica associazione di stampo cattolico, «Vera libertà», ha sferrato la sua crociata ricoprendo i manifesti del film con le scritte «ateo no».
ORGOGLIO LAICO
L’attacco è contro Religiolus, la doc-comedy di Larry Charles, il regista del fenomeno Borat che stavolta se la ride di gusto proprio dei fondamentalismi religiosi, siano essi cattolici, musulmani o ebraici. Nel poster dello «scandalo», infatti, sono rappresentate le tre celebri scimmiette che indossano i simboli delle tre religioni monoteiste. Avendolo già visto al festival di Torino possiamo assicurare che Religiolus non ha davvero nulla di dissacrante nei confronti dei credo religiosi. Anzi, è al contrario un lucido atto di accusa, orgogliosamente laico, nei confronti delle infinite strumentalizzazioni della fede, economiche o «politiche» che siano. Quello, insomma, che proprio in questi giorni è sotto gli occhi di tutti in Italia a proposito del caso Eluana. E che il governo Berlusconi cavalca con sprezzo della democrazia arrivando persino a definire «bolscevica» la nostra Costituzione. Scatenando, così, folle di fanatici capaci di fare muro contro l’ambulanza che dalla clinica di Lecco doveva trasportare Eluana a Udine.
Proprio come ci racconta, nel film, il comico Usa Bill Maher, impietoso castigatore di bigotti e facinorosi della fede, mentre ci conduce in un lungo viaggio - da Gerusalemme fino al cuore del Vaticano in piazza San Pietro - attraverso le credenze, le ipocrisie e i business religiosi. Molto redditizzi soprattutto negli Usa. Dove, lo stesso Bush non ha certo esitato a chiamare in causa il dio dei cattolici come «paladino della libertà» e quindi promotore numero uno dell’occupazione dell’Iraq.
Con piglio alla Michael Moore (producono gli stessi di Fahrenheit 9/11), Maher ci svela l’enorme giro d’affari che ruota intorno agli infiniti predicatori americani. Quelli tutti agghindati d’ori che predicano la povertà svuotando i portafogli dei «poveri di spirito». Esilaranti le interviste a quanti si sentono davvero l’incarnazione dei nuovi messia. Via così nei parchi a tema - molto in voga negli Usa - dove i turisti pagano per veder flagellare un povero cristo che arranca sotto al peso della croce. Proprio come nel fortunatissimo La passione di Mel Gibson. Oppure eccoci nei musei «creazionisti» dove l’obiettivo è quello di negare la teoria evoluzionista di Darwin per «dimostrare scientificamente» la nascita dell’uomo da Adamo ed Eva. Come un novello Candide, Maher davanti a prelati e predicatori propone sempre la stessa domanda: «Ma davvero l’uomo è nato da una costola di Adamo?». Le risposte sono un catalogo di comicità. Si ride molto in Religiolus e non si risparmia nessuno: né ebrei, né cattolici, né musulmani. Per questi ultimi, poi, Maher ha gioco facile nel mettere alla berlina i fanatismi anche più violenti. Mentre per fustigare gli ebrei - le sue radici - bastano le coversazioni con l’anziana madre, rigorosa osservante della fede di Abramo. Il montaggio alla blob rimanda un divertito spirito surreale, politicamente scorretto. Il film, in attesa in questi giorni del visto di censura, è possibile che rischi qualche divieto. Memori però del «caso» Codice da Vinci, c’è da dire che in certi casi avere contro il Vaticano significa contare su pubblicità gratuita a livello planetario.