il Fatto 29.4.10
Flamigni: “Aborti in ritardo? Anche colpa degli obiettori”
di Silvia D’Onghia
È stato commesso un errore, non si pratica un’interruzione di gravidanza alla ventiduesima settimana. Esiste il rischio che il feto sopravviva”. Il professor Carlo Flamigni, ginecologo, membro del Comitato nazionale per la Bioetica, ultimamente autore di piccoli libri di divulgazione sulla Ru486 e sulla pillola del giorno dopo (in uscita domani), è categorico su quanto accaduto tra domenica e martedì in Calabria: un aborto terapeutico su un feto affetto da una grave malformazione, feto sopravvissuto per quasi un giorno intero. Una storia per la quale la Procura di Rossano Calabro ha iscritto martedì nel registro degli indagati alcune persone. Ipotesi di reato, omicidio volontario. E ieri il deputato Pdl Aldo Di Biagio ha presentato un’interrogazione al ministro della Salute Ferruccio Fazio, nella quale si chiede se si ritiene “opportuno avviare un percorso di analisi della situazione di gap normativo” della normativa e se meglio “definire le procedure di intervento e di monitoraggio medico nonché le responsabilità dei medici chiamati a eseguire un aborto terapeutico”. In realtà, secondo i ginecologi non obiettori, il testo è già molto chiaro. La legge 194, che consente l’interruzione quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o quando siano accertati processi patologici che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, non stabilisce però un limite temporale. Di solito non si va oltre la ventiduesima settimana: “A quell’età, di norma, il feto non ha ancora costruito gli alveoli polmonari – spiega Flamigni – quindi la sopravvivenza è tecnicamente impossibile. Ma, poiché la biologia riserva sorprese, esistono rarissimi casi in cui gli alveoli sono già formati. Per questo alla ventiduesima settimana non si dovrebbe interrompere la gravidanza per un principio di precauzione. E’ possibile fare prima tutte le indagini necessarie ad escludere malformazioni, e quindi intervenire prima”.
Il problema, però, potrebbe essere esattamente questo: “Non conosco lo specifico caso della donna di Rossano Calabro – continua il professore – ma in Italia sempre più spesso le donne sono costrette a ‘combattere’ con i ginecologi obiettori, la cui percentuale è aumentata a dismisura. E’ sempre più difficile riuscire ad interrompere una gravidanza, tanto che molte donne vanno all’estero. Se questo è accaduto anche a Rossano, tutti quei medici devono sentirsi responsabili”.
Ma come può essere accaduto che un feto, nato vivo, sia stato lasciato in un contenitore per tante ore senza alcuna assistenza? “Non se ne sarà accorto nessuno – replica Flamigni – altrimenti non gli avrebbero messo un lenzuolo sul viso. Il feto potrebbe non aver mostrato subito segnali di vita. A volte sono modificazioni climatiche, o stimoli di varia natura, a scaturire parvenze di vitalità”. L’indagine della Procura di Rossano servirà a stabilire proprio se quel feto è stato lasciato morire o se realmente i medici non se ne sono accorti.
Il professore però non accetta i processi mediatici nei confronti della 194 e dei ginecologi che ancora la mettono in pratica. Martedì in un editoriale l’Avvenire parlava di “pratica eugenetica che non è consentita dalla legge, ma che purtroppo pare essere la realtà della stragrande maggioranza degli aborti tardivi”. “Il fatto che un’azienda vescovile faccia un comunicato così forte contro la cultura della morte a me fa orrore – contrattacca Flamigni – pensino prima alla cultura della pedofilia che hanno coperto fino a ieri”.
Il clima, per i medici non obiettori, è diventato molto pesante: l’invadenza del Vaticano nelle scelte politiche – non ultime le prese di posizione dei neogovernatori di Pdl e Lega sulla Ru486 – rischia di far tornare indietro l’Italia di decenni. L’impressione è che da un momento all’altro si voglia mettere in discussione seriamente la 194. “E’ come se le donne, negli ultimi anni, si fossero un po’ addormentate – conclude Flamigni – e invece proprio le donne dovrebbero capire che i loro diritti sono messi in discussione. La 194 è ancora una buona legge, bisognerebbe solo modificare alcune definizioni. Fu pensata per durare nel tempo, a differenza della 40 (quella sulla fecondazione assistita, ndr), fatta per essere distrutta”.
