La Repubblica, 26/10/2007
ALBERTO FLORES D' ARCAIS
I 498 beati della discordia
Domenica a Roma il Papa consegnerà al culto i martiri cattolici della guerra civile. Una cerimonia che sta dividendo la Spagna, un paese che non è ancora riuscito a chiudere i conti con il passato franchista E che ora è attraversato da un lacerante conflitto tra Stato e Chiesa
«No, non credo che le due cose si contraddicano; - prosegue - io non sono credente ma in Vaticano ci voglio essere perché è giusto che ci sia. Del resto nessuno si meraviglia se un non credente si reca in chiesa per un funerale di un amico o di un parente. Mi costa molto fare una distinzione tra il mio omaggio privato e il mio essere un uomo pubblico, ma non trovo che sia una situazione paradossale. La mia non è una contraddizione. Nel primo paragrafo del primo articolo della legge sulla memoria si parla di tutte le persone assassinate, vittime della guerra civile, indipendentemente dal loro credo politico o religioso; è una legge che si riferisce anche ai martiri della chiesa cattolica». Racconta la storia che tante volte gli hanno raccontato in famiglia, «di come mio prozio venne torturato, castrato, di come lo abbiano cosparso di benzina, di come gli abbiano dato fuoco fino a una morte terribile». Non se la sente di condannare la chiesa solo perché i martiri beatificati sono solo quelli di una parte (la franchista), anche se ci furono molti sacerdoti uccisi anche tra le file repubblicane: «Per me, che sono laico, la chiesa è un' istituzione privata, ha tutto il diritto di scegliere chi vuole beatificare; è un po' come se il partito comunista volesse commemorare i vecchi stalinisti, hanno il diritto di farlo. Io sono entrato nel partito socialista quando avevo 17 anni, poco prima delle elezioni del 1977, perché credevo in certi ideali. I miei genitori durante il franchismo erano emigrati in Germania a cercare lavoro, tra i miei familiari ci sono altri socialisti, i miei parenti di Malaga hanno idee diverse, ma sono stati i primi a essere contenti che anche io andassi in Vaticano. Senza presunzione, diciamo che sono la prova vivente della riconciliazione nazionale». La beatificazione dei 498 "martiri", così come la legge sulla memoria storica, più che riconciliare sta di nuovo dividendo la Spagna, evocando i fantasmi mai sopiti di una guerra civile che ha toccato praticamente tutte le famiglie del paese. Con la destra che accusa il governo di Zapatero di voler cancellare la storia del franchismo, con la Chiesa che spiega che dietro la beatificazione non si nasconde nessun progetto politico e nessun risentimento, «ma solo il sentimento della riconciliazione». Poco importa che i vescovi abbiano premuto sul papa (inizialmente contrario) perché le beatificazioni (un processo locale) venissero fatte a Roma, «sono i socialisti - dicono i documenti della Conferenza Episcopale - che vogliono riaprire le ferite della guerra civile». José Maria Ridao è uno degli intellettuali emergenti della nuova Spagna, romanziere, storico e saggista, un elettore socialista che non fa mancare critiche all' attuale governo. Ridao ha una visione diversa, fuori dai vecchi schemi della guerra civile, di un paese spaccato in due. «Intanto dobbiamo dire che oggi la chiesa cattolica conta sul piano sociale sempre di meno. Conta politicamente e vuole contare di più, e il processo di beatificazione è insieme un problema ideologico e una risposta politica alla legge della memoria. Le dico chiaramente quello che penso: io sono d' accordo con i contenuti della ley de memoria ma sostengo che non c' era alcun bisogno di fare una legge. Gli indennizzi alle vittime si possono dare senza dover votare in parlamento; cercare e riaprire le fosse comuni per dare sepoltura a chi non l' ha ancora avuta dopo 70 anni è un dovere dello Stato; cancellare i segni del franchismo dalle strade e dai comuni è un compito dei poteri locali. La verità è che l' agenda ideologica di Zapatero è opposta a quella di Aznar ma usa gli stessi metodi. Come Aznar voleva rendere accettabile il franchismo, voleva banalizzare la dittatura, che fu una dittatura feroce e responsabile di migliaia di morti, così Zapatero lo vuole cancellare. Mi piace citare una frase di Tucidide, "la politica serve perché l' odio non sia eterno"; quello che succede in questi giorni è esattamente il contrario». Non è d' accordo Fernando Vallespin, presidente del Cis, il "centro de investigaciones sociologicas" (tipo il nostro Censis). «Io credo che il fatto che ci sia la beatificazione domenica e si voti la legge sulla memoria tre giorni dopo sia solo una coincidenza. Perché se ne discute solo oggi, trent' anni dopo il processo di transizione alla democrazia? Allora tutti erano d' accordo che per superare le ferite della guerra civile e della dittatura fosse necessario dimenticare; un processo curioso e interessante, quello di annullare la memoria. Ha funzionato; ma oggi che la democrazia si è consolidata