il Fatto 6.4.10
Legionari di Cristo, fondati da un pedofilo
La congregazione che disconsce il suo “creatore”
di Maurizio Chierici
Nessuno ricorda le disavventure pedofile dei Legionari di Cristo, ma qualche giorno fa, con discrezione rispettata dal silenzio dai media italiani (unica eccezione, Il Fatto quotidiano) i Legionari hanno chiesto perdono. E i commenti sulle ombre di questa “macchina da guerra” sono fioriti su giornali e tv delle due americhe e della Spagna. Perché coinvolge una congregazione che ha potere, capitali e un’influenza in frenetica espansione: 800 sacerdoti, 2.500 seminaristi. Università e seminari a Roma, Monterrey, Connecticut, New York, Salamanca, Brasile e America Latina. Della congregazione religiosa (approvata da Giovanni Paolo II nel 1983) non viene ricordata mai la figura del fondatore, venerata nei secoli da ogni altra congregazione con l’orgoglio ricordare chi ha raccolto i fedeli nel segno della fede. Della smemoratezza si capisce perché.
Il fondatore Marcial Maciel era pedofilo e pederasta. Ha vissuto una doppia vita: la vita di un sacerdote cattolico “ispirato dalla grazia divina”, la vita di un orco che approfittava dei ragazzi in seminario. “Siamo profondamente costernati e confermiamo che le accuse contro Maciel sono vere”. Poche parole di imbarazzo. Nel tormento che fa tremare la Chiesa, impossibile ormai nascondere le verità sepolte sotto l’ipocrisia. “E non guardiamo più alla sua figura come modello di vita cristiana e sacerdotale”. Che non fosse un esempio da seguire lo si sapeva da tempo, ma Maciel respingeva “sorpreso e indignato” le accuse di ex seminaristi ormai adulti ma con ferite che non rimarginavano. I Legionari inorridivano “per le falsità” che il loro padre morale allontanava con sdegno: invidia, manovre comuniste, marciume dei protestanti dell’altra America i quali non sopportavano l’onda irresistibile dei nuovi testimoni di Roma. Maciel poteva contare sulla solidarietà dell’economia e della politica, ma anche del Vaticano. Ma le denunce escono dai sacri corridoi dei poteri, allarmati dalle cronache di giornalisti che avevano raccolto il dolore delle vittime. Non voce di tutti; solo la voce di chi aveva trovato il coraggio di raccontare le violenze. Maciel protestava; gli amici che contavano provvedevano. Un canale televisivo messicano, il solo ad aver raccolto le testimonianze sull’infanzia rubata, viene asfissiato da blocco della pubblicità. E chiude.
Marcial Maciel, monsignore messicano è morto a fine secolo quando aveva a 87 anni ma era stato ridotto allo stato laicale a 84: per la prima volta nella storia recente della Chiesa, un Papa (Giovanni Paolo II) aveva privato della messa ad un sacerdote accusato di pederastia. La tenacia del cardinale Ratzinger lo aveva preteso per rispondere alle denunce accumulate in quarant’anni di istruttorie che si erano perdute nei corridoi vaticani. Distrazioni consuete a tante istituzioni e le vittime accusavano la Chiesa di coprire e tacere mentre le rivelazioni si moltiplicavano dal New York Times alle televisioni della costa pacifica. Alla fine la condanna si abbatte su un protagonista che aveva inorgoglito pontefici e burocrazie di Roma. Le quali salvano la grande opera realizzata da Maciel ma non nascondono il peccato. Marcial Maciel aveva fondato i Legionari di Cristo nel 1941. Li ha governati fino a quando l’interminabile inchiesta delineava le conclusioni. Per un tempo troppo lungo ha salvato il potere nel quale era riuscito ad aggregare politici e soldi. Lo avevano battezzato “parroco dei miliardari”. Un seminarista, sette anni fa aggiunge qualcosa: “Soldi e politica riguardano altre chiese dell’America Latina”. Quando Maciel inventa i Legionari di Cristo, il Messico è convalescente dalle guerre cristologiche nelle quali la persecuzione isterica di Benito Juarez e dei laici al potere non distinguevano tra il clero che si mescolava alla gente e i vescovi legati alle oligarchie agrarie e militari combattuto dalla loro rivoluzione. Maciel ha attraversato l’angoscia di quegli anni progettando una compagnia di preti legionari, strutture meno culturalizzate dei gesuiti, ma politicamente più intransigenti dell’Opus Dei. Pio XII ha riconosciuto il valore di “un’armata pronta alla battaglia”.
