l’Unità 6.6.08
I conti in tasca a Santa Romana Chiesa
di Giancarlo De Cataldo
NELLA «QUESTUA» Curzio Maltese indaga sul «viaggio del denaro» verso il Vaticano: quattro miliardi di euro l’anno, dei quali solo una parte minima viene destinata a opere di carità...
Perché siete diventati, di colpo, così duri, così intransigenti, ho chiesto a un amico cattolico, un signore ben addentro alle vaticane cose? Perché tanta insistenza, così ossessiva, sulla morale individuale, sulla sessualità, sulla tradizione? Perché quando abbiamo mollato, è stata la laconica risposta, stavamo scomparendo. Papa Giovanni, la Populorum Progressio, la Promozione Umana, la Teologia della Liberazione... tutto questo ci stava condannando all’estinzione. Tutte le fedi si rafforzano, noi non potevamo tirarci indietro. Il dialogo, in sostanza, non paga. E il rafforzamento della fede costa, e costa caro.
La Chiesa impiega solo una parte minima dell’8 per mille in opere di carità (fonte Cei). Il resto va in proselitismo, in rafforzamento dell’istituzione. Nella gestione di molteplici attività a sfondo imprenditoriale. E in egemonia culturale.
Ecco una delle tante informazioni che si ricavano da La Questua, l’inchiesta di Curzio Maltese sul potere economico della Chiesa cattolica che ha meritato all’autore gli strali del cardinal segretario di Stato della Santa Sede (con la collaborazione di Carlo Pontesilli e Maurizio Turco, Feltrinelli serie bianca, pagine 172, euro 14,00). Finiamola! ha tuonato l’altissimo prelato. La lettura del libro giustifica una simile reazione: Maltese, nella sua documentatissima indagine, ignora e trascura la superficie, il pettegolezzo, il facile veleno del gossip. Va diritto al cuore del problema, usando un punto di vista particolare - diciamo il «viaggio del denaro» - come escamotage narrativo per raccontare una storia ben più problematica e articolata. E costringe il lettore a confrontarsi con il tema del rapporto fra Chiesa e Stato nell’Italia di oggi, e, più in generale, fra laici e credenti nel mondo contemporaneo.
La Chiesa costa ogni anno, alle tasche degli italiani, quattro miliardi e passa di euro. Approssimato per difetto, l’equivalente del costo della «Casta» secondo il bestseller di Stella&Rizzo. Soltanto una piccola parte di questo «bendiddio» (come abbiamo visto) finisce in opere di assistenza e concreta carità. La Chiesa dispone di un patrimonio immobiliare talmente imponente da sfuggire, nella sua reale estensione, agli stessi detentori. La Chiesa è uno dei più intelligenti e spregiudicati operatori turistici sul mercato. Notizie di pubblico dominio, oltretutto mai smentite (e non risultano, allo stato, querele). Maltese scrive per un giornale che ha appoggiato i governi di centrosinistra mentre la Chiesa sembra essersi da tempo «posizionata» sull’opposta sponda. Eppure, la Questua è decisamente bipartisan. Sottolinea come l’intera classe politica- tranne rarissime eccezioni- sia da sempre estremamente sensibile al prestigio (e al peso elettorale) della Chiesa. Non omette di menzionare, ma anzi evidenzia, assai criticamente, l’impegno del cattolico Prodi nell’evitare il confronto, sollecitato dall’Unione Europea, sui privilegi fiscali dei beni ecclesiastici. Riconosce al centro-sinistra il «merito» di aver favorito le scuole cattoliche con agevolazioni negate per cinquant’anni dai governi a maggioranza democristiana. Maltese non è nemmeno un acceso anticlericale. Non tratta la Chiesa da «casta» in termini sprezzanti. Evita accuratamente giudizi approssimativi, rifiuta di confondere santi e faccendieri, si allontana orgogliosamente dal coro dei livorosi libellisti che alimentano la cultura del sospetto e del mugugno. Il suo rispetto nei confronti dell’istituzione d’oltretevere è palese. Ammira i preti di frontiera, i volontari che combattono in situazioni estreme, gli ambasciatori di pace, quelli che combattono dalla parte degli ultimi. A tratti affiora persino una venatura di nostalgia per quell’Italia più povera, ma più solida e solidale, nella quale alla parrocchia e alla sezione del Pci era rimesso il compito, fondamentale, di accompagnare, sostenere, educare i nostri ragazzi. Nonostante tutto questo, o, meglio, proprio a causa di tutto questo, ben si comprendono il diktat prelatizio e la «reazione a catena» degli ambienti cattolici di cui parla, nell’introduzione al volume, Ezio Mauro.
