l’Unità 10.4.10
Perizia a pagamento
Ecco come Sacred Path ha cercato di «ripulirsi»
Agli atti del processo un documento che dimostra come i seguaci di «Arkeon» nel 2006 hanno pagato 30mila euro per uno studio sulla propria associazione con lo scopo di dimostrarsi virtuosi al Centro internazionale studi sulla famiglia
di Giovanni Maria Bellu
Trentamila euro. Era la fine di dicembre del 2006. E i seguaci del “metodo Arkeon” decisero di investire la bella cifra per pagare uno studio su “Sacred path” la loro associazione al “Centro internazionale studi sulla famiglia”, il prestigioso istituto di ricerca cattolico dei padri paolini. Un tentativo estremo di riaccreditarsi come organizzazione virtuosa e riconosciuta dalla chiesa quando era già in pieno svolgimento l’inchiesta per associazione a delinquere, truffa, maltrattamenti di minori. I reati dei quali sono accusati il capo di "Sacred path", Vito Carlo Moccia e altri undici imputati nel processo in corso davanti al tribunale di Bari.
L’investimento degli arkeoniani per questo studio su se stessi risulta da un documento agli atti del processo ed è confermato dal fatto che davvero il Cisf, tra il dicembre del 2006 e il febbraio del 2007, condusse un’indagine su “alcuni aspetti dell’esperienza Arkeon”. Elaborò anche un “rapporto finale” cautamente favorevole all’associazione. Si tratta di dieci paginette precedute da un avvertimento che suona come un mettere le mani avanti: «Tutto il materiale è stato fornito da Arkeon o è stato realizzato con il suo supporto tecnico. La disponibilità e l’apertura totale dimostrate da tutte le persone di Arkeon implicate nella ricerca sono state pronte e totali, ed hanno consentito un lavoro rapido e, a noi pare, proficuo». Segue un’esposizione fredda del materiale esaminato e di quanto i ricercatori hanno potuto ricavare dalla partecipazione a due dei “seminari” per i discepoli del “primo livello”. La parte più rilevante (e forse l'unica ragione che spinse “Sacred path” a spendere trentamila euro) è nelle ultime righe. Si danno delle indicazioni su come andare avanti nel “lavoro di revisione”. In definitiva si riapre un credito condizionato. È stata poi la magistratura a impedirne l’utilizzo.
Il rapporto del Cisf conferma che l’associazione di Vito Carlo Moccia ha continuato ad avere protezioni importanti e autorevoli anche quando erano emerse pubblicamente notizie molto gravi. Come se, per i suoi sponsor all’interno della Chiesa, fosse impossibile un distacco netto e definitivo.
Nella lettera che pubblichiamo in questa pagina, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, conferma integralmente le notizie che abbiamo riportato. Anche il fatto di aver ricevuto la segnalazione di “specifiche tragedie familiari” prodotte dal metodo Arkeon e di averle segnalate a Moccia, cioè al presunto responsabile delle menzionate tragedie. Aggiunge, padre Cantalamessa, di non essersi mai interessato «di quel che accadeva nell’Associazione e intorno all' Associazione». Purtroppo ancora una volta i documenti lo smentiscono.
È una storia e delicata e complicata, converrà ancora una volta andare con ordine.
E prima di tutto bisogna dire che padre Cantalamessa non è l’unico uomo di Chiesa ad aver sostenuto “Sacred path”. Ce n’è almeno un altro. Si chiama Angelo De Simone ed è un sacerdote paolino oltre che un teologo. Fu lui, nel 2004, il primo a dare risalto al metodo Arkeon con un articolo nel quale Vito Carlo Moccia, che tra l’altro è anche accusato di esercizio abusivo della professione, veniva presentato come un genio pluridisciplinare universalmente conosciuto e stimato. Eccone un passo. «Un tempo Vito Carlo era imprenditore nel campo della bioingegneria, realizzato economicamente e riconosciuto nel mondo. Anni fa anch’egli scendeva nel “proprio inferno” prendendo coscienza della solitudine esistenziale che lo investiva. Andò alla ricerca di risposte nelle vie intellettuali, si laureò in antropologia e psicologia, cercò nei percorsi psicanalitici e psicoterapeutici, nelle tradizioni orientali, nella pratica della meditazione, fino a scoprire la via del ritorno al padre».
Un identikit che stride in modo sinistro con quanto si legge nel decreto di rinvio a giudizio: «Il Moccia si presentava come laureato alla Jolla University di San Diego e laureato in psicologia e pedagogia presso l’università statale di Fiume, titoli inesistenti e comunque non validi in Italia».
