La Bibbia entra nelle urne
La Stampa del 25 giugno 2008, pag. 14
di Maurizio Molinari
Il leader evangelico James Dobson si lancia all’attacco di Barack Obama e nella campagna presidenziale americana scocca l’ora della «Bible War», la guerra della Bibbia, su chi interpreta più fedelmente il contenuto dei sacri testi.
James Dobson è uno dei più autorevoli leader del movimento evangelico che nel 2004 assicurò la rielezione a George W. Bush andando in massa alle urne. Deve la sua popolarità alla creazione, nel 1977, di «Focus on the Family», dal quale è nato il «Family Research Group», protagonista di battaglie contro l’aborto e a favore della sacralità del matrimonio «fra uomo e donna». Nato a Shrevenport, in Louisiana, e superata la soglia dei 72 anni, James Dobson è considerato l’erede di leader evangelici come Billy Graham e Pat Robertson, anche perché guida un impero mediatico che ruota attorno al programma radiofonico «Focus on the Family» con 220 milioni di ascoltatori in 164 Paesi del mondo.
Proprio attraverso questa trasmissione Dobson ha ieri, per la prima volta, attaccato frontalmente Barack Obama, imputandogli di «stravolgere la Bibbia e la Costituzione» per quanto detto in un sermone pronunciato nel giugno del 2006. A conferma che l’attacco a freddo di Dobson annuncia una campagna in grande stile, è stato preceduto e seguito dalla mobilitazione di gruppi di attivisti evangelici, che hanno consegnato ai media i 18 minuti del discorso incriminato.
Si tratta di un intervento che Obama fece nel momento in cui stava girando l’America puntando a diventare un politico di spessore nazionale. Accettò l’invito a parlare che gli era venuto da «Call to Renewal», il gruppo di credenti liberal che segue il teologo Jim Wallis, e in quell’occasione lanciò un duro attacco proprio contro i fondamentalisti evangelici. «Anche se fra noi non vi fossero altro che cristiani, anche se avessimo espulso tutti i non cristiani dall’America, quale cristianesimo insegneremmo nelle scuole, quello di James Dobson o di Al Sharpton?» si chiese Obama, indicando nel leader liberal afroamericano di Harlem l’esatto opposto del predicatore evangelico bianco. Obama andò oltre, e per dimostrare l’infondatezza dell’interpretazione letterale della Bibbia che distingue proprio i fondamentalisti cristiani, aggiunse: «In Libri come il Levitico si afferma che la schiavitù va bene mentre si ritiene sbagliato mangiare frutti di mare». E ancora: «Il Sermone di Gesù sulla Montagna è un testo talmente estremo da dubitare che anche il nostro Dipartimento della Difesa possa sopravvivere alla sua applicazione». La tesi di Obama fu che «la gente non legge la Bibbia» e dunque finisce per credere ciecamente in un testo non più applicabile testualmente.
Dobson ha picchiato duro dall’etere. «Con quelle parole Obama ha deliberatamente distorto il messaggio tradizionale della Bibbia per piegarlo alle sue idea e alla sua confusa teologia», anche perché «le diete alimentari del Vecchio Testamento non possono essere equiparate agli insegnamenti di Gesù nel Nuovo Testamento». La parte più dura dell’intervento di Dobson investe l’impostazione stessa del pensiero religioso di Obama, secondo il quale «anche in dibattiti su questioni come l’aborto i credenti devono esprimersi in cornici accessibili a tutti i cittadini». «Questo significa stravolgere la Costituzione americana» obietta Dobson, tuonando: «Non accetterò mai di venire a patti con l’idea sanguinosa di togliere la vita ai bambini, quello che Obama tenta di affermare è il principio in base al quale se tutti sono d’accordo io non ho più alcun diritto a dissentire».
Sebbene Dobson durante le primarie repubblicane abbia sostenuto Mike Huckabee e non John McCain, il suo affondo apre di fatto la mobilitazione degli evangelici per bloccare la strada ad Obama, impegnato proprio in queste settimane nella campagna «American Values House Parties» puntata a mobilitare i credenti per ricostruire il legame fra il partito democratico e i gruppi religiosi. Barack gioca questa carta nell’ambito della strategia tesa a strappare ai repubblicani Stati tradizionalmente conservatori - come Virginia, Georgia, North Carolina e Colorado - e non a caso i suoi portavoci hanno replicato a Dobson assicurando che «parliamo con tutti gli uomini di fede». Ma la «Bible War» è solo all’inizio e potrebbe decidere chi andrà la Casa Bianca.
