La Rai "laicista" che turba i sonni dei cardinali
La Stampa del 25 marzo 2009, pag. 11
Giacomo Galeazzi
Malcontento della Santa Sede per la Rai affidata al ticket laico Garimberti-Masi che ieri ha ricevuto il «via libera» del premier Berlusconi (oggi è prevista l’investitura formale all’assemblea dei soci e giovedì quella della commissione di Vigilanza). Dopo le rassicurazioni di Palazzo Chigi su una presidenza e una direzione generale «attente alla sensibilità cattolica», la fumata bianca a viale Mazzini ha provocato stupore e insoddisfazione in Curia, dove si era puntato tutto su una «figura di garanzia» come Lorenza Lei, ex responsabile di Rai Giubileo da tempo in lizza per la direzione o la vice con deleghe «pesanti». Secondo quanto si apprende in Vaticano, nei contatti intercorsi fino a pochi giorni fa il governo aveva garantito nei Sacri Palazzi che dal confronto con l’opposizione sarebbero usciti candidati (come Enzo Cheli, Pier Luigi Celli, Marcello Sorgi) verso i quali non erano stati mossi da Oltretevere rilievi critici. Se ne sarebbe parlato anche due settimane fa, in via riservata e fuori dall’ufficialità del protocollo, in una cena a Villa Giorgina Levi, sede della nunziatura apostolica in Italia. In quella e in altre occasioni, alla sollecitudine manifestata da esponenti vaticani di primo piano per una televisione centrata sui «valori non negoziabili» hanno fatto riscontro le garanzie dell’esecutivo riguardo «un gruppo dirigente della Rai vicino alle istanze del mondo cattolico». Poi lunedì, a poche ore dalla conclusione del viaggio papale in Africa e mentre il presidente della Cei Angelo Bagnasco lamentava l’attacco dei mass media al Pontefice «irriso e offeso», è arrivata la sgradita sorpresa sulla Rai. Da tempo nei Sacri Palazzi la «piega laicista» del servizio pubblico veniva paventata e tenuta d’occhio nel momento di transizione delle nomine e si caldeggiava velatamente che la scelta cadesse su figure di segno diverso da quelle poi effettivamente emerse. In Vaticano, per valorizzazione della funzione formativa della tv pubblica si intendono nomi diversi da quelli - viene fatto notare - che ieri sono stati lungamente lodati nelle trasmissioni di Radio Radicale. E non è sfuggito Oltretevere il recente affondo anti-Vaticano del laicissimo editorialista Paolo Garimberti, di antiche simpatie repubblicane, nella sua rubrica sul «Venerdì di Repubblica».
Il presidente «in pectore» della Rai, il 20 febbraio, ha stigmatizzato «la mancata diretta sui canali generalisti di tutta la cerimonia del giuramento di Obama». Con una domanda che ora suona quasi come un proclama di battaglia e una sterzata laica all’azienda di viale Mazzini: «Perché per i funerali di Giovanni Paolo II si fa la diretta e per il giuramento di Obama no? Forse perché il Vaticano fa i palinsesti della nostra tv pubblica (e della sua informazione) e la Casa Bianca no?». Diversamente, invece, la pensa il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli che loda il lavoro fatto da Letta e Franceschini, sostenendo che «la politica esce rinfrancata nei suoi doveri e nella qualità».
Di fatto, però, il Vaticano non ci sta ritenendo la salvaguardia dei principi cattolici nella comunicazione una priorità per la Santa Sede, e specialmente in un momento così delicato («alla distorsione delle parole del porporato si accompagnano le strumentalizzazioni fatte delle parole del Papa», condanna il giornale vaticano) la funzione della Rai diventa centrale per la Chiesa. Contemporaneamente all’altolà dell’Osservatore, al Sir, il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, lancia l’allarme per l’«emergenza educativa» di fronte alla quale la Chiesa deve «modificare il clima culturale», ma «senza lasciare ad altri la bandiera, e soprattutto la sostanza, della libertà». In tutto ciò l’importanza della Rai è fondamentale. «La televisione di Stato ha un ruolo particolare nella tutela del patrimonio di valori cristiani dell’Italia e non è indifferente se a guidarla siano personalità esterne a questa sensibilità», evidenzia don Franco Lever, decano della Facoltà di scienze della comunicazione sociale della Pontificia Università Salesiana. Rincara la dose il teologo Gianni Gennari, rubrichista storico di «Avvenire», il quotidiano della Cei: «In Italia la principale centrale culturale è controllata dai partiti e quindi la Chiesa non riesce a difendere nomi ad essa vicina. Ora c’è da temere l’estensione sul resto dei palinsesti di programmi a senso unico come quelli di Fazio e Augias. In Rai il presidente è come il leone della “Fattoria degli animali” di Orwell. Regna ma non governa. Il problema è la direzione generale, lì è il potere vero».
