l’Unità 20.4.10
Esce finalmente anche in Italia, «Agorà» il film dedicato all’astronoma e filosofa greca, uccisa da fanatici cristiani nel 391 dopo Cristo. Lo porta in sala Mikado che parla di «stizza e silenzio» da parte della Chiesa
Il regista: «Ho trattato un periodo del cristianesimo mai portato al cinema»
La Commissione «Dalla Cei ci è arrivata solo qualche espressione stizzita»
Alejandro Amenábar: Il Vaticano ha nascosto la mia «Ipazia» con una coltre di silenzio
«Dopo duemila anni il fanatismo religioso continua ad uccidere»
di Gabriella Gallozzi
Stizza e silenzio. Questa la reazione della Commissione della Cei, preposta alla valutazione dei film da destinare alle sale del circuito cattolico, di fronte ad Agorà, la pellicola di Alejandro Amenábar sulla vita di Ipazia, filosofa greca uccisa dagli integralisti cattolici nel 391 dopo Cristo.
Evidentemente alla Commissione di prelati non deve proprio essere andato giù vedere quell’orda di fanatici cristiani assalire e distruggere la storica Biblioteca di Alessandria d’Egitto, simbolo universale della cultura, alla stregua dei talebani che distruggono Buddha secolari ed ogni iconona del sapere. Per non parlare poi del vescovo Cirillo, riconosciuto tra i padri fondatori della chiesa, descritto come uno spietato carnefice che usa la religione per controllare il potere politico e mandare a morte Ipazia, simbolo di tolleranza e fede nella conoscenza. Anche se è storia, è troppo scomoda per la Chiesa quella che racconta Agorà.
Tanto che l’uscita del film, così in ritardo rispetto alla sua presentazione allo scorso Cannes, è stata anticipata da infinite polemiche.
POLEMICHE E PRESSIONI
Con tanto di petizione in rete per sollecitarne una distribuzione in Italia. Alla fine è stata Mikado a scegliere di potarlo in sala (esce il 23 in 200 copie), come sottolinea la nuova ad Sonia Raule, sfidando eventuali pressioni vaticane: «non ci siamo posti questo problema», spiega. Ma anzi, al contrario, «abbiamo tentato di aprire un dialogo con l’ambiente cattolico», dice stavolta Andrea Cirla, responsabile marketing della Mikado. Per questo hanno anticipato la proiezione per la Commissione della Cei già alcuni mesi fa. «Da parte loro, però prosegue Cirla ci è arrivata solo qualche espressione stizzita di dissenso. E poi una voluta coltre di silenzio sui loro organi di stampa. Secondo noi un atteggiamento studiato».
Consapevole delle polemiche che avrebbe suscitato il film si dice lo stesso regista: «Quello che abbiamo raccontato spiega l’autore di Mare dentro è un periodo del cristianesimo mai portato al cinema. Ma il film non vuol essere offessivo nei confronti dei cristiani, piuttosto un forte atto di denuncia contro l’intolleranza. Volevo far vedere che la storia di allora non è così diversa dal nostro presente: certo, il cristiano di oggi non uccide, ma altre forme di estremismo sì». Pensate a proposito, prosegue Amenábar, «che Agorà è stato vietato ad Alessandria d’Egitto per timore che potesse scatenare violenze da parte dei musulmani nei confronti della minoranza cristiana. Come vedete la storia si ripete».
DONNE E INTOLLERANZA
Così come la violenza nei confronti delle donne. «I primi obiettivi dell’intolleranza prosegue il regista sono le donne e la scienza. In questo senso la storia di Ipazia ha una forte componente femminista, poiché tiene in sè le due cose: lei è l’unica scienziata, l’unica astronoma tra tanti uomini. Anzi i suoi allievi sono degli uomini e questo è intollerabile per il potere. Forse se fosse stata un uomo non l’avrebbero neanche uccisa». Invece la sua fine è stata atroce: scarnificata viva. Ma Amenábar ha scelto un finale più «soft»: la lapidazione. «Sempre per ricollegarmi all’attualità conclude perché purtroppo questo accade ancora oggi a molte donne, in molte parti del mondo».