trovo giusto che chi per quaranta anni è stato costretto al silenzio voglia parlare, che la memoria dimenticata venga riscoperta. Non credo sia un caso che questa legge sia opera dei politici della generazione di Zapatero, quelli tra i 40 e i 50 anni che sono cresciuti nella democrazia, che erano adolescenti quando la Spagna ha ritrovato le libere elezioni». Perfecto Andres Ibanez è un magistrato molto conosciuto, giudice del Tribunal Supremo. «I due avvenimenti, beatificazione e legge della memoria, sono forse casuali come tempistica, ma è una coincidenza un po' sospetta. Mi spiego: la chiesa spagnola è molto belligerante, è una sorta di partito politico, o almeno parte di un partito politico. Con la beatificazione di 498 "martiri", che sono tutti dello stesso campo, il franchismo, intende rivendicare ex post il valore politico del golpe militare del 1936. La chiesa spagnola non ha mai fatto veramente autocritica per l' appoggio che diede alla dittatura; quanto alla legge sulla memoria da un punto di vista giuridico credo che non abbia lacune; non la conosco ancora a fondo, anche perché deve essere ancora approvata. Però, e guardi che io non sono tenero con il governo Zapatero, le critiche della destra mi sembrano pretestuose». Di beatificazione, di martiri e di leggi della memoria si parla molto sui giornali, si discute in modo acceso alle Cortes, ma non sembra che il tema stia appassionando particolarmente l' opinione pubblica. Perché se è vero che quasi ogni famiglia spagnola ha una vittima da piangere (sia in campo repubblicano che tra i nazionalisti) i giovani, ad esempio, sentono la guerra civile come qualcosa di sempre più distante. Del resto sono passati quasi settanta anni, come se all' alba della Seconda Guerra mondiale si discutesse ancora delle vittime della guerra franco-prussiana. Ed è un tema che, stando a tutti gli interpellati, non sarà neanche uno di quelli principali nella prossima campagna elettorale (si vota nel marzo 2008). Ludolfo Paramio è considerato l' ideologo del premier spagnolo. Con lui ha lavorato, e lavora ancora, a stretto contatto, e rivendica la necessità della legge sulla memoria: «Tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli spagnoli è d' accordo, il fatto che tre giorni prima del voto ci sia la beatificazione non mi preoccupa, e non credo neanche che su questi temi il paese sia veramente diviso. Era giusto farla, anche se oggi, quasi settanta anni dopo, riguarda solo una minoranza degli spagnoli».
ALBERTO FLORES D' ARCAIS
I 498 beati della discordia
Domenica a Roma il Papa consegnerà al culto i martiri cattolici della guerra civile. Una cerimonia che sta dividendo la Spagna, un paese che non è ancora riuscito a chiudere i conti con il passato franchista E che ora è attraversato da un lacerante conflitto tra Stato e Chiesa
«No, non credo che le due cose si contraddicano; - prosegue - io non sono credente ma in Vaticano ci voglio essere perché è giusto che ci sia. Del resto nessuno si meraviglia se un non credente si reca in chiesa per un funerale di un amico o di un parente. Mi costa molto fare una distinzione tra il mio omaggio privato e il mio essere un uomo pubblico, ma non trovo che sia una situazione paradossale. La mia non è una contraddizione. Nel primo paragrafo del primo articolo della legge sulla memoria si parla di tutte le persone assassinate, vittime della guerra civile, indipendentemente dal loro credo politico o religioso; è una legge che si riferisce anche ai martiri della chiesa cattolica». Racconta la storia che tante volte gli hanno raccontato in famiglia, «di come mio prozio venne torturato, castrato, di come lo abbiano cosparso di benzina, di come gli abbiano dato fuoco fino a una morte terribile». Non se la sente di condannare la chiesa solo perché i martiri beatificati sono solo quelli di una parte (la franchista), anche se ci furono molti sacerdoti uccisi anche tra le file repubblicane: «Per me, che sono laico, la chiesa è un' istituzione privata, ha tutto il diritto di scegliere chi vuole beatificare; è un po' come se il partito comunista volesse commemorare i vecchi stalinisti, hanno il diritto di farlo. Io sono entrato nel partito socialista quando avevo 17 anni, poco prima delle elezioni del 1977, perché credevo in certi ideali. I miei genitori durante il franchismo erano emigrati in Germania a cercare lavoro, tra i miei familiari ci sono altri socialisti, i miei parenti di Malaga hanno idee diverse, ma sono stati i primi a essere contenti che anche io andassi in Vaticano. Senza presunzione, diciamo che sono la prova vivente della riconciliazione nazionale». La beatificazione dei 498 "martiri", così come la legge sulla memoria storica, più che riconciliare sta di nuovo dividendo la Spagna, evocando i fantasmi mai sopiti di una guerra civile che ha toccato praticamente tutte le famiglie del paese. Con la destra che accusa il governo di Zapatero di voler cancellare la storia del franchismo, con