l’Unità 3.4.10
Iniziativa contro il magistrato milanese Pietro Forno, che indaga sui casi di molestie
La denuncia dell’omertà dei sacerdoti raccolta dal “Giornale”. Per il Guardasigilli è diffamazione
La denuncia: «Mai una segnalazione dalla Chiesa, solo dai familiari delle vittime»
Come i leghisti anti-pillola. Anche il ministro tenta di ingraziarsi le gerarchie vaticane
Pedofili, pm: Chiesa omertosa
E Alfano manda gli ispettori
La solita storia: o l’inchiesta piace al governo, e ai suoi sponsor, oppure il ministro Alfano manda gli ispettori. E così il guardasigilli paga la cambiale alla chiesa dopo l’appello al voto contro Bresso e Bonino.
di Oreste Pivetta
Il ministro Angelino Alfano si sta inventando un nuovo modo di far giustizia, senza aspettare le riforme di Berlusconi. La sua idea è che un’inchiesta giudiziaria si possa fare, ma solo con il suo nihil obstat governativo. Procede con giudizio, per il momento solo inviando i suoi ispettori dove qualcosa non gli garba o non garba al suo padrone. In Puglia piuttosto che a Milano. Il ministro non si scandalizza per i colpi di Cota o di Zaia contro una legge della Repubblica. Se la prende con un magistrato che indaga su casi di pedofilia e che chiama in causa le gerarchie della Chiesa. Il caso è ben raccontato dal Giornale della famiglia Berlusconi: l’altro ieri in un’intervista con il magistrato, il procuratore aggiunto Pietro Forno, cattolico, capo del pool specializzato in molestie e stupri, ieri dando la parola addirittura al padre, il signor G., di una piccola vittima. Spiegava Forno che certi vescovi coprivano quanto avveniva nella loro diocesi: «Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arrivata una sola denuncia nè da parte dei vescovi nè da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente». E ancora: «Si creano legami di difesa, di protezione. E c’è soprattutto la paura dello scandalo». Raccontava il padre che la bimba frequentava un oratorio dei salesiani, che la bimba era stata oggetto di attenzioni poco simpatiche, che lui stesso ne aveva parlato con i religiosi, che aveva atteso per mesi una reazione, di aver subìto per ripicca ogni genere di angherie, di essersi alla fine deciso alla denuncia. Leggiamo: «...a parlare con il signor G. si direbbe che Forno sia stato fin troppo cauto. Perché in questo caso i superiori del prete sotto accusa non si sono limitati a insabbiare. Hanno reagito ribaltando le parti, trasformando la vittima in colpevole, isolando lei e la sua famiglia...». «Mi aizzarono contro gli altri parrocchiani – queste son parole del signor G. – Ordinarono a tutti di chiudermi le porte in faccia». Nel frattempo le indagini proseguono. La Procura mette sotto controllo alcuni telefoni. Intercettazioni. Qui già si immagina Alfano inorridire. Il parroco, riferisce ancora il Giornale di Feltri, che avrebbe dovuto vigilare sul prete in sospetto di pedofilia, viene intercettato mentre fa sesso al telefono. L’ispettore dei salesiani, che avrebbe dovuto governare le indagini, viene ascoltato mentre orchestra
le testimonianze «per addomesticare» quelle indagini. Sembra Il nome della rosa. Sembra una mafia, commenta il signor G. , che poi riferisce altri particolari della brutta storia, ormai riassunta in un processo che andrà presto a sentenza. Il Giornale, con un sorprendente senso della par condicio, cita le reazioni del solito cardinal Bagnasco: «Le ombre non cancellano i meriti della Chiesa». Nessuno si sognerebbe di negare i meriti di Tettamanzi (delle diocesi di Milano, appunto, si parla) e di tanti preti. Il Giornale intervista pure monsignor Girolamo Grillo, vescovo di Civitavecchia, che critica le generalizzazioni
ma denuncia l’omertà: «Da me sono venute persone che sapevano... Ma mai queste persone hanno accettato di firmare una testimonianza e, lasciandomela, di permettermi di intervenire nelle sedi opportune...».
Il ministro non attende il processo, l’unico antidoto alle generalizzazioni, ma ordina l’inchiesta, «lette le dichiarazioni rese... alla stampa dal Procuratore aggiunto di Milano dott. Forno... considerato il carattere potenzialmente diffamatorio di tali dichiarazioni». L’accusa: violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo...
Corrono a dar man forte ad Alfano, Formigoni, Lupi e vari altri del centrodestra, gli stessi pronti a rimbrottare il cardinale Dionigi Tettamanzi quando parla di poveri e di immigrati.
Alfano, senza un attimo di esitazione, è salito sul carro dell’opportunismo clericaloide. Preceduto in volata dagli zelanti governatori del Piemonte e del Veneto, dimentichi delle sparate di Bossi contro i «vescovoni» di Roma (ma se n’è dimenticato anche Bagnasco), ha voluto far la sua comparsata nella corsa a ingraziarsi i potenti del Vaticano. Ovviamente a proposito delle vittime non s’è lasciato sfuggire una parola di giustizia o almeno di pena. Neppure un amen per la laicità dello Stato.
