Corriere della Sera, 17/05/2007
ALBERTO ASOR ROSA
I limiti della Chiesa
A un' istituzione millenaria come la Chiesa di Roma non si può pensare che manchi la saggezza. Questa saggezza, misurata con quel metro millenario, consiste (oltre in altre cose, come dire, più riservate ed interiori) nel praticare e predicare un formidabile senso del limite: «Pulvis es et pulvis rediebis». La vita terrena è una milizia, un transito: la vera vita, promossa e promessa dal Cristo, è l' Aldilà, dove sarà tutto compiuto e perfetto quel che qui è tutto incompiuto e imperfetto. C' è qualcosa d' eroico in questa immane resistenza al senso del moderno, che invece è tutto mutamento, fungibilità e ricerca del nuovo. E nessuno potrà obiettare in linea di principio che la Chiesa svolga questa funzione, che è la sua: perché se non la svolgesse, non sarebbe più lei, e la modernità perderebbe il suo principio oppositivo, che è sempre bene che ci sia. Tuttavia, la saggezza della Chiesa conosce anch' essa un limite: perché la Chiesa è ispirata da Dio, ma non è Dio, che è il solo infallibile (a dir la verità anche questo, come vedremo, è un punto di discussione). Mi permetto di osservare che la Chiesa entra qualche volta nell' errore (e qualche volta anche clamorosamente) quando pratica senza senso del limite il suo senso del limite. Ovvero quando contraddice manifestamente il nocciolo più profondo della sua saggezza, che consiste nel mantenere un certo (necessariamente instabile) equilibrio fra il terreno e il divino, fra il celestiale e l' umano. In casi del genere, quanto più il caso è acuto, si può arrivare al delirio. Farò due soli esempi sul piano storico. Nel 1633, com' è noto, Galileo Galilei fu sottoposto a processo dal Sant' Uffizio (che operava in pieno accordo con il Pontefice Urbano VIII) a causa della tesi da lui sostenuta nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, secondo cui (molto sinteticamente) la terra girava intorno al sole e non viceversa. Il 22 giugno di quell' anno Galilei fu giudicato colpevole e condannato, per «aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch' il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente a occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo» (lo stesso Galilei, timoroso di fare la fine di Bruno o di affrontare di nuovo i rigori della tortura dichiarò nella sua abiura di essersi persuaso a «lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova», perché «detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura»). In questo caso, di una certa innegabile rilevanza (mi pare), alla scoperta scientifica ci si limitava ad opporre puramente e semplicemente l' «autorità» dei Libri sacri (vecchia questione, su cui non posso soffermarmi, ma che meriterebbe di essere riesumata anche oggi). Dunque: se la Chiesa di Roma l' avesse avuta vinta, e se la condanna di Galilei avesse conseguito i frutti sperati, noi saremmo qui tutti ancora a sostenere che «la terra sia il centro del mondo e che non si muova» (il Dialogo galileiano fu tolto dall' Indice solo due secoli più tardi quando ormai la battaglia per fermare il corso del sole appariva inequivocabilmente persa). Nel 1870 lo Stato della Chiesa, dopo le precedenti vicende risorgimentali, era ridotto al solo Lazio. E' noto che passi furono fatti, in particolare dall' entourage di Vittorio Emanuele II, per ottenere che Papa Pio IX accettasse pacificamente la riunificazione del Lazio e di Roma all' Italia. Solo dopo il rifiuto netto del Pontefice, e approfittando dell' indignazione provocata dalla decapitazione in Roma di Monti e Tognetti (gli ultimi patrioti che abbiano perso la vita per la causa dell' Unità italiana), le truppe italiane entrarono nel Lazio e liberarono Roma, passando per la breccia di Porta Pia. In questo caso, le Sacre Scritture non dicevano nulla in merito del potere temporale dei Papi. Tuttavia la Chiesa di Roma fece della difesa dell' ultimo brandello di «teocrazia» un baluardo invalicabile della propria dottrina, ancorando i cattolici, per quasi mezzo secolo, alla «non collaborazione» con il neonato Stato liberale italiano (non sarà male ricordare che il cattolicesimo liberale nasce