l’Unità 7.4.10
Ru486, tutto quello che non si dice del farmaco e del ricovero
La degenza? Inutile, non necessaria, inapplicabile, svantaggiosa per le donne. La stessa legge 194 parla di eventualità. Elaborare linee guida per fare un «favore» al Vaticano e un dispetto alle donne è controproducente
di Carlo Flamigni
Le dichiarazioni dei due Governatori leghisti che hanno affermato di non voler consentire l’uso della pillola abortiva Ru486, come del resto le esternazioni di alcuni vescovi in loro appoggio, fanno parte della quota di sciocchezze che siamo ormai abituati ad attenderci dai dirigenti della Lega (e, purtroppo, anche da alcuni esponenti della Chiesa Cattolica), persone altrettanto improvvide quanto rapide nella ritrattazione, e non mi pare che meritino particolare attenzione, la legge non dà loro alcun potere del genere e l’elettorato leghista non merita dirigenti così poco assennati. Di ben diverso rilievo è l’intervento del Consiglio Superiore di Sanità (Css), che ha approvato un documento inusuale (ad esempio, riporta complessivamente 170 voci bibliografiche che non sono mai citate nel testo e che contengono, diciamo per il 90%, opinioni completamente difformi dalle conclusioni del Css) che prevede il ricovero ordinario per tutte le donne che sceglieranno di abortire con il metodo farmacologico. Per capirci, si tratta di un tentativo di rendere poco applicabile l’aborto farmacologico costringendo le donne a un lungo, inutile e fastidioso soggiorno in Ospedale. Non mi dispiacerebbe che il Consiglio Superiore di Sanità, che se non sbaglio non è organo di una Loggia Massonica ma, più modestamente, una Istituzione dello Stato, rinunciasse a vietare la diffusione dei verbali delle riunioni e dei documenti interni. Voci di corridoio (voci femminili di corridoio) riferiscono che il Presidente del Css ( Il professor Garaci, Presidente anche dell’Istituto Superiore di Sanità) ha inviato a tutti i membri una lettera nella quale chiedeva (esigeva?) che il documento fosse approvato all’unanimità; le stesse voci riferiscono che l’unanimità non c’è stata e che al contrario ci sono state voci di protesta. Basterebbe un po’ di trasparenza per evitare la diffusione di queste chiacchiere (calunnie?).
Ma parliamo dell’obbligo di ricovero ordinario, una scelta che certamente sarà causa di un contenzioso, almeno con alcune Regioni. La prima cosa da rilevare è che un ricovero ordinario non è necessario, la maggior parte dei Paesi che utilizzano l’Ru486 preferisce il ricovero in Day Hospital e molti altri non ricoverano e lasciano che tutto si svolga a domicilio. Ci sono esperienze amplissime che lo dimostrano e le stesse esperienze italiane lo confermano. Il secondo rilievo è che si tratta di un ricovero inutile, che viene proposto, almeno in teoria, per evitare possibili complicazioni senza tener conto del fatto che, se complicazioni si verificano, sono sempre molto tardive e si manifestano giorni dopo che il ricovero è finito. Terza cosa, si tratta di una scelta in gran parte inapplicabile, la nostra Costituzione ci consente di rifiutare i ricoveri obbligatori, salvo casi che non hanno niente a che fare con questo. Poi è una scelta che va tutta a sfavore delle donne che, quando avranno deciso di firmare la cartella e di tornarsene a casa, cosa che faranno in molte, saranno veramente sole perché la responsabilità delle strutture sanitarie cesserà di esistere. E ancora, è una cosa che va contro il buonsenso clinico e l’esperienza dei medici, l’aborto farmacologico riproduce una situazione frequente nella patologia ostetrica spontanea, l’aborto interno, che nessun medico, nelle stesse iniziali settimane di gravidanza, si sognerebbe mai di ricoverare.