Iniziativa contro il magistrato milanese Pietro Forno, che indaga sui casi di molestie
La denuncia dell’omertà dei sacerdoti raccolta dal “Giornale”. Per il Guardasigilli è diffamazione
La denuncia: «Mai una segnalazione dalla Chiesa, solo dai familiari delle vittime»
Come i leghisti anti-pillola. Anche il ministro tenta di ingraziarsi le gerarchie vaticane
Pedofili, pm: Chiesa omertosa
E Alfano manda gli ispettori
La solita storia: o l’inchiesta piace al governo, e ai suoi sponsor, oppure il ministro Alfano manda gli ispettori. E così il guardasigilli paga la cambiale alla chiesa dopo l’appello al voto contro Bresso e Bonino.
di Oreste Pivetta
Il ministro Angelino Alfano si sta inventando un nuovo modo di far giustizia, senza aspettare le riforme di Berlusconi. La sua idea è che un’inchiesta giudiziaria si possa fare, ma solo con il suo nihil obstat governativo. Procede con giudizio, per il momento solo inviando i suoi ispettori dove qualcosa non gli garba o non garba al suo padrone. In Puglia piuttosto che a Milano. Il ministro non si scandalizza per i colpi di Cota o di Zaia contro una legge della Repubblica. Se la prende con un magistrato che indaga su casi di pedofilia e che chiama in causa le gerarchie della Chiesa. Il caso è ben raccontato dal Giornale della famiglia Berlusconi: l’altro ieri in un’intervista con il magistrato, il procuratore aggiunto Pietro Forno, cattolico, capo del pool specializzato in molestie e stupri, ieri dando la parola addirittura al padre, il signor G., di una piccola vittima. Spiegava Forno che certi vescovi coprivano quanto avveniva nella loro diocesi: «Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arrivata una sola denuncia nè da parte dei vescovi nè da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente». E ancora: «Si creano legami di difesa, di protezione. E c’è soprattutto la paura dello scandalo». Raccontava il padre che la bimba frequentava un oratorio dei salesiani, che la bimba era stata oggetto di attenzioni poco simpatiche, che lui stesso ne aveva parlato con i religiosi, che aveva atteso per mesi una reazione, di aver subìto per ripicca ogni genere di angherie, di essersi alla fine deciso alla denuncia. Leggiamo: «...a parlare con il signor G. si direbbe che Forno sia stato fin troppo cauto. Perché in questo caso i superiori del prete sotto accusa non si sono limitati a insabbiare. Hanno reagito ribaltando le parti, trasformando la vittima in colpevole, isolando lei e la sua famiglia...». «Mi aizzarono contro gli altri parrocchiani – queste son parole del signor G. – Ordinarono a tutti di chiudermi le porte in faccia». Nel frattempo le indagini proseguono. La Procura mette sotto controllo alcuni telefoni. Intercettazioni. Qui già si immagina Alfano inorridire. Il parroco, riferisce ancora il Giornale di Feltri, che avrebbe dovuto vigilare sul prete in sospetto di pedofilia, viene intercettato mentre fa sesso al telefono. L’ispettore dei salesiani, che avrebbe dovuto governare le indagini, viene ascoltato mentre orchestra
le testimonianze «per addomesticare» quelle indagini. Sembra Il nome della rosa. Sembra una mafia, commenta il signor G. , che poi riferisce altri particolari della brutta storia, ormai riassunta in un processo che andrà presto a sentenza. Il Giornale, con un sorprendente senso della par condicio, cita le reazioni del solito cardinal Bagnasco: «Le ombre non cancellano i meriti della Chiesa». Nessuno si sognerebbe di negare i meriti di Tettamanzi (delle diocesi di Milano, appunto, si parla) e di tanti preti. Il Giornale intervista pure monsignor Girolamo Grillo, vescovo di Civitavecchia, che critica le generalizzazioni
ma denuncia l’omertà: «Da me sono venute persone che sapevano... Ma mai queste persone hanno accettato di firmare una testimonianza e, lasciandomela, di permettermi di intervenire nelle sedi opportune...».
Il ministro non attende il processo, l’unico antidoto alle generalizzazioni, ma ordina l’inchiesta, «lette le dichiarazioni rese... alla stampa dal Procuratore aggiunto di Milano dott. Forno... considerato il carattere potenzialmente diffamatorio di tali dichiarazioni». L’accusa: violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo...
Corrono a dar man forte ad Alfano, Formigoni, Lupi e vari altri del centrodestra, gli stessi pronti a rimbrottare il cardinale Dionigi Tettamanzi quando parla di poveri e di immigrati.
Alfano, senza un attimo di esitazione, è salito sul carro dell’opportunismo clericaloide. Preceduto in volata dagli zelanti governatori del Piemonte e del Veneto, dimentichi delle sparate di Bossi contro i «vescovoni» di Roma (ma se n’è dimenticato anche Bagnasco), ha voluto far la sua comparsata nella corsa a ingraziarsi i potenti del Vaticano. Ovviamente a proposito delle vittime non s’è lasciato sfuggire una parola di giustizia o almeno di pena. Neppure un amen per la laicità dello Stato.