Voci? Chissà, ma di certo in questi giorni di trattative sulla Rai, anche un filo d’aria può somigliare ad un tifone. E così, nella «sfida» tra tv anche Sky si fa avanti in cerca di pezzi pregiati. E tra questi ce ne sono almeno due: Giovanni Minoli, direttore di Raieducazione, «papà» di Mixer ed ideatore della “Storia siamo noi”, e Carlo Freccero, direttore di Raisat e, soprattutto, specialista e sperimentatori di format televisivi nuovi, capaci di attrarre pubblico, e perché no, anche abbonati. Insomma, Sky si fa avanti e dopo numerosi artisti assoldati: da Fiorello a Panariello, passando per Lorella Cuccarini ora mette gli occhi sui gioielli della tv pubblica per qualificare ancor più e meglio il prodotto della tv generalista. Certo, per ora, assicurano, non sembra ci sia nulla di definito ma è chiaro che la televisione di Rupert Murdoch, da qualche mese a questa parte, non poche attenzioni sta destando tra artisti, producer ma anche tra i più noti e qualificati autori italiani. Da casa Minoli, ovviamente, non trapela nulla così come da parte di Sky che tra i corridoi di via salaria fa solo osservare, però, che con Carlo Freccero i rapporti ci sono ma riguardano meramente i programmi di Raisat che vanno in esclusiva proprio sulla piattaforma di Sky.
La Stampa del 25 marzo 2009, pag. 11
Giacomo Galeazzi
Malcontento della Santa Sede per la Rai affidata al ticket laico Garimberti-Masi che ieri ha ricevuto il «via libera» del premier Berlusconi (oggi è prevista l’investitura formale all’assemblea dei soci e giovedì quella della commissione di Vigilanza). Dopo le rassicurazioni di Palazzo Chigi su una presidenza e una direzione generale «attente alla sensibilità cattolica», la fumata bianca a viale Mazzini ha provocato stupore e insoddisfazione in Curia, dove si era puntato tutto su una «figura di garanzia» come Lorenza Lei, ex responsabile di Rai Giubileo da tempo in lizza per la direzione o la vice con deleghe «pesanti». Secondo quanto si apprende in Vaticano, nei contatti intercorsi fino a pochi giorni fa il governo aveva garantito nei Sacri Palazzi che dal confronto con l’opposizione sarebbero usciti candidati (come Enzo Cheli, Pier Luigi Celli, Marcello Sorgi) verso i quali non erano stati mossi da Oltretevere rilievi critici. Se ne sarebbe parlato anche due settimane fa, in via riservata e fuori dall’ufficialità del protocollo, in una cena a Villa Giorgina Levi, sede della nunziatura apostolica in Italia. In quella e in altre occasioni, alla sollecitudine manifestata da esponenti vaticani di primo piano per una televisione centrata sui «valori non negoziabili» hanno fatto riscontro le garanzie dell’esecutivo riguardo «un gruppo dirigente della Rai vicino alle istanze del mondo cattolico». Poi lunedì, a poche ore dalla conclusione del viaggio papale in Africa e mentre il presidente della Cei Angelo Bagnasco lamentava l’attacco dei mass media al Pontefice «irriso e offeso», è arrivata la sgradita sorpresa sulla Rai. Da tempo nei Sacri Palazzi la «piega laicista» del servizio pubblico veniva paventata e tenuta d’occhio nel momento di transizione delle nomine e si caldeggiava velatamente che la scelta cadesse su figure di segno diverso da quelle poi effettivamente emerse. In Vaticano, per valorizzazione della funzione formativa della tv pubblica si intendono nomi diversi da quelli - viene fatto notare - che ieri sono stati lungamente lodati nelle trasmissioni di Radio Radicale. E non è sfuggito Oltretevere il recente affondo anti-Vaticano del laicissimo editorialista Paolo Garimberti, di antiche simpatie repubblicane, nella sua rubrica sul «Venerdì di Repubblica».
