l’Unità 29.3.10
Scandalo pedofilia, la parola ora passa ai tribunali
Texas e Kentucky chiamano a giudizio Ratzinger. Il Vaticano s’appella alla Corte suprema
Svizzera il governo vuole una «lista nera» di preti pedofili. Austria, la chiesa s’affida a una donna
di Marina Mastroluca
La Svizzera chiede una lista nera dei preti pedofili, la Chiesa austriaca si affida a una donna per l’inchiesta sugli abusi. E due tribunali d’America chiamano in causa Ratzinger per il silenzio sulle violenze.
Una lista nera, con nomi e cognomi. Gente da cui stare alla larga: preti pedofili. La chiede la presidente svizzera Doris Leuthard, sulla falsa riga di quanto già previsto
per gli insegnanti, perché non si mettono i lupi in mezzo agli agnelli. La polizia indaga su presunti abusi. «Se gli esecutori del reato vengono dal mondo civile o clericale non fa differenza. Sono sottoposti entrambi alla legge svizzera, senza se e senza ma», dice Leuthard.
Preti, uomini come gli altri, ugualmente perseguibili. La Chiesa che li ha coperti, che ha nascosto la colpa del singolo per salvare la sua santità, colpevole con loro. Nella domenica delle palme, sembra essere questo il tema del giorno, più di quanto non sia il fastidio papale per i rumori di fondo, il «chiacchiericcio» che invade i media e che qualcuno, in seno alla Chiesa, legge come la mano di Satana. Negli Stati Uniti per la seconda volta due tribunali chiamano in causa lo stesso Ratzinger, per aver messo sotto silenzio gli abusi come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In Kentucky e in Oregon due corti federali hanno accolto la perseguibilità della Santa Sede, se poi davvero i vertici ecclesiastici saranno chiamati alla sbarra è tutto da vedere: il Vaticano si è appellato alla Corte Suprema, il pontefice come capo di Stato gode di immunità. E c’è già un precedente che risale al 2005, quando lo stesso Ratzinger venne citato per intralcio alla giustizia in un analogo processo in Texas, ma appena eletto si appellò all’immunità diplomatica. Il teocon George W. Bush non fece obiezioni, il procedimento contro il Papa venne giudicato «incompatibile con gli interessi di politica estera degli Usa».
Casi fotocopia, quello del Texas di allora e quelli di oggi. In Kentucky la denuncia è partita da tre ex chierichetti nella diocesi di Louisville, dove secondo l’accusa vennero consumati decenni di abusi coperti dal silenzio. In Oregon a denunciare è stato un uomo che sostiene di essere stato abusato da bambino, da un prete morto nel 2002 trasferito più volte dalle gerarchie ecclesiastiche che sapevano delle sue ripetute molestie. I suoi avvocati chiamano in causa il Vaticano sostenendo che i preti sono suoi «dipendenti».
Ma l’argomento di fondo resta il silenzio assunto a sistema. Si cita il «Crimen sollicitationis» con cui nel 1962 il Sant’Uffizio vincolava vittime e colpevoli a tacere, pena la scomunica. Come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel 2001 Ratzinger avrebbe mantenuto la consegna del silenzio, pur introducendo l’obbligo di segnalare a Roma gli abusi e introducendo «azioni amministrative dirette» contro i responsabili. Una procedura che ieri il vaticanista John Allen jr difendeva dalle pagine del New York Times, perché più rapida ed efficace di un processo interno.
UNA DONNA INDAGHERÀ SUI PRETI
Allen non è il solo a difendere Ratzinger, diverse analisi ed editoriali sulla stampa internazionale sottolineano il paradosso che a finire sotto accusa sia proprio un Papa che più di altri si è battuto contro i peccati della Chiesa. È di ieri la notizia di un sacerdote tedesco «immediatamente» ridotto allo stato laicale per un reato sessuale. Ma ci si chiede quanti abbiano affrontato lo stesso rigore del prete di Osnabrueck e soprattutto se questa severità non sia figlia anche di quel «chiacchiericcio» della stampa.
Sarà per questo che la Svizzera chiede liste nere secondo la Sonntags Zeitung la conferenza episcopale elvetica ne parlerà alla prima seduta il prossimo 31 maggio, mentre ha ordinato 5000 manifesti per migliorare un’immagine logorata dagli scandali. Sarà anche per questo che in Austria il cardinale Schoenborn ha annunciato una commissione d’inchiesta laica, che non comprenderà membri del clero. A presiederla una donna, l’ex governatrice della Stiria Waltraus Klasnic.