Andiamo avanti. La nostra Costituzione stabilisce l’esistenza di notevoli limiti per tutti i legislatori – e quindi sia per quelli statali che per quelli regionali – per tutto quanto ha a che fare con le modalità di cura e i trattamenti sanitari e non credo che possa essere il Ministro della Salute a poter intervenire nei problemi che riguardano la libertà professionale del medico e il rapporto tra costui e i suoi pazienti, anche tenuto conto del fatto che in questa materia esiste un unico possibile limite, che ha a che fare con la tutela della salute del cittadino-paziente. Ancora: la legge 194, che regolamenta le interruzioni volontarie della gravidanza,non fa mai riferimento a un ricovero ordinario, descrive la degenza come “eventuale”, consente l’esecuzione degli interventi chirurgici negli ambulatori (che non hanno possibilità di ricoverare pazienti). La stessa legge lascia inoltre aperta una strada alla innovazione, quando affida alle Regioni il compito di promuovere l’impiego di tecniche più moderne e più rispettose della integrità fisica della donna (e questo è esattamente il caso). E ancora. Stiamo parlando di trattamenti che appartengono alla categoria dei livelli essenziali di assistenza, cioè di cure che ammettono l’intervento del Ministero solo per quanto riguarda l’idoneità delle strutture, non la modalità con la quale debbono essere erogate. E stiamo parlando del Css, che è autorizzato a dare pareri privi di conseguenze giuridiche specifiche. Insomma saranno le Regioni, molte delle quali hanno già istituito gruppi di esperti capaci di preparare specifiche linee guida, a decidere i comportamenti che sarà saggio adottare. Elaborare linee guida generali basate sul desiderio di fare un dispetto alle donne e un favore al Vaticano non è solo sbagliato, è controproducente. Temo, per concludere, che molte brave persone si siano lasciare confondere da un libro recentemente pubblicato da due gentili signore, nel quale erano contenuti dati peculiari e altrettanto poco credibili suidrammichepotrebberoconseguire all’impiego del farmaco in questione. Il medesimo testo afferma che l’aborto farmacologico determinerà un aumento delle richieste di interruzione della gravidanza, affermazione lesiva della intelligenza delle nostre donne e comunque contraddetta dalle esperienze di tutto il mondo. Secondo questo testo, infine, la totalità di coloro che sostengono che si tratta di un metodo con vantaggi e svantaggi ma che è comunque conveniente utilizzare anche nel nostro Paese, avrebbe venduto l’anima all’Industria Farmaceutica. Poiché personalmente nutro, per l’Industria Farmaceutica, la stessa fondamentale antipatia che provo per le due suddette signore, credo di poter essere assolto da questa accusa. E a proposito del libro in questione, userei una espressione cara agli spagnoli: corramos tupido velo, meglio lasciar perdere.
Ru486, tutto quello che non si dice del farmaco e del ricovero
La degenza? Inutile, non necessaria, inapplicabile, svantaggiosa per le donne. La stessa legge 194 parla di eventualità. Elaborare linee guida per fare un «favore» al Vaticano e un dispetto alle donne è controproducente
di Carlo Flamigni
Le dichiarazioni dei due Governatori leghisti che hanno affermato di non voler consentire l’uso della pillola abortiva Ru486, come del resto le esternazioni di alcuni vescovi in loro appoggio, fanno parte della quota di sciocchezze che siamo ormai abituati ad attenderci dai dirigenti della Lega (e, purtroppo, anche da alcuni esponenti della Chiesa Cattolica), persone altrettanto improvvide quanto rapide nella ritrattazione, e non mi pare che meritino particolare attenzione, la legge non dà loro alcun potere del genere e l’elettorato leghista non merita dirigenti così poco assennati. Di ben diverso rilievo è l’intervento del Consiglio Superiore di Sanità (Css), che ha approvato un documento inusuale (ad esempio, riporta complessivamente 170 voci bibliografiche che non sono mai citate nel testo e che contengono, diciamo per il 90%, opinioni completamente difformi dalle conclusioni del Css) che prevede il ricovero ordinario per tutte le donne che sceglieranno di abortire con il metodo farmacologico. Per capirci, si tratta di un tentativo di rendere poco applicabile l’aborto farmacologico costringendo le donne a un lungo, inutile e fastidioso soggiorno in Ospedale. Non mi dispiacerebbe che il Consiglio Superiore di Sanità, che se non sbaglio non è organo di una Loggia Massonica ma, più modestamente, una Istituzione dello Stato, rinunciasse a vietare la diffusione dei verbali delle riunioni e dei documenti interni. Voci di corridoio (voci femminili di corridoio) riferiscono che il Presidente del Css ( Il professor Garaci, Presidente anche dell’Istituto Superiore di Sanità) ha inviato a tutti i membri una lettera nella quale chiedeva (esigeva?) che il documento fosse approvato all’unanimità; le stesse voci riferiscono che l’unanimità non c’è stata e che al contrario ci sono state voci di protesta. Basterebbe un po’ di trasparenza per evitare la diffusione di queste chiacchiere (calunnie?).
