martedì 17 giugno 2008

Legge 40, tra coscienza e incoerenza

l’Unità 17.6.08
Legge 40, tra coscienza e incoerenza
di Maria Antonietta Farina Coscioni

Non ho alcuna intenzione di polemizzare con la mia collega Paola Binetti: non ha firmato, dice, la mozione di centotrenta parlamentari della maggioranza e dell’Udc per chiedere di ritirare le linee guida alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita emanate dall’ex ministro della Salute Livia Turco; però si dice «disposta a sostenerla in Aula». È un suo diritto di parlamentare, ed esercita secondo la sua coscienza le sue prerogative costituzionalmente garantite. Però posso incidentalmente annotare un filo di incoerenza? Da una parte Paola Binetti rivendica ogni volta che crede il primato del suo “sentire” e della sua coscienza sulle posizioni del gruppo politico cui ha aderito; dall’altra - come ha fatto l’altro giorno - rimprovera a noi radicali eletti nel Pd di aver presentato progetti di legge e di cercare di rappresentare posizioni note che fanno parte della nostra storia, del nostro Dna. L’indipendenza e la libertà di coscienza vale se ci si chiama Binetti, vale meno se, per esempio, ci si chiama Farina Coscioni?
Per entrare nel merito della questione: la mozione del centro-destra chiede che il governo intervenga su un provvedimento che viene definito «contestabile nel merito e nel metodo», e che rischierebbe di promuovere «una inaccettabile cultura eugenetica», in quanto scardinerebbe i principi della legge 40 «travisando l’intento terapeutico che essa tentava faticosamente di conservare».
È bene, visto che si usano certe espressioni forti (e infondate) cercare di fare un po’ di chiarezza. Cominciamo allora col dire che l’emanazione delle linee guida ha posto la parola fine a una situazione di mancato rispetto della legge; si tratta di un provvedimento che costituisce un passo in avanti verso la scelta autonoma e responsabile della donna, pur nei margini - angusti - previsti dalla legge 40. L’aver eliminato per esempio il divieto di analisi reimpianto che non sia limitata all’analisi osservazionale, altro non fa che recepire le sentenze della magistratura da una parte; dall’altra fornisce un quadro di maggiori garanzie per i portatori di malattie genetiche trasmissibili. Come si fa a definire tutto questo “cultura eugenetica”?
Più che intervenire per peggiorare una situazione già difficile per le coppie che intendono accedere alla fecondazione assistita, come di fatto suggerisce la mozione del centro-destra, penso che si debba operare perché le possibilità aperte con le linee-guida siano aperte anche a pazienti non sterili e non solo chi è infetto da Hiv o epatite.
Le precedenti linee-guida erano scadute nell’agosto 2007. Con Marco Cappato e numerosi militanti e dirigenti dell’Associazione Luca Coscioni, abbiamo, con l’azione della “lotta nonviolenta”, con uno sciopero della fame di “dialogo” chiesto che venisse presa una decisione, quale essa fosse, per uscire dall’illegalità in cui si era precipitati. Alla fine, anche a costo di ruvidezze e incomprensioni con Livia Turco - ministro del governo Prodi di cui eravamo gli “ultimi giapponesi” - l’obiettivo è stato conseguito.
Immediatamente, e sapientemente alimentate da oltretevere, l’essere usciti da questo stato di illegalità è stato salutato da una quantità di polemiche, attacchi e condanne; attacchi culminati con l’iniziativa parlamentare del centro-destra. Non solo cercheremo di contrastare questa posizione, ma opereremo perché siano ulteriormente ampliati i margini, strettissimi, lasciati dalla legge 40, convinti come siamo che la modifica profonda e radicale della legge costituisca la condizione indispensabile: aperti al confronto e al dialogo con tutti, senza scomuniche, condanne, anatemi.
In questo siamo confortati dall’importante, significativa, presa di posizione del professor Giuseppe Testa, dell’Istituto europeo di oncologia, che su TuttoScienze de la Stampa invita a evitare «interventi legislativi che ostacolino l’intero ambito della ricerca. I divieti ad ampio spettro svuotano di senso lo stesso strumento giuridico. Altra cosa è invece un attento regime di regolazione, che indirizzi l’evoluzione sia della scienza sia della società, oltre alle nostre concezioni dell’esser genitori». Meglio non si potrebbe dire.
Deputata radicale nel Pd
ma.farinacoscioni@radicali.it