Scandalo pedofilia, la parola ora passa ai tribunali
Texas e Kentucky chiamano a giudizio Ratzinger. Il Vaticano s’appella alla Corte suprema
Svizzera il governo vuole una «lista nera» di preti pedofili. Austria, la chiesa s’affida a una donna
di Marina Mastroluca
La Svizzera chiede una lista nera dei preti pedofili, la Chiesa austriaca si affida a una donna per l’inchiesta sugli abusi. E due tribunali d’America chiamano in causa Ratzinger per il silenzio sulle violenze.
Una lista nera, con nomi e cognomi. Gente da cui stare alla larga: preti pedofili. La chiede la presidente svizzera Doris Leuthard, sulla falsa riga di quanto già previsto
per gli insegnanti, perché non si mettono i lupi in mezzo agli agnelli. La polizia indaga su presunti abusi. «Se gli esecutori del reato vengono dal mondo civile o clericale non fa differenza. Sono sottoposti entrambi alla legge svizzera, senza se e senza ma», dice Leuthard.
Preti, uomini come gli altri, ugualmente perseguibili. La Chiesa che li ha coperti, che ha nascosto la colpa del singolo per salvare la sua santità, colpevole con loro. Nella domenica delle palme, sembra essere questo il tema del giorno, più di quanto non sia il fastidio papale per i rumori di fondo, il «chiacchiericcio» che invade i media e che qualcuno, in seno alla Chiesa, legge come la mano di Satana. Negli Stati Uniti per la seconda volta due tribunali chiamano in causa lo stesso Ratzinger, per aver messo sotto silenzio gli abusi come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In Kentucky e in Oregon due corti federali hanno accolto la perseguibilità della Santa Sede, se poi davvero i vertici ecclesiastici saranno chiamati alla sbarra è tutto da vedere: il Vaticano si è appellato alla Corte Suprema, il pontefice come capo di Stato gode di immunità. E c’è già un precedente che risale al 2005, quando lo stesso Ratzinger venne citato per intralcio alla giustizia in un analogo processo in Texas, ma appena eletto si appellò all’immunità diplomatica. Il teocon George W. Bush non fece obiezioni, il procedimento contro il Papa venne giudicato «incompatibile con gli interessi di politica estera degli Usa».
Casi fotocopia, quello del Texas di allora e quelli di oggi. In Kentucky la denuncia è partita da tre ex chierichetti nella diocesi di Louisville, dove secondo l’accusa vennero consumati decenni di abusi coperti dal silenzio. In Oregon a denunciare è stato un uomo che sostiene di essere stato abusato da bambino, da un prete morto nel 2002 trasferito più volte dalle gerarchie ecclesiastiche che sapevano delle sue ripetute molestie. I suoi avvocati chiamano in causa il Vaticano sostenendo che i preti sono suoi «dipendenti».
Ma l’argomento di fondo resta il silenzio assunto a sistema. Si cita il «Crimen sollicitationis» con cui nel 1962 il Sant’Uffizio vincolava vittime e colpevoli a tacere, pena la scomunica. Come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel 2001 Ratzinger avrebbe mantenuto la consegna del silenzio, pur introducendo l’obbligo di segnalare a Roma gli abusi e introducendo «azioni amministrative dirette» contro i responsabili. Una procedura che ieri il vaticanista John Allen jr difendeva dalle pagine del New York Times, perché più rapida ed efficace di un processo interno.
UNA DONNA INDAGHERÀ SUI PRETI
Allen non è il solo a difendere Ratzinger, diverse analisi ed editoriali sulla stampa internazionale sottolineano il paradosso che a finire sotto accusa sia proprio un Papa che più di altri si è battuto contro i peccati della Chiesa. È di ieri la notizia di un sacerdote tedesco «immediatamente» ridotto allo stato laicale per un reato sessuale. Ma ci si chiede quanti abbiano affrontato lo stesso rigore del prete di Osnabrueck e soprattutto se questa severità non sia figlia anche di quel «chiacchiericcio» della stampa.
Sarà per questo che la Svizzera chiede liste nere secondo la Sonntags Zeitung la conferenza episcopale elvetica ne parlerà alla prima seduta il prossimo 31 maggio, mentre ha ordinato 5000 manifesti per migliorare un’immagine logorata dagli scandali. Sarà anche per questo che in Austria il cardinale Schoenborn ha annunciato una commissione d’inchiesta laica, che non comprenderà membri del clero. A presiederla una donna, l’ex governatrice della Stiria Waltraus Klasnic.