Ma parliamo dell’obbligo di ricovero ordinario, una scelta che certamente sarà causa di un contenzioso, almeno con alcune Regioni. La prima cosa da rilevare è che un ricovero ordinario non è necessario, la maggior parte dei Paesi che utilizzano l’Ru486 preferisce il ricovero in Day Hospital e molti altri non ricoverano e lasciano che tutto si svolga a domicilio. Ci sono esperienze amplissime che lo dimostrano e le stesse esperienze italiane lo confermano. Il secondo rilievo è che si tratta di un ricovero inutile, che viene proposto, almeno in teoria, per evitare possibili complicazioni senza tener conto del fatto che, se complicazioni si verificano, sono sempre molto tardive e si manifestano giorni dopo che il ricovero è finito. Terza cosa, si tratta di una scelta in gran parte inapplicabile, la nostra Costituzione ci consente di rifiutare i ricoveri obbligatori, salvo casi che non hanno niente a che fare con questo. Poi è una scelta che va tutta a sfavore delle donne che, quando avranno deciso di firmare la cartella e di tornarsene a casa, cosa che faranno in molte, saranno veramente sole perché la responsabilità delle strutture sanitarie cesserà di esistere. E ancora, è una cosa che va contro il buonsenso clinico e l’esperienza dei medici, l’aborto farmacologico riproduce una situazione frequente nella patologia ostetrica spontanea, l’aborto interno, che nessun medico, nelle stesse iniziali settimane di gravidanza, si sognerebbe mai di ricoverare.
Andiamo avanti. La nostra Costituzione stabilisce l’esistenza di notevoli limiti per tutti i legislatori – e quindi sia per quelli statali che per quelli regionali – per tutto quanto ha a che fare con le modalità di cura e i trattamenti sanitari e non credo che possa essere il Ministro della Salute a poter intervenire nei problemi che riguardano la libertà professionale del medico e il rapporto tra costui e i suoi pazienti, anche tenuto conto del fatto che in questa materia esiste un unico possibile limite, che ha a che fare con la tutela della salute del cittadino-paziente. Ancora: la legge 194, che regolamenta le interruzioni volontarie della gravidanza,non fa mai riferimento a un ricovero ordinario, descrive la degenza come “eventuale”, consente l’esecuzione degli interventi chirurgici negli ambulatori (che non hanno possibilità di ricoverare pazienti). La stessa legge lascia inoltre aperta una strada alla innovazione, quando affida alle Regioni il compito di promuovere l’impiego di tecniche più moderne e più rispettose della integrità fisica della donna (e questo è esattamente il caso). E ancora. Stiamo parlando di trattamenti che appartengono alla categoria dei livelli essenziali di assistenza, cioè di cure che ammettono l’intervento del Ministero solo per quanto riguarda l’idoneità delle strutture, non la modalità con la quale debbono essere erogate. E stiamo parlando del Css, che è autorizzato a dare pareri privi di conseguenze giuridiche specifiche. Insomma saranno le Regioni, molte delle quali hanno già istituito gruppi di esperti capaci di preparare specifiche linee guida, a decidere i comportamenti che sarà saggio adottare. Elaborare linee guida generali basate sul desiderio di fare un dispetto alle donne e un favore al Vaticano non è solo sbagliato, è controproducente. Temo, per concludere, che molte brave persone si siano lasciare confondere da un libro recentemente pubblicato da due gentili signore, nel quale erano contenuti dati peculiari e altrettanto poco credibili suidrammichepotrebberoconseguire all’impiego del farmaco in questione. Il medesimo testo afferma che l’aborto farmacologico determinerà un aumento delle richieste di interruzione della gravidanza, affermazione lesiva della intelligenza delle nostre donne e comunque contraddetta dalle esperienze di tutto il mondo. Secondo questo testo, infine, la totalità di coloro che sostengono che si tratta di un metodo con vantaggi e svantaggi ma che è comunque conveniente utilizzare anche nel nostro Paese, avrebbe venduto l’anima all’Industria Farmaceutica. Poiché personalmente nutro, per l’Industria Farmaceutica, la stessa fondamentale antipatia che provo per le due suddette signore, credo di poter essere assolto da questa accusa. E a proposito del libro in questione, userei una espressione cara agli spagnoli: corramos tupido velo, meglio lasciar perdere.