nel corso del Risorgimento proprio in opposizione all' intransigentismo papale). Dunque: se il punto di vista della Chiesa di Roma avesse prevalso, non ci sarebbe l' Italia, e Roma non ne sarebbe la Capitale (so che qualcuno lo considererebbe positivo, ma io resto fedele alle scelte dei nostri padri). La forma del mondo e il potere temporale: due forme concrete, l' una del sapere l' altra della politica, l' una della realtà fisica, l' altra di quella umana, su cui la Chiesa ha impegnato tutto il suo prestigio per mantenere lo status quo: perdendo, direi inevitabilmente, date le premesse. Che accade oggi? Cos' è in gioco oggi? Qual è il sole che sta fermo, quale la terra che gira (o viceversa)? Alla frontiera fisica e a quella pratica, terrena, se ne aggiunge una, ancor più decisiva: quella della vita. Quel che è in gioco oggi è l' insieme delle questioni che riguardano più da vicino l' esistenza umana: la vita, appunto, e con la vita, necessariamente, la morte; le relazioni fra le persone, il sesso; la conoscenza dei misteri della sopravvivenza; la possibilità d' influenzare le nascite. Insomma, ogni momento è scelta della vita umana, dalla prima comparsa sulla scena del mondo (il concepimento) fino alle modalità della definitiva scomparsa (ed è evidente, non si può far finta di non vedere, che ci sarà dentro prima o poi anche l' eutanasia). Sullo sfondo il problema dei limiti (appunto) della conoscenza umana. Un complesso formidabile di fattori, da affrontare, sull' uno come sull' altro versante, con estrema prudenza. Ma intanto senza mai dimenticare che Galilei andò sotto processo esattamente per aver infranto i limiti della conoscenza e non essersi accontentato, come facevano quasi tutti al suo tempo, della «verità» delle Sacre Scritture (che in realtà sull' argomento da lui affrontato dicevano poche parole di sapore quasi infantile). Ora, pare a me che la Chiesa di Roma reagisca oggi a questo complesso di fattori con la medesima assenza di senso del limite con cui reagì quando le furono strappati prima il dominio della conoscenza dell' Universo e poi il dominio (politico e territoriale) su di un pezzo della nostra terra (miserabile cosa, a pensarci bene, ma a fronteggiar la quale, solo pochi mesi prima che accadesse, fu elaborato niente di meno che il dogma dell' infallibilità papale ex cathedra, la cosa più incredibile che abbia mai partorito la teologia cattolica nel corso di tutta la sua storia). E' la preoccupazione di perdere un altro pezzo del suo dominio sugli uomini che le fa perdere il senso del limite e, con il senso del limite, il senso della misura. I preti in piazza! L' appello alla fedeltà di coscienza da parte dei politici cattolici! Sembra d' esser tornati a una situazione pre-risorgimentale, al Papa-Re, agli esorcismi contro quelli che s' azzardavano a scrutare la volta del cielo con due lenti infilate in un tubo di metallo (il cosiddetto cannocchiale). Invece ci sarebbe molto bisogno di una posizione cattolica saggia. Ce ne sarebbe bisogno, perché dall' altra parte il senso del limite e la prudenza si misurano con un eccesso travolgente di ottimismo progressista. Il relativismo - tanto per mettere i puntini sulle i - , non è l' assenza dei valori (che potrebbe esserne, e non sempre, una conseguenza). Il relativismo è il mutamento incessante delle conoscenze e delle tecnologie, che ad ogni istante ci mettono di fronte a passaggi per ognuno dei quali in passato ci sarebbero voluti secoli. Regole son da porre, non v' è dubbio. Ma non a partire dal rifiuto dei risultati della conoscenza, che va per suo conto, e opporsi alla quale significherebbe solo andare incontro ad un' altra cocente sconfitta (forse quella decisiva, perché non si vede cosa ci sia oltre la vita). Il dibattito sulla vita (compreso quello sui sessi e sulla sessualità) come fenomeno caratterizzante i livelli attuali dell' esperienza umana non ha forse lo stesso valore scardinante che ebbe la scoperta di Galilei che la terra girava intorno al sole, ma è certamente della stessa natura, perché cambia nozione e pratica dell' umano - umano che, per definizione, è divino. Perché la Chiesa di Roma non ne prende atto?
