La Repubblica 30.3.10
Il quotidiano nel mirino della Chiesa: "Punta a coinvolgere il Santo Padre in persona"
Il vescovo di New York contro il Times Il giornale: "Niente complotti solo notizie"
I vaticanisti del giornale puntano il dito contro l´omertà delle autorità vaticane
di Federico Rampini
new york Perfino l´arcivescovo "progressista" di New York, Timothy Dolan, è indignato contro il New York Times. Perché sbatte lo scandalo dei pedofili ogni giorno in prima pagina? Cosa c´è dietro? Forse, come sostengono senza troppe parafrasi alcuni ambienti cattolici, è all´opera la "lobby ebraica" newyorchese? «Ciò che accresce la nostra tristezza dice Dolan sono le insistenti insinuazioni contro il Santo Padre in persona. C´è una voglia frenetica di coinvolgerlo in persona». La teoria del complotto allude alla proprietà del New York Times: la famiglia Sulzberger figura tra le dinastie ebraiche della città, anche se il giornale non esita ad attaccare Israele.
Nel grattacielo di Renzo Piano sull´Ottava Avenue, dove ha sede la redazione, le bordate del Vaticano sono considerate come un tentativo di distogliere l´attenzione dalle vere responsabilità dello scandalo. Certo, la serie di reportage è uscita con un ritmo martellante: lo scoop sui 200 bambini sordi molestati per anni da un sacerdote americano mai punito dal Vaticano; poi le inchieste sul passato di papa Ratzinger in Germania; infine altre rivelazioni dall´Irlanda e dagli Stati Uniti. «Le nostre inchieste ci dice Diane McNulty, direttrice esecutiva del quotidiano per le relazioni esterne sono basate sulla meticolosa raccolta di notizie e documenti. La Chiesa non smentisce neppure un dettaglio di quello che abbiamo pubblicato. Le accuse di abusi sessuali sono un tema serio e lo stesso Vaticano lo riconosce. Anche il ruolo svolto dal Papa nel reagire a quelle accuse è un aspetto centrale della vicenda».
La deontologia del giornalismo americano, il rispetto delle notizie, l´interesse del lettore, è la linea di difesa della "Signora in Grigio", come viene chiamato l´austero e rigoroso quotidiano. Ma dietro lo scontro tra il New York Times e la Santa Sede c´è anche una profonda incompatibilità di valori. Lo rivela l´editorialista Maureen Dowd, una delle grandi firme del quotidiano: Dowd ricorda che negli anni in cui il cardinal Ratzinger dirigeva la Congregazione della dottrina della fede, era «così ossessionato dai costumi sessuali della nostra società interveniva costantemente contro la pillola e l´aborto che non aveva tempo di reprimere gli abusi sessuali dei preti sui bambini». La Dowd sottolinea come l´ossessione del clero continua tuttora, fino a schierare la conferenza episcopale americana contro la riforma sanitaria di Barack Obama. È evidente la distanza che separa le gerarchie cattoliche dai valori della società americana più "liberal", impregnata della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, di cui il New York Times è un´espressione.
Un´altra grande firma del quotidiano, l´ex vaticanista Frank Bruni (autore di un libro sui preti pedofili), punta l´indice contro l´omertà della Chiesa e la sua estraneità allo Stato di diritto. Bruni ricorda che sia il cardinale irlandese Sean Brady, sia l´arcivescovo americano Rembert Weakland, di fronte alle denunce dei bambini molestati sessualmente, ebbero una preoccupazione dominante: «Evitare lo scandalo, proteggere la Chiesa dalla pubblicità negativa». Trattata come un peccato, la pedofilia può essere oggetto di confessione, pentimento e penitenza, aggirando la giustizia umana. «Lo stesso Ratzinger sottolinea Bruni non esortò i suoi sottoposti a denunciare i colpevoli dei crimini alla polizia». Questo è intollerabile per un giornale ancorato nei valori della Costituzione americana, nella tradizione della liberaldemocrazia. Per l´editorialista Ross Douthat la Chiesa è prigioniera di una «gerarchia conservatrice con una mentalità da bunker», una psicosi di stato d´assedio che le impedisce di «capire la dimensione dello scandalo». Bruni conclude: quando un´istituzione è tutta impegnata a difendersi da una presunta minaccia esterna, rischia di non rispondere alla vera minaccia che è al suo interno.
