giovedì 26 febbraio 2009

Corrado Augias: «Ci sono troppi macigni sulla strada della laicità»

Liberazione 26.2.09
Corrado Augias: «Ci sono troppi macigni sulla strada della laicità»
di Valerio Venturi

Corrado Augias il moralizzatore. Giallista, volto-tv, viaggiatore e "racconteur" di città, il giornalista ha deciso in tempi recenti di occuparsi di Cristo e di cristiani: ora è arrivato a Giordano Bruno, ed anche così si è attirato gli strali dei clericali più conservatori. L'hanno attaccato da ogni lato. La sua colpa? Aver parlato in termini terreni di questioni divine.
L'ultimo suo lavoro è uno spettacolo teatrale, Le fiamme e la ragione . Nel testo, viene proposta una delle pagine più tragiche del pensiero scientifico e culturale del nostro paese: l'assassinio, mediante condanna al rogo, di Giordano Bruno, uno dei massimi geni della storia della cultura occidentale. Bruno era un frate domenicano, scrittore e filosofo; venne portato al rogo dalla Santa Inquisizione per le sue teorie poco fedeli alla linea. Parlarne significa occuparsi dei rapporti tra Chiesa e Stato, tra Chiesa e politica; soprattutto tra Chiesa e cultura. La vicenda del filosofo eretico «diventa un momento di riflessione imprescindibile per atei, agnostici e cattolici», secondo quanto scritto nella presentazione dello show.
Non è la prima volta a teatro per Augias. All'inizio degli anni '60 ha partecipato al movimento dell'avanguardia teatrale romana con il "Teatro del 101" diretto da Antonio Calenda, per il quale ha scritto Direzione Memorie e Riflessi di conoscenza - protagonista Luigi Proietti. E a teatro è tornato anche in anni più recenti con L'Onesto Jago , messo in scena dal teatro stabile di Genova.
Ora gira con il monologo su Giordano Bruno, che arriva dopo la pubblicazione dei due fortunati libri: Inchiesta su Gesù e Inchiesta sul Cristianesimo , entrambi editi da Mondadori.
Augias, per quale motivo ha deciso di occuparsi di Giordano Bruno nel suo ultimo show?
L'abbiamo scelto perchè è una grande figura trascurata, perchè pensavamo che valesse la pena di raccontare la sua tragedia. Questo accadde due anni fa, quando iniziammo a lavorare al testo e alla messa in scena. Poi l'attualità di questo nostro povero Paese ci è venuta addosso, e la vicenda di Bruno si è caricata, da sola, di valori che due brevi interventi del Presidente della Corte Costituzionale - che intercalano il racconto - riescono a illustrare benissimo: in un primo contributo viene fatto un elogio del dubbio; nel secondo si dice che una religione come quella cattolica ha due strade davanti: quella della carità e quella della verità. A seconda di cosa sceglie, sta più o meno vicina al Vangelo. ...Poi, io faccio il mio mestiere di cronista. Il racconto, su Giordano e come la pensava, è incentrato sulle vicende terribili che gli sono capitate da quando viene denunciato a Venezia a quando viene ammazzato a Roma nel 1600 e sulle ragioni complesse - che sono anche politiche e tattiche - per le quali quel disgraziato finì al rogo.
Non è la prima volta che si occupa del rapporto fede/ragione e più in generale del cristianesimo. Per quale motivo?
Io non sono cattolico, mai mi sono interessato a questo "problema", mi è venuto addosso da solo. La presenza della Chiesa nella vita pubblica è diventata così assidua che mi è successo di chiedermi: Come mai?... Allora sono andato alle radici, per capire. Ho scritto un libro con uno storico del cristianesimo - Mauro Pesce - e mi sono fatto raccontare Gesù come uomo, non secondo la teologia. Poi, nel mio ultimo libro, ho chiesto a Remo Cacicchi come è nato il cristianesimo, quanto tempo ci ha messo a diventare religione a sé. Alcuni argomenti sono stati "attirati" da altri affrontati. Così siamo arrivati a Giordano Bruno. Nel 2000, al 400° anniversario del martirio, ci fu un tentativo del segretario di Stato della Santa Sede Sodano, che tentò di dire, a mezzabocca, che gli era dispiaciuto un po' per come era andata...