Esce finalmente anche in Italia, «Agorà» il film dedicato all’astronoma e filosofa greca, uccisa da fanatici cristiani nel 391 dopo Cristo. Lo porta in sala Mikado che parla di «stizza e silenzio» da parte della Chiesa
Il regista: «Ho trattato un periodo del cristianesimo mai portato al cinema»
La Commissione «Dalla Cei ci è arrivata solo qualche espressione stizzita»
Alejandro Amenábar: Il Vaticano ha nascosto la mia «Ipazia» con una coltre di silenzio
«Dopo duemila anni il fanatismo religioso continua ad uccidere»
di Gabriella Gallozzi
Stizza e silenzio. Questa la reazione della Commissione della Cei, preposta alla valutazione dei film da destinare alle sale del circuito cattolico, di fronte ad Agorà, la pellicola di Alejandro Amenábar sulla vita di Ipazia, filosofa greca uccisa dagli integralisti cattolici nel 391 dopo Cristo.
Evidentemente alla Commissione di prelati non deve proprio essere andato giù vedere quell’orda di fanatici cristiani assalire e distruggere la storica Biblioteca di Alessandria d’Egitto, simbolo universale della cultura, alla stregua dei talebani che distruggono Buddha secolari ed ogni iconona del sapere. Per non parlare poi del vescovo Cirillo, riconosciuto tra i padri fondatori della chiesa, descritto come uno spietato carnefice che usa la religione per controllare il potere politico e mandare a morte Ipazia, simbolo di tolleranza e fede nella conoscenza. Anche se è storia, è troppo scomoda per la Chiesa quella che racconta Agorà.
Tanto che l’uscita del film, così in ritardo rispetto alla sua presentazione allo scorso Cannes, è stata anticipata da infinite polemiche.
POLEMICHE E PRESSIONI
Con tanto di petizione in rete per sollecitarne una distribuzione in Italia. Alla fine è stata Mikado a scegliere di potarlo in sala (esce il 23 in 200 copie), come sottolinea la nuova ad Sonia Raule, sfidando eventuali pressioni vaticane: «non ci siamo posti questo problema», spiega. Ma anzi, al contrario, «abbiamo tentato di aprire un dialogo con l’ambiente cattolico», dice stavolta Andrea Cirla, responsabile marketing della Mikado. Per questo hanno anticipato la proiezione per la Commissione della Cei già alcuni mesi fa. «Da parte loro, però prosegue Cirla ci è arrivata solo qualche espressione stizzita di dissenso. E poi una voluta coltre di silenzio sui loro organi di stampa. Secondo noi un atteggiamento studiato».
Consapevole delle polemiche che avrebbe suscitato il film si dice lo stesso regista: «Quello che abbiamo raccontato spiega l’autore di Mare dentro è un periodo del cristianesimo mai portato al cinema. Ma il film non vuol essere offessivo nei confronti dei cristiani, piuttosto un forte atto di denuncia contro l’intolleranza. Volevo far vedere che la storia di allora non è così diversa dal nostro presente: certo, il cristiano di oggi non uccide, ma altre forme di estremismo sì». Pensate a proposito, prosegue Amenábar, «che Agorà è stato vietato ad Alessandria d’Egitto per timore che potesse scatenare violenze da parte dei musulmani nei confronti della minoranza cristiana. Come vedete la storia si ripete».
DONNE E INTOLLERANZA
Così come la violenza nei confronti delle donne. «I primi obiettivi dell’intolleranza prosegue il regista sono le donne e la scienza. In questo senso la storia di Ipazia ha una forte componente femminista, poiché tiene in sè le due cose: lei è l’unica scienziata, l’unica astronoma tra tanti uomini. Anzi i suoi allievi sono degli uomini e questo è intollerabile per il potere. Forse se fosse stata un uomo non l’avrebbero neanche uccisa». Invece la sua fine è stata atroce: scarnificata viva. Ma Amenábar ha scelto un finale più «soft»: la lapidazione. «Sempre per ricollegarmi all’attualità conclude perché purtroppo questo accade ancora oggi a molte donne, in molte parti del mondo».