ALBERTO ASOR ROSA
I limiti della Chiesa
A un' istituzione millenaria come la Chiesa di Roma non si può pensare che manchi la saggezza. Questa saggezza, misurata con quel metro millenario, consiste (oltre in altre cose, come dire, più riservate ed interiori) nel praticare e predicare un formidabile senso del limite: «Pulvis es et pulvis rediebis». La vita terrena è una milizia, un transito: la vera vita, promossa e promessa dal Cristo, è l' Aldilà, dove sarà tutto compiuto e perfetto quel che qui è tutto incompiuto e imperfetto. C' è qualcosa d' eroico in questa immane resistenza al senso del moderno, che invece è tutto mutamento, fungibilità e ricerca del nuovo. E nessuno potrà obiettare in linea di principio che la Chiesa svolga questa funzione, che è la sua: perché se non la svolgesse, non sarebbe più lei, e la modernità perderebbe il suo principio oppositivo, che è sempre bene che ci sia. Tuttavia, la saggezza della Chiesa conosce anch' essa un limite: perché la Chiesa è ispirata da Dio, ma non è Dio, che è il solo infallibile (a dir la verità anche questo, come vedremo, è un punto di discussione). Mi permetto di osservare che la Chiesa entra qualche volta nell' errore (e qualche volta anche clamorosamente) quando pratica senza senso del limite il suo senso del limite. Ovvero quando contraddice manifestamente il nocciolo più profondo della sua saggezza, che consiste nel mantenere un certo (necessariamente instabile) equilibrio fra il terreno e il divino, fra il celestiale e l' umano. In casi del genere, quanto più il caso è acuto, si può arrivare al delirio. Farò due soli esempi sul piano storico. Nel 1633, com' è noto, Galileo Galilei fu sottoposto a processo dal Sant' Uffizio (che operava in pieno accordo con il Pontefice Urbano VIII) a causa della tesi da lui sostenuta nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, secondo cui (molto sinteticamente) la terra girava intorno al sole e non viceversa. Il 22 giugno di quell' anno Galilei fu giudicato colpevole e condannato, per «aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch' il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente a occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo» (lo stesso Galilei, timoroso di fare la fine di Bruno o di affrontare di nuovo i rigori della tortura dichiarò nella sua abiura di essersi persuaso a «lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova», perché «detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura»). In questo caso, di una certa innegabile rilevanza (mi pare), alla scoperta scientifica ci si limitava ad opporre puramente e semplicemente l' «autorità» dei Libri sacri (vecchia questione, su cui non posso soffermarmi, ma che meriterebbe di essere riesumata anche oggi). Dunque: se la Chiesa di Roma l' avesse avuta vinta, e se la condanna di Galilei avesse conseguito i frutti sperati, noi saremmo qui tutti ancora a sostenere che «la terra sia il centro del mondo e che non si muova» (il Dialogo galileiano fu tolto dall' Indice solo due secoli più tardi quando ormai la battaglia per fermare il corso del sole appariva inequivocabilmente persa). Nel 1870 lo Stato della Chiesa, dopo le precedenti vicende risorgimentali, era ridotto al solo Lazio. E' noto che passi furono fatti, in particolare dall' entourage di Vittorio Emanuele II, per ottenere che Papa Pio IX accettasse pacificamente la riunificazione del Lazio e di Roma all' Italia. Solo dopo il rifiuto netto del Pontefice, e approfittando dell' indignazione provocata dalla decapitazione in Roma di Monti e Tognetti (gli ultimi patrioti che abbiano perso la vita per la causa dell' Unità italiana), le truppe italiane entrarono nel Lazio e liberarono Roma, passando per la breccia di Porta Pia. In questo caso, le Sacre Scritture non dicevano nulla in merito del potere temporale dei Papi. Tuttavia la Chiesa di Roma fece della difesa dell' ultimo brandello di «teocrazia» un baluardo invalicabile della propria dottrina, ancorando i cattolici, per quasi mezzo secolo, alla «non collaborazione» con il neonato Stato liberale italiano (non sarà male ricordare che il cattolicesimo liberale nasce nel corso del