Così andaste avanti decisi. Ma non la disturba il fatto che i suoi lavori suscitino più polemiche e attacchi che mea culpa?
Le polemiche - per Inchiesta su Gesù - arrivarono e furono forti; ci furono attacchi da parte dei gesuiti, dei vescovi, ma credo derivassero dal fatto che certi ambienti - non tutta la Chiesa - si ritengono depositari, in regime di monopolio, della verità rivelata e guardano con ostilita chi affronta certi argomenti privandoli della lettura secondo fede. Lo stesso fenomeno è accaduto con Inchiesta sul Cristianesimo . Testo che ha un primato. In pochi giorni dall'uscita ha ricevuto tre stroncature: su Avvenire , Famiglia Cristiana , Il foglio . Critiche che rispondono sempre allo stesso criterio: fuori le mani dalla nostra materia esclusiva. Ma solo una parte della Chiesa ha reagito così. Da altri il mio lavoro è stato accolto bene: in certi circoli di cristiani, ad Assisi, ho ricevuto persino affetto. Un affetto che ho ricambiato.
Il suo spettacolo e i suoi libri hanno ricevuto per ora grandi riscontri di pubblico. Per quale motivo, secondo lei?
Il successo del libro su Gesù fu inaspettato anche per la casa editrice. Oltre mezzo milione di copie vendute: credo che quel lavoro - come i seguenti - rispondesse alla curiosità diffusa di leggere un personaggio spogliato dal mantello con cui viene solitamente conosciuto e restituito semmai con la drammaticità che lo caratterizza.
Sta parlando di Gesù, ma il discorso vale anche per Bruno. Perchè l'interesse si è esteso in generale al cristianesimo?
Inchiesta sul cristianesimo è un seguito del mio primo lavoro e risponde allo stesso tipo di curiosità. Racconta, in un dialogo, come accadde che una corrente minoritaria del giudaismo si staccò dalla matrice e divenne religione a sè. Questo è l'itinerario che porta fino a Costantino; un percorso sorprendente. Io pongo domande da profano, ingenue; ascoltando le risposte di Cacicchi sono rimasto colpito dalla quantità di informazioni che quella storia può dare.
Che idea si è fatto?
Il guaio del cristianesimo, nato benissimo, si chiama Imperatore Costantino. Lui ha fatto della fede in Gesù, che era tanto bella, una religione di stato. Ha messo insieme due cose che non devono andare insieme: religione e politica. Da allora l'anello non si è sciolto.
Nel suo testo lei scrive: "Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione, una Chiesa, che portassero il suo nome"; (…) "non ha mai istituito alcuna gerarchia ecclesiastica finché fu in vita". "Nulla era più lontano da lui di una congerie di leggi, uno stato sovrano dotato di territorio, moneta, esercito" ... Che ora, però, esiste. Il Vaticano. Attore politico anche nel nostro Paese, ascoltato a destra e a sinistra.
La tentazione confessionale sta diventando più pressante. Il testo sul testamento biologico appena approvato dal governo, ad esempio, è spaventoso; è un altro macigno buttato sulla strada dello stato laico. La sinistra dorme, per le complesse ragioni che conosciamo tutti. E' lì che non reagisce.
Qual è la differenza che esiste tra scienza e teologia?
La scienza tende a un instancabile avvicinamento a verità perfettibili, la teologia tende a considerare immutabile la sua verità, perfino quando le scoperte della scienza la rendono palesemente inverosimile. Si muovono su piani distinti Per ognuna delle due ci sono spazio e legittimità nella coscienza e nei sentimenti degli individui. Assai meno nel campo delle attività razionali e pubbliche.