Passa il tempo e diventano le “pupille degli occhi” di Giovanni Paolo II che si lascia affascinare dall’ipotesi di una diga integralista nell’America Latina animata dalle filosofie mercantili del neo liberismo, anche se la novità alla quale Marcial Maciel affida l’impegno di contenere il flusso popolare della teologia della liberazione, sceglie una definizione che suscita sospetti nel continente dove metà della gente resta sull’orlo della fame. I Legionari predicano la Teoria della Prosperità con una determinazione che sfiora il militarismo. Nel 1962 (racconto di un ex legionario uscito dall’ordine) nel cortile del collegio universitario di Anhaus, il più elegante e informatizzato del Messico – studi televisivi e postazioni radio uniche nel paese – gli studenti del seminario aprivano l’adunata del mattino alzando la mano destra per gridare felici “Heil Christus”. Brivido che riporta al delirio degli anni di Hitler. Ma ai Legionari serviva una scossa per contendere all’Opus Dei latina la formazione dei “leader dall’azione positiva”. Escono dal grembo dei Legionari ministri del governo del presidente messicano Fox (decaduto tre anni fa). Legionaria anche la moglie, Legionario Emilio Atzcarraga, proprietario di Televisa, la più importante holding in lingua spagnola del mondo. Legionaria la reginetta messicana della birra maritata con l’ambasciatore americano in Messico, compagno di scuola e amico del cuore dell’ex presidente Bush. Insomma, Lopez Obrador, candidato dalla sinistra alla poltrona di presidente, si era scontrato con ostacoli da scalare come montagne. E ha vinto l’avversario che i Legionari spingevano: Calderon, ombra di Fox. Intanto l’internazionale dei Legionari usciva da Città del Messico per aprire università e seminari in 18 paesi.
L’università romana accoglie i visitatori nei tavoli di un ristorante raffinato, mobili e quadri di antiquariato; pietanze e vini della grande cucina serviti da novizi in divisa con sottana. Qui è invecchiato fra gli onori Marcial Maciel. Fino alla “scomunica del Papa” i suoi Legionari non abbandonavano il sogno di vederlo fra i beati per pareggiare la concorrenza col Balaguer dell’Opus Dei.
Lo scontro più duro tra Opus Dei e Legionari si è consumato in Messico attorno al santuario della Vergine di Guadalupe, Lourdes dei due continenti. Dove miliardari di ogni America continuano ad assicurare l’eternità alle loro spoglie nei loculi scavati sotto l’altare, piccole tombe che costano più di una barca di sessanta metri o di un jet per dieci persone ma vengono considerate “buoni investimenti perché accorciano la strada verso il paradiso”. Alla fine l’Opus Dei ha vinto. E il santuario dei loculi d’oro è nelle mani del vincitore.
Legionari di Cristo, fondati da un pedofilo
La congregazione che disconsce il suo “creatore”
di Maurizio Chierici
Nessuno ricorda le disavventure pedofile dei Legionari di Cristo, ma qualche giorno fa, con discrezione rispettata dal silenzio dai media italiani (unica eccezione, Il Fatto quotidiano) i Legionari hanno chiesto perdono. E i commenti sulle ombre di questa “macchina da guerra” sono fioriti su giornali e tv delle due americhe e della Spagna. Perché coinvolge una congregazione che ha potere, capitali e un’influenza in frenetica espansione: 800 sacerdoti, 2.500 seminaristi. Università e seminari a Roma, Monterrey, Connecticut, New York, Salamanca, Brasile e America Latina. Della congregazione religiosa (approvata da Giovanni Paolo II nel 1983) non viene ricordata mai la figura del fondatore, venerata nei secoli da ogni altra congregazione con l’orgoglio ricordare chi ha raccolto i fedeli nel segno della fede. Della smemoratezza si capisce perché.
Il fondatore Marcial Maciel era pedofilo e pederasta. Ha vissuto una doppia vita: la vita di un sacerdote cattolico “ispirato dalla grazia divina”, la vita di un orco che approfittava dei ragazzi in seminario. “Siamo profondamente costernati e confermiamo che le accuse contro Maciel sono vere”. Poche parole di imbarazzo. Nel tormento che fa tremare la Chiesa, impossibile ormai nascondere le verità sepolte sotto l’ipocrisia. “E non guardiamo più alla sua figura come modello di vita cristiana e sacerdotale”. Che non fosse un esempio da seguire lo si sapeva da tempo, ma Maciel respingeva “sorpreso e indignato” le accuse di ex seminaristi ormai adulti ma con ferite che non rimarginavano. I Legionari inorridivano “per le falsità” che il loro padre morale allontanava con sdegno: invidia, manovre comuniste, marciume dei protestanti dell’altra America i quali non sopportavano l’onda irresistibile dei nuovi testimoni di Roma. Maciel poteva contare sulla solidarietà dell’economia e della politica, ma anche del Vaticano. Ma le denunce escono dai sacri corridoi dei poteri, allarmati dalle cronache di giornalisti che avevano raccolto il dolore delle vittime. Non voce di tutti; solo la voce di chi aveva trovato il coraggio di raccontare le violenze. Maciel protestava; gli amici che contavano provvedevano. Un canale televisivo messicano, il solo ad aver raccolto le testimonianze sull’infanzia rubata, viene asfissiato da blocco della pubblicità. E chiude.