Il quotidiano nel mirino della Chiesa: "Punta a coinvolgere il Santo Padre in persona"
Il vescovo di New York contro il Times Il giornale: "Niente complotti solo notizie"
I vaticanisti del giornale puntano il dito contro l´omertà delle autorità vaticane
di Federico Rampini
new york Perfino l´arcivescovo "progressista" di New York, Timothy Dolan, è indignato contro il New York Times. Perché sbatte lo scandalo dei pedofili ogni giorno in prima pagina? Cosa c´è dietro? Forse, come sostengono senza troppe parafrasi alcuni ambienti cattolici, è all´opera la "lobby ebraica" newyorchese? «Ciò che accresce la nostra tristezza dice Dolan sono le insistenti insinuazioni contro il Santo Padre in persona. C´è una voglia frenetica di coinvolgerlo in persona». La teoria del complotto allude alla proprietà del New York Times: la famiglia Sulzberger figura tra le dinastie ebraiche della città, anche se il giornale non esita ad attaccare Israele.
Nel grattacielo di Renzo Piano sull´Ottava Avenue, dove ha sede la redazione, le bordate del Vaticano sono considerate come un tentativo di distogliere l´attenzione dalle vere responsabilità dello scandalo. Certo, la serie di reportage è uscita con un ritmo martellante: lo scoop sui 200 bambini sordi molestati per anni da un sacerdote americano mai punito dal Vaticano; poi le inchieste sul passato di papa Ratzinger in Germania; infine altre rivelazioni dall´Irlanda e dagli Stati Uniti. «Le nostre inchieste ci dice Diane McNulty, direttrice esecutiva del quotidiano per le relazioni esterne sono basate sulla meticolosa raccolta di notizie e documenti. La Chiesa non smentisce neppure un dettaglio di quello che abbiamo pubblicato. Le accuse di abusi sessuali sono un tema serio e lo stesso Vaticano lo riconosce. Anche il ruolo svolto dal Papa nel reagire a quelle accuse è un aspetto centrale della vicenda».
La deontologia del giornalismo americano, il rispetto delle notizie, l´interesse del lettore, è la linea di difesa della "Signora in Grigio", come viene chiamato l´austero e rigoroso quotidiano. Ma dietro lo scontro tra il New York Times e la Santa Sede c´è anche una profonda incompatibilità di valori. Lo rivela l´editorialista Maureen Dowd, una delle grandi firme del quotidiano: Dowd ricorda che negli anni in cui il cardinal Ratzinger dirigeva la Congregazione della dottrina della fede, era «così ossessionato dai costumi sessuali della nostra società interveniva costantemente contro la pillola e l´aborto che non aveva tempo di reprimere gli abusi sessuali dei preti sui bambini». La Dowd sottolinea come l´ossessione del clero continua tuttora, fino a schierare la conferenza episcopale americana contro la riforma sanitaria di Barack Obama. È evidente la distanza che separa le gerarchie cattoliche dai valori della società americana più "liberal", impregnata della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, di cui il New York Times è un´espressione.
Un´altra grande firma del quotidiano, l´ex vaticanista Frank Bruni (autore di un libro sui preti pedofili), punta l´indice contro l´omertà della Chiesa e la sua estraneità allo Stato di diritto. Bruni ricorda che sia il cardinale irlandese Sean Brady, sia l´arcivescovo americano Rembert Weakland, di fronte alle denunce dei bambini molestati sessualmente, ebbero una preoccupazione dominante: «Evitare lo scandalo, proteggere la Chiesa dalla pubblicità negativa». Trattata come un peccato, la pedofilia può essere oggetto di confessione, pentimento e penitenza, aggirando la giustizia umana. «Lo stesso Ratzinger sottolinea Bruni non esortò i suoi sottoposti a denunciare i colpevoli dei crimini alla polizia». Questo è intollerabile per un giornale ancorato nei valori della Costituzione americana, nella tradizione della liberaldemocrazia. Per l´editorialista Ross Douthat la Chiesa è prigioniera di una «gerarchia conservatrice con una mentalità da bunker», una psicosi di stato d´assedio che le impedisce di «capire la dimensione dello scandalo». Bruni conclude: quando un´istituzione è tutta impegnata a difendersi da una presunta minaccia esterna, rischia di non rispondere alla vera minaccia che è al suo interno.