La Stampa del 25 giugno 2008, pag. 14
di Maurizio Molinari
Il leader evangelico James Dobson si lancia all’attacco di Barack Obama e nella campagna presidenziale americana scocca l’ora della «Bible War», la guerra della Bibbia, su chi interpreta più fedelmente il contenuto dei sacri testi.
James Dobson è uno dei più autorevoli leader del movimento evangelico che nel 2004 assicurò la rielezione a George W. Bush andando in massa alle urne. Deve la sua popolarità alla creazione, nel 1977, di «Focus on the Family», dal quale è nato il «Family Research Group», protagonista di battaglie contro l’aborto e a favore della sacralità del matrimonio «fra uomo e donna». Nato a Shrevenport, in Louisiana, e superata la soglia dei 72 anni, James Dobson è considerato l’erede di leader evangelici come Billy Graham e Pat Robertson, anche perché guida un impero mediatico che ruota attorno al programma radiofonico «Focus on the Family» con 220 milioni di ascoltatori in 164 Paesi del mondo.
Proprio attraverso questa trasmissione Dobson ha ieri, per la prima volta, attaccato frontalmente Barack Obama, imputandogli di «stravolgere la Bibbia e la Costituzione» per quanto detto in un sermone pronunciato nel giugno del 2006. A conferma che l’attacco a freddo di Dobson annuncia una campagna in grande stile, è stato preceduto e seguito dalla mobilitazione di gruppi di attivisti evangelici, che hanno consegnato ai media i 18 minuti del discorso incriminato.
Si tratta di un intervento che Obama fece nel momento in cui stava girando l’America puntando a diventare un politico di spessore nazionale. Accettò l’invito a parlare che gli era venuto da «Call to Renewal», il gruppo di credenti liberal che segue il teologo Jim Wallis, e in quell’occasione lanciò un duro attacco proprio contro i fondamentalisti evangelici. «Anche se fra noi non vi fossero altro che cristiani, anche se avessimo espulso tutti i non cristiani dall’America, quale cristianesimo insegneremmo nelle scuole, quello di James Dobson o di Al Sharpton?» si chiese Obama, indicando nel leader liberal afroamericano di Harlem l’esatto opposto del predicatore evangelico bianco. Obama andò oltre, e per dimostrare l’infondatezza dell’interpretazione letterale della Bibbia che distingue proprio i fondamentalisti cristiani, aggiunse: «In Libri come il Levitico si afferma che la schiavitù va bene mentre si ritiene sbagliato mangiare frutti di mare». E ancora: «Il Sermone di Gesù sulla Montagna è un testo talmente estremo da dubitare che anche il nostro Dipartimento della Difesa possa sopravvivere alla sua applicazione». La tesi di Obama fu che «la gente non legge la Bibbia» e dunque finisce per credere ciecamente in un testo non più applicabile testualmente.
Dobson ha picchiato duro dall’etere. «Con quelle parole Obama ha deliberatamente distorto il messaggio tradizionale della Bibbia per piegarlo alle sue idea e alla sua confusa teologia», anche perché «le diete alimentari del Vecchio Testamento non possono essere equiparate agli insegnamenti di Gesù nel Nuovo Testamento». La parte più dura dell’intervento di Dobson investe l’impostazione stessa del pensiero religioso di Obama, secondo il quale «anche in dibattiti su questioni come l’aborto i credenti devono esprimersi in cornici accessibili a tutti i cittadini». «Questo significa stravolgere la Costituzione americana» obietta Dobson, tuonando: «Non accetterò mai di venire a patti con l’idea sanguinosa di togliere la vita ai bambini, quello che Obama tenta di affermare è il principio in base al quale se tutti sono d’accordo io non ho più alcun diritto a dissentire».
Sebbene Dobson durante le primarie repubblicane abbia sostenuto Mike Huckabee e non John McCain, il suo affondo apre di fatto la mobilitazione degli evangelici per bloccare la strada ad Obama, impegnato proprio in queste settimane nella campagna «American Values House Parties» puntata a mobilitare i credenti per ricostruire il legame fra il partito democratico e i gruppi religiosi. Barack gioca questa carta nell’ambito della strategia tesa a strappare ai repubblicani Stati tradizionalmente conservatori - come Virginia, Georgia, North Carolina e Colorado - e non a caso i suoi portavoci hanno replicato a Dobson assicurando che «parliamo con tutti gli uomini di fede». Ma la «Bible War» è solo all’inizio e potrebbe decidere chi andrà la Casa Bianca.