l’Unità 1.9.08
Spagna, benvenuti nel paesino dove tutti si «sbattezzano»
Julia è stata battezzata due volte negli anni Trenta, la seconda volta dopo la Guerra Civile, in un orfanatrofio, la madrina era la moglie del generale Franco, Carmen Polo. È stato difficile riunire tutti i documenti ma ce l’ha fatta: il suo nome non figura più nelle liste della Chiesa spagnola.
A Rivas, comune amministrato da Izquierda Unida, l’Ufficio per la Difesa dei Diritti e delle Libertà è stato inaugurato a marzo scorso. Prima dell’estate si erano già registrate più di 300 richieste di apostasia, 2.500 consulenze telefoniche sul funzionamento del servizio di eliminazione delle generalità dei cittadini dalle liste della Curia. «Un vero e proprio boom, aiutato dal fatto che il Comune finanzia tutte le spese di invio degli atti», spiega Luis Miguel Sanguino, avvocato dell’ufficio. In Spagna, nel 2006 erano state emesse solo 47 richieste di apostasia, nel 2007 il numero si è moltiplicato per sei: 287. Nei primi sette mesi del 2008 sono già state presentate più di 2.000 domande. Quasi tutte verranno accettate dalla Chiesa perché garantite da due articoli della costituzione, da una promessa di disegno di legge del Governo e dall’azione militante dell’Agenzia per la Protezione dei Dati, che ha stabilito che i database della Chiesa sono uguali a quelli di qualsiasi altra agenzia di comunicazione o impresa. «Le richieste di apostasia vanno inviate direttamente al vescovo della città in cui si è registrato il battesimo», continua Sanguino. «A volte vengono accolte subito, soprattutto nelle città piccole, altre volte richiedono una negoziazione con la Curia o un appello all’Audiencia Nacional».
Maximiliano Peñuelas, 55 anni, residente a Madrid da più di 40, ha avuto la fortuna di ricevere il battesimo a Jaén, in Andalusia. La sua richiesta è stata accettata in tempi abbastanza brevi: cinque mesi. In agosto del 2005 Maximiliano aveva ricevuto l’e-mail di un amico che gli segnalava la possibilità di appellarsi all’articolo 16 della costituzione (Libertà Religiosa) e all’articolo 18 (Protezione dei Dati Personali) per sollecitare il riconoscimento della sua condizione di non credente. Ha subito scritto alla Curia di Jaén per richiedere l’invio del certificato di battesimo, ha mandato la richiesta di cancellazione al vescovo della città il quale gli ha risposto chiedendo anche la fotocopia della sua carta di identità e l’originale del suo certificato di nascita. Detto fatto. Il vescovo gli ha allora scritto una seconda lettera invitandolo a un incontro per verificare la sua convinzione nel ripudio del cattolicesimo. «È cosciente di quel che comporta la sua decisione, pecorella smarrita?», scriveva il vescovo. «Gli ho risposto di mio pugno con una lettera lunghissima», racconta Maximiliano. La sua domanda è stata accolta, costo totale dell’operazione 30 euro tra buste, francobolli, raccomandate.
Secondo l’ultimo barometro pubblicato dal Centro di Indagini Sociologiche (CIS), il 20,1% della popolazione spagnola si professa ateo o non credente. Il laicismo militante è un fenomeno in costante aumento. Sul web si moltiplicano i siti che promuovono l’apostasia. E le associazioni di atei e «libero-pensanti» non smettono di organizzare conferenze e manifestazioni per sensibilizzare i cittadini sul diritto al ripudio di una Chiesa alla quale sono stati iscritti senza esserne consapevoli. La «deriva laica» spagnola della quale tanto si è parlato in Italia ha anche un volto politico: la vicepresidente del Consiglio, Maria Teresa Fernández de la Vega, ex magistrato e attuale braccio destro di Zapatero. Ma è dal partito che governa a Rivas, Izquierda Unida, che arrivano tutte le pressioni per una rapida ed efficacie modifica della legge sulla Libertà Religiosa.
Dice Pepe Morales, portavoce di IU nel Congresso dei Deputati: «Bisogna cambiare il concordato con il Vaticano del 1978, è stato firmato prima della costituzione, ciò che prevede è illegale. So che sarà molto difficile ma abbiamo il diritto di pretendere che la Chiesa Cattolica non intervenga nel processo politico e che non riceva finanziamenti pubblici», dice. Il Psoe nel suo ultimo congresso ha indicato la sua linea in materia: diritto all’apostasia espressamente garantito per legge.