Il presidente «in pectore» della Rai, il 20 febbraio, ha stigmatizzato «la mancata diretta sui canali generalisti di tutta la cerimonia del giuramento di Obama». Con una domanda che ora suona quasi come un proclama di battaglia e una sterzata laica all’azienda di viale Mazzini: «Perché per i funerali di Giovanni Paolo II si fa la diretta e per il giuramento di Obama no? Forse perché il Vaticano fa i palinsesti della nostra tv pubblica (e della sua informazione) e la Casa Bianca no?». Diversamente, invece, la pensa il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli che loda il lavoro fatto da Letta e Franceschini, sostenendo che «la politica esce rinfrancata nei suoi doveri e nella qualità».
Di fatto, però, il Vaticano non ci sta ritenendo la salvaguardia dei principi cattolici nella comunicazione una priorità per la Santa Sede, e specialmente in un momento così delicato («alla distorsione delle parole del porporato si accompagnano le strumentalizzazioni fatte delle parole del Papa», condanna il giornale vaticano) la funzione della Rai diventa centrale per la Chiesa. Contemporaneamente all’altolà dell’Osservatore, al Sir, il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il progetto culturale, lancia l’allarme per l’«emergenza educativa» di fronte alla quale la Chiesa deve «modificare il clima culturale», ma «senza lasciare ad altri la bandiera, e soprattutto la sostanza, della libertà». In tutto ciò l’importanza della Rai è fondamentale. «La televisione di Stato ha un ruolo particolare nella tutela del patrimonio di valori cristiani dell’Italia e non è indifferente se a guidarla siano personalità esterne a questa sensibilità», evidenzia don Franco Lever, decano della Facoltà di scienze della comunicazione sociale della Pontificia Università Salesiana. Rincara la dose il teologo Gianni Gennari, rubrichista storico di «Avvenire», il quotidiano della Cei: «In Italia la principale centrale culturale è controllata dai partiti e quindi la Chiesa non riesce a difendere nomi ad essa vicina. Ora c’è da temere l’estensione sul resto dei palinsesti di programmi a senso unico come quelli di Fazio e Augias. In Rai il presidente è come il leone della “Fattoria degli animali” di Orwell. Regna ma non governa. Il problema è la direzione generale, lì è il potere vero».
Voci? Chissà, ma di certo in questi giorni di trattative sulla Rai, anche un filo d’aria può somigliare ad un tifone. E così, nella «sfida» tra tv anche Sky si fa avanti in cerca di pezzi pregiati. E tra questi ce ne sono almeno due: Giovanni Minoli, direttore di Raieducazione, «papà» di Mixer ed ideatore della “Storia siamo noi”, e Carlo Freccero, direttore di Raisat e, soprattutto, specialista e sperimentatori di format televisivi nuovi, capaci di attrarre pubblico, e perché no, anche abbonati. Insomma, Sky si fa avanti e dopo numerosi artisti assoldati: da Fiorello a Panariello, passando per Lorella Cuccarini ora mette gli occhi sui gioielli della tv pubblica per qualificare ancor più e meglio il prodotto della tv generalista. Certo, per ora, assicurano, non sembra ci sia nulla di definito ma è chiaro che la televisione di Rupert Murdoch, da qualche mese a questa parte, non poche attenzioni sta destando tra artisti, producer ma anche tra i più noti e qualificati autori italiani. Da casa Minoli, ovviamente, non trapela nulla così come da parte di Sky che tra i corridoi di via salaria fa solo osservare, però, che con Carlo Freccero i rapporti ci sono ma riguardano meramente i programmi di Raisat che vanno in esclusiva proprio sulla piattaforma di Sky.