Marcial Maciel, monsignore messicano è morto a fine secolo quando aveva a 87 anni ma era stato ridotto allo stato laicale a 84: per la prima volta nella storia recente della Chiesa, un Papa (Giovanni Paolo II) aveva privato della messa ad un sacerdote accusato di pederastia. La tenacia del cardinale Ratzinger lo aveva preteso per rispondere alle denunce accumulate in quarant’anni di istruttorie che si erano perdute nei corridoi vaticani. Distrazioni consuete a tante istituzioni e le vittime accusavano la Chiesa di coprire e tacere mentre le rivelazioni si moltiplicavano dal New York Times alle televisioni della costa pacifica. Alla fine la condanna si abbatte su un protagonista che aveva inorgoglito pontefici e burocrazie di Roma. Le quali salvano la grande opera realizzata da Maciel ma non nascondono il peccato. Marcial Maciel aveva fondato i Legionari di Cristo nel 1941. Li ha governati fino a quando l’interminabile inchiesta delineava le conclusioni. Per un tempo troppo lungo ha salvato il potere nel quale era riuscito ad aggregare politici e soldi. Lo avevano battezzato “parroco dei miliardari”. Un seminarista, sette anni fa aggiunge qualcosa: “Soldi e politica riguardano altre chiese dell’America Latina”. Quando Maciel inventa i Legionari di Cristo, il Messico è convalescente dalle guerre cristologiche nelle quali la persecuzione isterica di Benito Juarez e dei laici al potere non distinguevano tra il clero che si mescolava alla gente e i vescovi legati alle oligarchie agrarie e militari combattuto dalla loro rivoluzione. Maciel ha attraversato l’angoscia di quegli anni progettando una compagnia di preti legionari, strutture meno culturalizzate dei gesuiti, ma politicamente più intransigenti dell’Opus Dei. Pio XII ha riconosciuto il valore di “un’armata pronta alla battaglia”.
Passa il tempo e diventano le “pupille degli occhi” di Giovanni Paolo II che si lascia affascinare dall’ipotesi di una diga integralista nell’America Latina animata dalle filosofie mercantili del neo liberismo, anche se la novità alla quale Marcial Maciel affida l’impegno di contenere il flusso popolare della teologia della liberazione, sceglie una definizione che suscita sospetti nel continente dove metà della gente resta sull’orlo della fame. I Legionari predicano la Teoria della Prosperità con una determinazione che sfiora il militarismo. Nel 1962 (racconto di un ex legionario uscito dall’ordine) nel cortile del collegio universitario di Anhaus, il più elegante e informatizzato del Messico – studi televisivi e postazioni radio uniche nel paese – gli studenti del seminario aprivano l’adunata del mattino alzando la mano destra per gridare felici “Heil Christus”. Brivido che riporta al delirio degli anni di Hitler. Ma ai Legionari serviva una scossa per contendere all’Opus Dei latina la formazione dei “leader dall’azione positiva”. Escono dal grembo dei Legionari ministri del governo del presidente messicano Fox (decaduto tre anni fa). Legionaria anche la moglie, Legionario Emilio Atzcarraga, proprietario di Televisa, la più importante holding in lingua spagnola del mondo. Legionaria la reginetta messicana della birra maritata con l’ambasciatore americano in Messico, compagno di scuola e amico del cuore dell’ex presidente Bush. Insomma, Lopez Obrador, candidato dalla sinistra alla poltrona di presidente, si era scontrato con ostacoli da scalare come montagne. E ha vinto l’avversario che i Legionari spingevano: Calderon, ombra di Fox. Intanto l’internazionale dei Legionari usciva da Città del Messico per aprire università e seminari in 18 paesi.
L’università romana accoglie i visitatori nei tavoli di un ristorante raffinato, mobili e quadri di antiquariato; pietanze e vini della grande cucina serviti da novizi in divisa con sottana. Qui è invecchiato fra gli onori Marcial Maciel. Fino alla “scomunica del Papa” i suoi Legionari non abbandonavano il sogno di vederlo fra i beati per pareggiare la concorrenza col Balaguer dell’Opus Dei.
Lo scontro più duro tra Opus Dei e Legionari si è consumato in Messico attorno al santuario della Vergine di Guadalupe, Lourdes dei due continenti. Dove miliardari di ogni America continuano ad assicurare l’eternità alle loro spoglie nei loculi scavati sotto l’altare, piccole tombe che costano più di una barca di sessanta metri o di un jet per dieci persone ma vengono considerate “buoni investimenti perché accorciano la strada verso il paradiso”. Alla fine l’Opus Dei ha vinto. E il santuario dei loculi d’oro è nelle mani del vincitore.