Spagna, benvenuti nel paesino dove tutti si «sbattezzano»
Julia è stata battezzata due volte negli anni Trenta, la seconda volta dopo la Guerra Civile, in un orfanatrofio, la madrina era la moglie del generale Franco, Carmen Polo. È stato difficile riunire tutti i documenti ma ce l’ha fatta: il suo nome non figura più nelle liste della Chiesa spagnola.
A Rivas, comune amministrato da Izquierda Unida, l’Ufficio per la Difesa dei Diritti e delle Libertà è stato inaugurato a marzo scorso. Prima dell’estate si erano già registrate più di 300 richieste di apostasia, 2.500 consulenze telefoniche sul funzionamento del servizio di eliminazione delle generalità dei cittadini dalle liste della Curia. «Un vero e proprio boom, aiutato dal fatto che il Comune finanzia tutte le spese di invio degli atti», spiega Luis Miguel Sanguino, avvocato dell’ufficio. In Spagna, nel 2006 erano state emesse solo 47 richieste di apostasia, nel 2007 il numero si è moltiplicato per sei: 287. Nei primi sette mesi del 2008 sono già state presentate più di 2.000 domande. Quasi tutte verranno accettate dalla Chiesa perché garantite da due articoli della costituzione, da una promessa di disegno di legge del Governo e dall’azione militante dell’Agenzia per la Protezione dei Dati, che ha stabilito che i database della Chiesa sono uguali a quelli di qualsiasi altra agenzia di comunicazione o impresa. «Le richieste di apostasia vanno inviate direttamente al vescovo della città in cui si è registrato il battesimo», continua Sanguino. «A volte vengono accolte subito, soprattutto nelle città piccole, altre volte richiedono una negoziazione con la Curia o un appello all’Audiencia Nacional».
Maximiliano Peñuelas, 55 anni, residente a Madrid da più di 40, ha avuto la fortuna di ricevere il battesimo a Jaén, in Andalusia. La sua richiesta è stata accettata in tempi abbastanza brevi: cinque mesi. In agosto del 2005 Maximiliano aveva ricevuto l’e-mail di un amico che gli segnalava la possibilità di appellarsi all’articolo 16 della costituzione (Libertà Religiosa) e all’articolo 18 (Protezione dei Dati Personali) per sollecitare il riconoscimento della sua condizione di non credente. Ha subito scritto alla Curia di Jaén per richiedere l’invio del certificato di battesimo, ha mandato la richiesta di cancellazione al vescovo della città il quale gli ha risposto chiedendo anche la fotocopia della sua carta di identità e l’originale del suo certificato di nascita. Detto fatto. Il vescovo gli ha allora scritto una seconda lettera invitandolo a un incontro per verificare la sua convinzione nel ripudio del cattolicesimo. «È cosciente di quel che comporta la sua decisione, pecorella smarrita?», scriveva il vescovo. «Gli ho risposto di mio pugno con una lettera lunghissima», racconta Maximiliano. La sua domanda è stata accolta, costo totale dell’operazione 30 euro tra buste, francobolli, raccomandate.
Secondo l’ultimo barometro pubblicato dal Centro di Indagini Sociologiche (CIS), il 20,1% della popolazione spagnola si professa ateo o non credente. Il laicismo militante è un fenomeno in costante aumento. Sul web si moltiplicano i siti che promuovono l’apostasia. E le associazioni di atei e «libero-pensanti» non smettono di organizzare conferenze e manifestazioni per sensibilizzare i cittadini sul diritto al ripudio di una Chiesa alla quale sono stati iscritti senza esserne consapevoli. La «deriva laica» spagnola della quale tanto si è parlato in Italia ha anche un volto politico: la vicepresidente del Consiglio, Maria Teresa Fernández de la Vega, ex magistrato e attuale braccio destro di Zapatero. Ma è dal partito che governa a Rivas, Izquierda Unida, che arrivano tutte le pressioni per una rapida ed efficacie modifica della legge sulla Libertà Religiosa.
Dice Pepe Morales, portavoce di IU nel Congresso dei Deputati: «Bisogna cambiare il concordato con il Vaticano del 1978, è stato firmato prima della costituzione, ciò che prevede è illegale. So che sarà molto difficile ma abbiamo il diritto di pretendere che la Chiesa Cattolica non intervenga nel processo politico e che non riceva finanziamenti pubblici», dice. Il Psoe nel suo ultimo congresso ha indicato la sua linea in materia: diritto all’apostasia espressamente garantito per legge.