Don Angelo De Simone partecipava ai sinistri rituali dell’associazione. Celebrava gli strani matrimoni che servivano a sancire la riconciliazione di coppie peraltro già sposate, predicava tra icone di Gesù Cristo e foto di Vito Carlo Moccia. Esiste in merito un’abbondantissima, e francamente penosa, documentazione di video e di foto che lo prova.
Era, don De Simone, molto vicino a “Sacred path”. E quando apparve accanto al capo supremo in una puntata di “Mi manda Rai 3” del dicembre del 2006, i telespettatori, e anche il conduttore, ebbero la netta impressione che ne facesse parte. Per la veemenza con cui ne sosteneva le improbabili ragioni.
Ma era anche molto legato a padre Cantalamessa. Assieme celebrarono, il 20 gennaio del 2006 (cioè dopo che Canale 5, con Maurizio Costanzo, aveva per la prima volta segnalato la pericolosità del metodo Arkeon) una messa nella chiesa milanese di S. Eustorgio (altra circostanza che padre Cantalamessa conferma nella sua lettera e che noi documentiamo con una nuova immagine dove è possibile riconoscere, accanto a Moccia e al predicatore apostolico che si abbracciano, il teologo paolino di Arkeon).
Insomma, è davvero difficile fare stare assieme questo «non interessamento» verso ciò che accadeva «nell’Associazione e intorno all’Associazione», con la frequentazione di don De Simone. A meno che questi non abbia nascosto qualcosa. Chissà, Di sicuro, dai documenti, emerge che padre Cantalamessa era informato proprio da don De Simone dell’attività di Moccia e dei suoi seguaci. Ecco cosa scrisse (il 24 marzo del 2006) nella lettera di risposta a un signore che gli aveva segnalato una di quelle «specifiche tragedie familiari» di cui ora riconosce di aver avuto notizia: «Un sacerdote che li segue da tempo, don Angelo De Simone, paolino, che può contattare se vuole (seguiva il numero di cellulare, nda) può testimoniare di quanti battesimi, prime comunioni e confessioni ha personalmente amministrato nel contesto dei seminari guidati da Vito».
Perizia a pagamento
Ecco come Sacred Path ha cercato di «ripulirsi»
Agli atti del processo un documento che dimostra come i seguaci di «Arkeon» nel 2006 hanno pagato 30mila euro per uno studio sulla propria associazione con lo scopo di dimostrarsi virtuosi al Centro internazionale studi sulla famiglia
di Giovanni Maria Bellu
Trentamila euro. Era la fine di dicembre del 2006. E i seguaci del “metodo Arkeon” decisero di investire la bella cifra per pagare uno studio su “Sacred path” la loro associazione al “Centro internazionale studi sulla famiglia”, il prestigioso istituto di ricerca cattolico dei padri paolini. Un tentativo estremo di riaccreditarsi come organizzazione virtuosa e riconosciuta dalla chiesa quando era già in pieno svolgimento l’inchiesta per associazione a delinquere, truffa, maltrattamenti di minori. I reati dei quali sono accusati il capo di "Sacred path", Vito Carlo Moccia e altri undici imputati nel processo in corso davanti al tribunale di Bari.
L’investimento degli arkeoniani per questo studio su se stessi risulta da un documento agli atti del processo ed è confermato dal fatto che davvero il Cisf, tra il dicembre del 2006 e il febbraio del 2007, condusse un’indagine su “alcuni aspetti dell’esperienza Arkeon”. Elaborò anche un “rapporto finale” cautamente favorevole all’associazione. Si tratta di dieci paginette precedute da un avvertimento che suona come un mettere le mani avanti: «Tutto il materiale è stato fornito da Arkeon o è stato realizzato con il suo supporto tecnico. La disponibilità e l’apertura totale dimostrate da tutte le persone di Arkeon implicate nella ricerca sono state pronte e totali, ed hanno consentito un lavoro rapido e, a noi pare, proficuo». Segue un’esposizione fredda del materiale esaminato e di quanto i ricercatori hanno potuto ricavare dalla partecipazione a due dei “seminari” per i discepoli del “primo livello”. La parte più rilevante (e forse l'unica ragione che spinse “Sacred path” a spendere trentamila euro) è nelle ultime righe. Si danno delle indicazioni su come andare avanti nel “lavoro di revisione”. In definitiva si riapre un credito condizionato. È stata poi la magistratura a impedirne l’utilizzo.