la Chiesa che spiega che dietro la beatificazione non si nasconde nessun progetto politico e nessun risentimento, «ma solo il sentimento della riconciliazione». Poco importa che i vescovi abbiano premuto sul papa (inizialmente contrario) perché le beatificazioni (un processo locale) venissero fatte a Roma, «sono i socialisti - dicono i documenti della Conferenza Episcopale - che vogliono riaprire le ferite della guerra civile». José Maria Ridao è uno degli intellettuali emergenti della nuova Spagna, romanziere, storico e saggista, un elettore socialista che non fa mancare critiche all' attuale governo. Ridao ha una visione diversa, fuori dai vecchi schemi della guerra civile, di un paese spaccato in due. «Intanto dobbiamo dire che oggi la chiesa cattolica conta sul piano sociale sempre di meno. Conta politicamente e vuole contare di più, e il processo di beatificazione è insieme un problema ideologico e una risposta politica alla legge della memoria. Le dico chiaramente quello che penso: io sono d' accordo con i contenuti della ley de memoria ma sostengo che non c' era alcun bisogno di fare una legge. Gli indennizzi alle vittime si possono dare senza dover votare in parlamento; cercare e riaprire le fosse comuni per dare sepoltura a chi non l' ha ancora avuta dopo 70 anni è un dovere dello Stato; cancellare i segni del franchismo dalle strade e dai comuni è un compito dei poteri locali. La verità è che l' agenda ideologica di Zapatero è opposta a quella di Aznar ma usa gli stessi metodi. Come Aznar voleva rendere accettabile il franchismo, voleva banalizzare la dittatura, che fu una dittatura feroce e responsabile di migliaia di morti, così Zapatero lo vuole cancellare. Mi piace citare una frase di Tucidide, "la politica serve perché l' odio non sia eterno"; quello che succede in questi giorni è esattamente il contrario». Non è d' accordo Fernando Vallespin, presidente del Cis, il "centro de investigaciones sociologicas" (tipo il nostro Censis). «Io credo che il fatto che ci sia la beatificazione domenica e si voti la legge sulla memoria tre giorni dopo sia solo una coincidenza. Perché se ne discute solo oggi, trent' anni dopo il processo di transizione alla democrazia? Allora tutti erano d' accordo che per superare le ferite della guerra civile e della dittatura fosse necessario dimenticare; un processo curioso e interessante, quello di annullare la memoria. Ha funzionato; ma oggi che la democrazia si è consolidata trovo giusto che chi per quaranta anni è stato costretto al silenzio voglia parlare, che la memoria dimenticata venga riscoperta. Non credo sia un caso che questa legge sia opera dei politici della generazione di Zapatero, quelli tra i 40 e i 50 anni che sono cresciuti nella democrazia, che erano adolescenti quando la Spagna ha ritrovato le libere elezioni». Perfecto Andres Ibanez è un magistrato molto conosciuto, giudice del Tribunal Supremo. «I due avvenimenti, beatificazione e legge della memoria, sono forse casuali come tempistica, ma è una coincidenza un po' sospetta. Mi spiego: la chiesa spagnola è molto belligerante, è una sorta di partito politico, o almeno parte di un partito politico. Con la beatificazione di 498 "martiri", che sono tutti dello stesso campo, il franchismo, intende rivendicare ex post il valore politico del golpe militare del 1936. La chiesa spagnola non ha mai fatto veramente autocritica per l' appoggio che diede alla dittatura; quanto alla legge sulla memoria da un punto di vista giuridico credo che non abbia lacune; non la conosco ancora a fondo, anche perché deve essere ancora approvata. Però, e guardi che io non sono tenero con il governo Zapatero, le critiche della destra mi sembrano pretestuose». Di beatificazione, di martiri e di leggi della memoria si parla molto sui giornali, si discute in modo acceso alle Cortes, ma non sembra che il tema stia appassionando particolarmente l' opinione pubblica. Perché se è vero che quasi ogni famiglia spagnola ha una vittima da piangere (sia in campo repubblicano che tra i nazionalisti) i giovani, ad esempio, sentono la guerra civile come qualcosa di sempre più distante. Del resto sono passati quasi settanta anni, come se all' alba della Seconda Guerra mondiale si discutesse ancora delle vittime della guerra franco-prussiana. Ed è un tema che, stando a tutti gli interpellati, non sarà neanche uno di quelli principali nella prossima campagna elettorale (si vota nel marzo 2008). Ludolfo Paramio è considerato l' ideologo del premier spagnolo. Con lui ha lavorato, e lavora ancora, a stretto contatto, e rivendica la necessità della legge sulla memoria: «Tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli spagnoli è d' accordo, il fatto che tre giorni prima del voto ci sia la beatificazione non mi preoccupa, e non credo neanche che su questi temi il paese sia veramente diviso. Era giusto farla, anche se oggi, quasi settanta anni dopo, riguarda solo una minoranza degli spagnoli».