il Fatto 9.4.10
La legge 194 è legge, ma quasi nessuno la applica
di Chiara Paolin
Nel 2005 il 59% dei ginecologi non praticava l’aborto: secondo il ministero per la Salute la media nazionale supera oggi il 70%. Il che significa che, fuori dalle grandi città, si arriva al 100%, con l’onere di vagare da una struttura all’altra alla ricerca di un centro in grado di applicare la legge italiana. Si supera l’85% in Sicilia, Campania e Basilicata, il 90% a Bolzano, l’86% nel Lazio, solo a Trento e in Toscana si sta sul 30%. Mauro Buscaglia, primario al San Carlo di Milano, spiega che spesso i medici diventano obiettori per carriera: “Chi accetta di fare interruzioni di gravidanza rischia di essere penalizzato nella professione. Così in molti rinunciano, almeno dentro l’ospedale”. In Lombardia l’obiezione supera il 70% e regala casi clamorosi. Come quello di Leandro Aletti: sospeso dal servizio nel 1987, quando lavorava alla clinica Mangiagalli di Milano, e denunciato all'Ordine dei Medici nonché condannato per aver reso pubblico il nome di una donna a cui era stato praticato un aborto terapeutico, è stato promosso primario nell’ospedale di Melzo. Qualche mese fa ha urlato ‘assassine’ a tre donne che compilavano i moduli per l'interruzione. A Milano l'Ordine non può giudicarlo: è un consigliere.
La legge 194 è legge, ma quasi nessuno la applica
di Chiara Paolin
Nel 2005 il 59% dei ginecologi non praticava l’aborto: secondo il ministero per la Salute la media nazionale supera oggi il 70%. Il che significa che, fuori dalle grandi città, si arriva al 100%, con l’onere di vagare da una struttura all’altra alla ricerca di un centro in grado di applicare la legge italiana. Si supera l’85% in Sicilia, Campania e Basilicata, il 90% a Bolzano, l’86% nel Lazio, solo a Trento e in Toscana si sta sul 30%. Mauro Buscaglia, primario al San Carlo di Milano, spiega che spesso i medici diventano obiettori per carriera: “Chi accetta di fare interruzioni di gravidanza rischia di essere penalizzato nella professione. Così in molti rinunciano, almeno dentro l’ospedale”. In Lombardia l’obiezione supera il 70% e regala casi clamorosi. Come quello di Leandro Aletti: sospeso dal servizio nel 1987, quando lavorava alla clinica Mangiagalli di Milano, e denunciato all'Ordine dei Medici nonché condannato per aver reso pubblico il nome di una donna a cui era stato praticato un aborto terapeutico, è stato promosso primario nell’ospedale di Melzo. Qualche mese fa ha urlato ‘assassine’ a tre donne che compilavano i moduli per l'interruzione. A Milano l'Ordine non può giudicarlo: è un consigliere.