Il rapporto del Cisf conferma che l’associazione di Vito Carlo Moccia ha continuato ad avere protezioni importanti e autorevoli anche quando erano emerse pubblicamente notizie molto gravi. Come se, per i suoi sponsor all’interno della Chiesa, fosse impossibile un distacco netto e definitivo.
Nella lettera che pubblichiamo in questa pagina, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, conferma integralmente le notizie che abbiamo riportato. Anche il fatto di aver ricevuto la segnalazione di “specifiche tragedie familiari” prodotte dal metodo Arkeon e di averle segnalate a Moccia, cioè al presunto responsabile delle menzionate tragedie. Aggiunge, padre Cantalamessa, di non essersi mai interessato «di quel che accadeva nell’Associazione e intorno all' Associazione». Purtroppo ancora una volta i documenti lo smentiscono.
È una storia e delicata e complicata, converrà ancora una volta andare con ordine.
E prima di tutto bisogna dire che padre Cantalamessa non è l’unico uomo di Chiesa ad aver sostenuto “Sacred path”. Ce n’è almeno un altro. Si chiama Angelo De Simone ed è un sacerdote paolino oltre che un teologo. Fu lui, nel 2004, il primo a dare risalto al metodo Arkeon con un articolo nel quale Vito Carlo Moccia, che tra l’altro è anche accusato di esercizio abusivo della professione, veniva presentato come un genio pluridisciplinare universalmente conosciuto e stimato. Eccone un passo. «Un tempo Vito Carlo era imprenditore nel campo della bioingegneria, realizzato economicamente e riconosciuto nel mondo. Anni fa anch’egli scendeva nel “proprio inferno” prendendo coscienza della solitudine esistenziale che lo investiva. Andò alla ricerca di risposte nelle vie intellettuali, si laureò in antropologia e psicologia, cercò nei percorsi psicanalitici e psicoterapeutici, nelle tradizioni orientali, nella pratica della meditazione, fino a scoprire la via del ritorno al padre».
Un identikit che stride in modo sinistro con quanto si legge nel decreto di rinvio a giudizio: «Il Moccia si presentava come laureato alla Jolla University di San Diego e laureato in psicologia e pedagogia presso l’università statale di Fiume, titoli inesistenti e comunque non validi in Italia».
Don Angelo De Simone partecipava ai sinistri rituali dell’associazione. Celebrava gli strani matrimoni che servivano a sancire la riconciliazione di coppie peraltro già sposate, predicava tra icone di Gesù Cristo e foto di Vito Carlo Moccia. Esiste in merito un’abbondantissima, e francamente penosa, documentazione di video e di foto che lo prova.
Era, don De Simone, molto vicino a “Sacred path”. E quando apparve accanto al capo supremo in una puntata di “Mi manda Rai 3” del dicembre del 2006, i telespettatori, e anche il conduttore, ebbero la netta impressione che ne facesse parte. Per la veemenza con cui ne sosteneva le improbabili ragioni.
Ma era anche molto legato a padre Cantalamessa. Assieme celebrarono, il 20 gennaio del 2006 (cioè dopo che Canale 5, con Maurizio Costanzo, aveva per la prima volta segnalato la pericolosità del metodo Arkeon) una messa nella chiesa milanese di S. Eustorgio (altra circostanza che padre Cantalamessa conferma nella sua lettera e che noi documentiamo con una nuova immagine dove è possibile riconoscere, accanto a Moccia e al predicatore apostolico che si abbracciano, il teologo paolino di Arkeon).
Insomma, è davvero difficile fare stare assieme questo «non interessamento» verso ciò che accadeva «nell’Associazione e intorno all’Associazione», con la frequentazione di don De Simone. A meno che questi non abbia nascosto qualcosa. Chissà, Di sicuro, dai documenti, emerge che padre Cantalamessa era informato proprio da don De Simone dell’attività di Moccia e dei suoi seguaci. Ecco cosa scrisse (il 24 marzo del 2006) nella lettera di risposta a un signore che gli aveva segnalato una di quelle «specifiche tragedie familiari» di cui ora riconosce di aver avuto notizia: «Un sacerdote che li segue da tempo, don Angelo De Simone, paolino, che può contattare se vuole (seguiva il numero di cellulare, nda) può testimoniare di quanti battesimi, prime comunioni e confessioni ha personalmente amministrato nel contesto dei seminari guidati da Vito».