il Fatto 24.4.10
La mappa dei condannati di San Pietro
Dalle dimissioni alla cacciata, tutti gli uomini di chiesa che hanno pagato per gli abusi
di Andrea Gagliarducci
N on è possibile tracciare una mappa attendibile e precisa di quanti sono i sacerdoti che hanno effettivamente pagato per i aver effettuato o coperto i casi di pedofilia. L’unico modo è intrecciare articoli di giornale, archivi diocesani, sentenze di processi. E anche lì, qualcosa resta oscuro: che fine fanno i sacerdoti curati, dimessi dall’incarico o addirittura dimessi dallo stato laicale? A quel
punto, è molto difficile seguirne le tracce.
SACERDOTI COSTRETTI ALLE DIMISSIONI Il caso principe è quello di Francis Law, arcivescovo di Boston, che oggi è
arciprete a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Travolto dallo scandalo (che dimostrò come il cardinale americano avesse coperto centinaia di casi di abusi, al limite trasferendo il sacerdote in un’altra diocesi), Law fu praticamente costretto a dare le dimissioni. Così come l’arcivescovo di Vienna Hermann Groer: accusato di molestie, è costretto a dimettersi nel 2005, ma solo tre anni dopo viene allontanato dalla diocesi di Vienna. Contro di lui, come contro Law, non si aprirà mai un processo canonico.
E sarebbero stati oltre 100 i sacerdoti costretti alle dimissioni negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2003, dopo che era scoppiato lo scandalo pedofilia. La notizia venne riportata dal New York Times, ma è probabilmente parziale: l’inchiesta riguardava solo una quarantina di diocesi negli Usa, mentre in totale sono 194, quasi cinque volte in più di quelle prese in considerazione dal Nyt.
Ci sono anche casi di battaglie portate avanti direttamente dai vescovi: quello di Pittsburgh, Donald Wuerl, ne imbastì una contro Anthony Cipolla, sacerdote pedofilo: il vescovo lo sospese nell'88, il Vaticano lo ripristinò, e soltanto nel '95, dopo il ricorso di Wuerl, ne avallò la sospensione.
SACERDOTI CHE SI SONO DIMESSI PER LORO VOLONTÀ James Moriarty è il terzo vescovo d’Irlanda ad essersi dimesso spontaneamente dopo che erano state chiarite le sue responsabilità nel commettere abusi. Prima di lui, John Magee, vescovo di Cloyne, segretario di tre Papi, aveva per più di un anno usufruito di una strana soluzione: non amministrava la sua diocesi, ma ne era comunque il vescovo. Anche lui si è dimesso. E prima ancora si è dimesso Donal Murray, vescovo di Limerick. Fa parte dell’operazione purificazione voluta da Ratzinger il fatto che i vescovi si prendano le loro responsabilità. Non è sempre stato così: un’inchiesta del Dallas Morning Views, che ha monitorato un campione di 109 vescovi, ha stabilito che solo 11 si sono dimessi, mentre sono 41 quelli che sono semplicemente andati in pensione. Pochi di meno (39) stanno ancora gestendo la stessa diocesi.
DIMISSIONI ALLO STATO LAICALE È la massima punizione prevista dalla Chiesa. Un calcolo approssimativo stabilisce che – tra il 2001 e il 2010 – sono stati 600 i sacerdoti dimessi allo stato laicale, metà per decreto papale e metà per loro richiesta personale. È,
quest’ultimo, il caso di Stephen Kiesle, che – dopo aver passato tre anni in libertà vigilata per molestie a minori – nel 1985 chiese alla Congregazione della Dottrina della Fede (allora guidata da Ratzinger) le dimissioni allo stato laicale. Una richiesta sostenuta dalla diocesi. Dovette aspettare di compiere quarant’anni perché gli fosse concessa, secondo una consuetudine interna vaticana. Interessante notare come più della metà (325) dei sacerdoti accusati dimessi allo stato laicale siano statunitensi. L’ultimo caso di laicizzazione per abusi è quello di Dale J. Fushek, nella diocesi di Phoenix: il decreto è stato reso noto il 16 febbraio 2010. Si è trattata di una decisione – si legge nel comunicato della diocesi – presa direttamente da Papa Benedetto XVI.
PROCESSO CIVILE Ancora più difficile stabilire quanti casi di sacerdoti pedofili vadano effettivamente a processo. Le organizzazioni di vittime statunitensi (le più precise) hanno riferito di 37 casi arrivati a un processo civile: l’ultimo (marzo 2009) è quello a monsignor Herdigan, di Fresno (California). Il processo ha visto salire sul banco dei testimoni anche Mahony, ex vescovo di Los Angeles.