Risorgimento proprio in opposizione all' intransigentismo papale). Dunque: se il punto di vista della Chiesa di Roma avesse prevalso, non ci sarebbe l' Italia, e Roma non ne sarebbe la Capitale (so che qualcuno lo considererebbe positivo, ma io resto fedele alle scelte dei nostri padri). La forma del mondo e il potere temporale: due forme concrete, l' una del sapere l' altra della politica, l' una della realtà fisica, l' altra di quella umana, su cui la Chiesa ha impegnato tutto il suo prestigio per mantenere lo status quo: perdendo, direi inevitabilmente, date le premesse. Che accade oggi? Cos' è in gioco oggi? Qual è il sole che sta fermo, quale la terra che gira (o viceversa)? Alla frontiera fisica e a quella pratica, terrena, se ne aggiunge una, ancor più decisiva: quella della vita. Quel che è in gioco oggi è l' insieme delle questioni che riguardano più da vicino l' esistenza umana: la vita, appunto, e con la vita, necessariamente, la morte; le relazioni fra le persone, il sesso; la conoscenza dei misteri della sopravvivenza; la possibilità d' influenzare le nascite. Insomma, ogni momento è scelta della vita umana, dalla prima comparsa sulla scena del mondo (il concepimento) fino alle modalità della definitiva scomparsa (ed è evidente, non si può far finta di non vedere, che ci sarà dentro prima o poi anche l' eutanasia). Sullo sfondo il problema dei limiti (appunto) della conoscenza umana. Un complesso formidabile di fattori, da affrontare, sull' uno come sull' altro versante, con estrema prudenza. Ma intanto senza mai dimenticare che Galilei andò sotto processo esattamente per aver infranto i limiti della conoscenza e non essersi accontentato, come facevano quasi tutti al suo tempo, della «verità» delle Sacre Scritture (che in realtà sull' argomento da lui affrontato dicevano poche parole di sapore quasi infantile). Ora, pare a me che la Chiesa di Roma reagisca oggi a questo complesso di fattori con la medesima assenza di senso del limite con cui reagì quando le furono strappati prima il dominio della conoscenza dell' Universo e poi il dominio (politico e territoriale) su di un pezzo della nostra terra (miserabile cosa, a pensarci bene, ma a fronteggiar la quale, solo pochi mesi prima che accadesse, fu elaborato niente di meno che il dogma dell' infallibilità papale ex cathedra, la cosa più incredibile che abbia mai partorito la teologia cattolica nel corso di tutta la sua storia). E' la preoccupazione di perdere un altro pezzo del suo dominio sugli uomini che le fa perdere il senso del limite e, con il senso del limite, il senso della misura. I preti in piazza! L' appello alla fedeltà di coscienza da parte dei politici cattolici! Sembra d' esser tornati a una situazione pre-risorgimentale, al Papa-Re, agli esorcismi contro quelli che s' azzardavano a scrutare la volta del cielo con due lenti infilate in un tubo di metallo (il cosiddetto cannocchiale). Invece ci sarebbe molto bisogno di una posizione cattolica saggia. Ce ne sarebbe bisogno, perché dall' altra parte il senso del limite e la prudenza si misurano con un eccesso travolgente di ottimismo progressista. Il relativismo - tanto per mettere i puntini sulle i - , non è l' assenza dei valori (che potrebbe esserne, e non sempre, una conseguenza). Il relativismo è il mutamento incessante delle conoscenze e delle tecnologie, che ad ogni istante ci mettono di fronte a passaggi per ognuno dei quali in passato ci sarebbero voluti secoli. Regole son da porre, non v' è dubbio. Ma non a partire dal rifiuto dei risultati della conoscenza, che va per suo conto, e opporsi alla quale significherebbe solo andare incontro ad un' altra cocente sconfitta (forse quella decisiva, perché non si vede cosa ci sia oltre la vita). Il dibattito sulla vita (compreso quello sui sessi e sulla sessualità) come fenomeno caratterizzante i livelli attuali dell' esperienza umana non ha forse lo stesso valore scardinante che ebbe la scoperta di Galilei che la terra girava intorno al sole, ma è certamente della stessa natura, perché cambia nozione e pratica dell' umano - umano che, per definizione, è divino. Perché la Chiesa di Roma non ne prende atto?