Flamigni: “Aborti in ritardo? Anche colpa degli obiettori”
di Silvia D’Onghia
È stato commesso un errore, non si pratica un’interruzione di gravidanza alla ventiduesima settimana. Esiste il rischio che il feto sopravviva”. Il professor Carlo Flamigni, ginecologo, membro del Comitato nazionale per la Bioetica, ultimamente autore di piccoli libri di divulgazione sulla Ru486 e sulla pillola del giorno dopo (in uscita domani), è categorico su quanto accaduto tra domenica e martedì in Calabria: un aborto terapeutico su un feto affetto da una grave malformazione, feto sopravvissuto per quasi un giorno intero. Una storia per la quale la Procura di Rossano Calabro ha iscritto martedì nel registro degli indagati alcune persone. Ipotesi di reato, omicidio volontario. E ieri il deputato Pdl Aldo Di Biagio ha presentato un’interrogazione al ministro della Salute Ferruccio Fazio, nella quale si chiede se si ritiene “opportuno avviare un percorso di analisi della situazione di gap normativo” della normativa e se meglio “definire le procedure di intervento e di monitoraggio medico nonché le responsabilità dei medici chiamati a eseguire un aborto terapeutico”. In realtà, secondo i ginecologi non obiettori, il testo è già molto chiaro. La legge 194, che consente l’interruzione quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o quando siano accertati processi patologici che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, non stabilisce però un limite temporale. Di solito non si va oltre la ventiduesima settimana: “A quell’età, di norma, il feto non ha ancora costruito gli alveoli polmonari – spiega Flamigni – quindi la sopravvivenza è tecnicamente impossibile. Ma, poiché la biologia riserva sorprese, esistono rarissimi casi in cui gli alveoli sono già formati. Per questo alla ventiduesima settimana non si dovrebbe interrompere la gravidanza per un principio di precauzione. E’ possibile fare prima tutte le indagini necessarie ad escludere malformazioni, e quindi intervenire prima”.
Il problema, però, potrebbe essere esattamente questo: “Non conosco lo specifico caso della donna di Rossano Calabro – continua il professore – ma in Italia sempre più spesso le donne sono costrette a ‘combattere’ con i ginecologi obiettori, la cui percentuale è aumentata a dismisura. E’ sempre più difficile riuscire ad interrompere una gravidanza, tanto che molte donne vanno all’estero. Se questo è accaduto anche a Rossano, tutti quei medici devono sentirsi responsabili”.
Ma come può essere accaduto che un feto, nato vivo, sia stato lasciato in un contenitore per tante ore senza alcuna assistenza? “Non se ne sarà accorto nessuno – replica Flamigni – altrimenti non gli avrebbero messo un lenzuolo sul viso. Il feto potrebbe non aver mostrato subito segnali di vita. A volte sono modificazioni climatiche, o stimoli di varia natura, a scaturire parvenze di vitalità”. L’indagine della Procura di Rossano servirà a stabilire proprio se quel feto è stato lasciato morire o se realmente i medici non se ne sono accorti.
Il professore però non accetta i processi mediatici nei confronti della 194 e dei ginecologi che ancora la mettono in pratica. Martedì in un editoriale l’Avvenire parlava di “pratica eugenetica che non è consentita dalla legge, ma che purtroppo pare essere la realtà della stragrande maggioranza degli aborti tardivi”. “Il fatto che un’azienda vescovile faccia un comunicato così forte contro la cultura della morte a me fa orrore – contrattacca Flamigni – pensino prima alla cultura della pedofilia che hanno coperto fino a ieri”.
Il clima, per i medici non obiettori, è diventato molto pesante: l’invadenza del Vaticano nelle scelte politiche – non ultime le prese di posizione dei neogovernatori di Pdl e Lega sulla Ru486 – rischia di far tornare indietro l’Italia di decenni. L’impressione è che da un momento all’altro si voglia mettere in discussione seriamente la 194. “E’ come se le donne, negli ultimi anni, si fossero un po’ addormentate – conclude Flamigni – e invece proprio le donne dovrebbero capire che i loro diritti sono messi in discussione. La 194 è ancora una buona legge, bisognerebbe solo modificare alcune definizioni. Fu pensata per durare nel tempo, a differenza della 40 (quella sulla fecondazione assistita, ndr), fatta per essere distrutta”.