La Repubblica 9.3.10
Germania, sugli abusi accuse al Papa
Un ministro: "Fu la sua Congregazione a chiedere il silenzio". Ma la Merkel frena
"Una direttiva del 2001 stabilisce che i casi di violenza non siano divulgati fuori dalla Chiesa"
di Andrea Tarquini
BERLINO - Sale ancora, con un´escalation che segna un salto di qualità decisivo, il tono dello scontro tra il governo tedesco e la Chiesa cattolica sulle accuse di abusi sessuali, violenze e percosse nelle istituzioni religiose. Ieri, per la prima volta un´esponente del governo di centrodestra guidato da Angela Merkel, la ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ha in sostanza chiamato in causa di persona papa Benedetto XVI. Da anni, ha detto, la Chiesa ha istituito un muro di silenzio; e la decisione risale a una direttiva emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2001. Quando cioè a guidarla era il cardinale Joseph Ratzinger, l´attuale pontefice.
Il Vaticano, ha detto intervistata dalla radio pubblica tedesca la signora Leutheusser-Schnarrenberger (dirigente del partito liberale Fdp, partner di governo della Cdu-Csu della Cancelliera Angela Merkel), da anni ha fatto regnare un muro di silenzio e così di fatto ha ostacolato le inchieste sugli episodi avvenuti all´interno delle istituzioni ecclesiastiche. La decisione, ha aggiunto in sostanza la ministro, fu presa con una disposizione ad altissimo livello. Cioè una direttiva emanata appunto nel 2001 dalla Congregazione per la dottrina della fede. Il documento, ha accusato la guardasigilli, chiedeva di non divulgare all´esterno della chiesa le notizie sugli abusi.
Il clima è pesante, la Cancelliera Merkel in persona si è sforzata di smorzare i toni dicendosi «molto soddisfatta» dei segni che la Chiesa «prende estremamente sul serio il problema». Ma la titolare della Giustizia esprime una linea più dura. «Abusi così gravi - ha continuato - in base a quella direttiva sono dunque sottomessi alla confidenzialità del Papa, e non devono essere divulgati all´esterno della Chiesa… Vi vedo un segno che la Chiesa, in caso di abusi sessuali, esamina i casi presunti o reali come un affare interno, e suggerisce ai presunti colpevoli di autodenunciarsi».
L´accusa è gravissima, e pare lanciata contro l´operato in quegli anni dell´attuale pontefice. Monsignor Stephan Ackermann, vescovo di Treviri, incaricato dalla conferenza episcopale di condurre l´inchiesta sugli abusi, ha subito replicato: «Non è vero - ha detto - nella pratica la Chiesa chiede sempre l´intervento della magistratura». Dopo aver lanciato la sua accusa, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha reiterato la sua proposta di una Tavola rotonda. L´incontro si terrà il 23 aprile. Sarà opportuno, ha suggerito la ministro, discutere in quell´occasione di adeguati risarcimenti alle vittime delle violenze. Richiesta finora respinta dalla Chiesa.
Ma ormai il Santo Padre è chiamato in causa. «Egli era vescovo di Monaco e Frisinga dal 1977 al 1982», sottolinea Christian Weisner, del movimento dei cattolici dissidenti "Wir sind Kirche" (Noi siamo la Chiesa), «e sarebbe giusto sapere se era al corrente dei fatti e come reagì». La visita in Vaticano del presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, si prepara in un clima sempre più difficile e acceso.
Germania, sugli abusi accuse al Papa
Un ministro: "Fu la sua Congregazione a chiedere il silenzio". Ma la Merkel frena
"Una direttiva del 2001 stabilisce che i casi di violenza non siano divulgati fuori dalla Chiesa"
di Andrea Tarquini
BERLINO - Sale ancora, con un´escalation che segna un salto di qualità decisivo, il tono dello scontro tra il governo tedesco e la Chiesa cattolica sulle accuse di abusi sessuali, violenze e percosse nelle istituzioni religiose. Ieri, per la prima volta un´esponente del governo di centrodestra guidato da Angela Merkel, la ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ha in sostanza chiamato in causa di persona papa Benedetto XVI. Da anni, ha detto, la Chiesa ha istituito un muro di silenzio; e la decisione risale a una direttiva emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2001. Quando cioè a guidarla era il cardinale Joseph Ratzinger, l´attuale pontefice.
Il Vaticano, ha detto intervistata dalla radio pubblica tedesca la signora Leutheusser-Schnarrenberger (dirigente del partito liberale Fdp, partner di governo della Cdu-Csu della Cancelliera Angela Merkel), da anni ha fatto regnare un muro di silenzio e così di fatto ha ostacolato le inchieste sugli episodi avvenuti all´interno delle istituzioni ecclesiastiche. La decisione, ha aggiunto in sostanza la ministro, fu presa con una disposizione ad altissimo livello. Cioè una direttiva emanata appunto nel 2001 dalla Congregazione per la dottrina della fede. Il documento, ha accusato la guardasigilli, chiedeva di non divulgare all´esterno della chiesa le notizie sugli abusi.
Il clima è pesante, la Cancelliera Merkel in persona si è sforzata di smorzare i toni dicendosi «molto soddisfatta» dei segni che la Chiesa «prende estremamente sul serio il problema». Ma la titolare della Giustizia esprime una linea più dura. «Abusi così gravi - ha continuato - in base a quella direttiva sono dunque sottomessi alla confidenzialità del Papa, e non devono essere divulgati all´esterno della Chiesa… Vi vedo un segno che la Chiesa, in caso di abusi sessuali, esamina i casi presunti o reali come un affare interno, e suggerisce ai presunti colpevoli di autodenunciarsi».
L´accusa è gravissima, e pare lanciata contro l´operato in quegli anni dell´attuale pontefice. Monsignor Stephan Ackermann, vescovo di Treviri, incaricato dalla conferenza episcopale di condurre l´inchiesta sugli abusi, ha subito replicato: «Non è vero - ha detto - nella pratica la Chiesa chiede sempre l´intervento della magistratura». Dopo aver lanciato la sua accusa, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha reiterato la sua proposta di una Tavola rotonda. L´incontro si terrà il 23 aprile. Sarà opportuno, ha suggerito la ministro, discutere in quell´occasione di adeguati risarcimenti alle vittime delle violenze. Richiesta finora respinta dalla Chiesa.
Ma ormai il Santo Padre è chiamato in causa. «Egli era vescovo di Monaco e Frisinga dal 1977 al 1982», sottolinea Christian Weisner, del movimento dei cattolici dissidenti "Wir sind Kirche" (Noi siamo la Chiesa), «e sarebbe giusto sapere se era al corrente dei fatti e come reagì». La visita in Vaticano del presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, si prepara in un clima sempre più difficile e acceso.