La mappa dei condannati di San Pietro
Dalle dimissioni alla cacciata, tutti gli uomini di chiesa che hanno pagato per gli abusi
di Andrea Gagliarducci
N on è possibile tracciare una mappa attendibile e precisa di quanti sono i sacerdoti che hanno effettivamente pagato per i aver effettuato o coperto i casi di pedofilia. L’unico modo è intrecciare articoli di giornale, archivi diocesani, sentenze di processi. E anche lì, qualcosa resta oscuro: che fine fanno i sacerdoti curati, dimessi dall’incarico o addirittura dimessi dallo stato laicale? A quel
punto, è molto difficile seguirne le tracce.
SACERDOTI COSTRETTI ALLE DIMISSIONI Il caso principe è quello di Francis Law, arcivescovo di Boston, che oggi è
arciprete a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Travolto dallo scandalo (che dimostrò come il cardinale americano avesse coperto centinaia di casi di abusi, al limite trasferendo il sacerdote in un’altra diocesi), Law fu praticamente costretto a dare le dimissioni. Così come l’arcivescovo di Vienna Hermann Groer: accusato di molestie, è costretto a dimettersi nel 2005, ma solo tre anni dopo viene allontanato dalla diocesi di Vienna. Contro di lui, come contro Law, non si aprirà mai un processo canonico.
E sarebbero stati oltre 100 i sacerdoti costretti alle dimissioni negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2003, dopo che era scoppiato lo scandalo pedofilia. La notizia venne riportata dal New York Times, ma è probabilmente parziale: l’inchiesta riguardava solo una quarantina di diocesi negli Usa, mentre in totale sono 194, quasi cinque volte in più di quelle prese in considerazione dal Nyt.
Ci sono anche casi di battaglie portate avanti direttamente dai vescovi: quello di Pittsburgh, Donald Wuerl, ne imbastì una contro Anthony Cipolla, sacerdote pedofilo: il vescovo lo sospese nell'88, il Vaticano lo ripristinò, e soltanto nel '95, dopo il ricorso di Wuerl, ne avallò la sospensione.
SACERDOTI CHE SI SONO DIMESSI PER LORO VOLONTÀ James Moriarty è il terzo vescovo d’Irlanda ad essersi dimesso spontaneamente dopo che erano state chiarite le sue responsabilità nel commettere abusi. Prima di lui, John Magee, vescovo di Cloyne, segretario di tre Papi, aveva per più di un anno usufruito di una strana soluzione: non amministrava la sua diocesi, ma ne era comunque il vescovo. Anche lui si è dimesso. E prima ancora si è dimesso Donal Murray, vescovo di Limerick. Fa parte dell’operazione purificazione voluta da Ratzinger il fatto che i vescovi si prendano le loro responsabilità. Non è sempre stato così: un’inchiesta del Dallas Morning Views, che ha monitorato un campione di 109 vescovi, ha stabilito che solo 11 si sono dimessi, mentre sono 41 quelli che sono semplicemente andati in pensione. Pochi di meno (39) stanno ancora gestendo la stessa diocesi.
DIMISSIONI ALLO STATO LAICALE È la massima punizione prevista dalla Chiesa. Un calcolo approssimativo stabilisce che – tra il 2001 e il 2010 – sono stati 600 i sacerdoti dimessi allo stato laicale, metà per decreto papale e metà per loro richiesta personale. È,
quest’ultimo, il caso di Stephen Kiesle, che – dopo aver passato tre anni in libertà vigilata per molestie a minori – nel 1985 chiese alla Congregazione della Dottrina della Fede (allora guidata da Ratzinger) le dimissioni allo stato laicale. Una richiesta sostenuta dalla diocesi. Dovette aspettare di compiere quarant’anni perché gli fosse concessa, secondo una consuetudine interna vaticana. Interessante notare come più della metà (325) dei sacerdoti accusati dimessi allo stato laicale siano statunitensi. L’ultimo caso di laicizzazione per abusi è quello di Dale J. Fushek, nella diocesi di Phoenix: il decreto è stato reso noto il 16 febbraio 2010. Si è trattata di una decisione – si legge nel comunicato della diocesi – presa direttamente da Papa Benedetto XVI.
PROCESSO CIVILE Ancora più difficile stabilire quanti casi di sacerdoti pedofili vadano effettivamente a processo. Le organizzazioni di vittime statunitensi (le più precise) hanno riferito di 37 casi arrivati a un processo civile: l’ultimo (marzo 2009) è quello a monsignor Herdigan, di Fresno (California). Il processo ha visto salire sul banco dei testimoni anche Mahony, ex vescovo di Los Angeles.