Maltese ha un peccato originale: è un laico. E lo rivendica nel momento nel quale più acuto e conflittuale è il distacco fra il sentire laico e quello religioso.
Il suo racconto, intessuto di regalìe, spregiudicate operazioni finanziarie, abili inziative imprenditoriali, segnato da qualche nefandezza e da qualche eroismo, coinvolge davvero tutti: santi e faccendieri, credenti e non. E il «viaggio» del denaro e dei beni materiali può illuminarci, sui nodi di fondo, meglio di tanti saggi di ben più ambizioso spessore. Fra Stato e Chiesa c’è un patto non scritto. Lo Stato, smantellando il welfare, si ritira da territori che la Chiesa prontamente occupa. Gli ultimi, abbandonati a sè stessi dall’imperante neoliberismo, sono affidati alle mani amorevoli di un’istituzione millenaria. Donazioni, esenzioni, accumulazioni sono il prezzo dello scambio. Ma un simile accordo può reggere, e rivelarsi un bene per tutti, solo a condizione di assoluta reciprocità. Il che accade quando il laico e il credente, e le istituzioni che li rappresentano, si «sentano» simili. Ovvero, rispettino ciascuno le sfere di propria competenza. Argomento che è alla base del sentire laico ma che, oggi, la grande maggioranza dei credenti rifiuta. La grande bestia nera della fede si chiama relativismo etico. Categoria concettuale incompatibile con il regno dell’assoluto che impone altrettanto assoluta adesione. Nelle parole dell’amico addentro alle vaticane cose c’è il riconoscimento di una verità che il laico Maltese non può non condividere: esiste, oggi, un limite, nel dialogo, oltre il quale il credente non può spingersi. Anche perché - in perfetta buona fede - per un credente, oggi più che mai, il laico è un oggetto misterioso. Come può accadere, ad esempio, che un laico si prodighi per gli ultimi, assista i malati, si prenda cura della famiglia se non gliel’ha comandato Dio? Perché non si limita ad arricchirsi e a peccare, come ogni altra creatura che non è ancora stata toccata dalla Luce? Dal mistero alla conversione il passo è breve. Quella pecorella smarrita deve essere ricondotta alla ragione. Rectius: alla fede. In questa situazione di contrapposizione, è quanto meno paradossale che uno dei due contendenti finanzi generosamente l’altro. Ma è esattamente ciò che accade, oggi, in Italia. Ed è la rivelazione del paradosso, con ogni evidenza, a suscitare lo «scandalo».
Lo Stato, ufficialmente laico, finanzia un’istituzione che non riconosce il valore della laicità, ed utilizza, in larga misura, i soldi che le vengono elargiti per rivendicare la propria ostilità contro di essa. La Chiesa istituzione ne esce rafforzata, lo Stato indebolito, quasi succube.
E poiché un paradosso tira l’altro, nota Maltese, citando autorevoli commentatori cattolici (di solito decisamente più acuti e coraggiosi di tanti maestri del pensiero laico), la Chiesa non è mai stata così forte mediaticamente ed economicamente, e così debole nella sua «presa» sul quotidiano. Proprio quella «presa» che l’egemonia culturale dovrebbe garantire.
Difficile dar torto ai cardinali e ai commentatori che intuiscono l’humus insidioso di questo libro. Difficile, anche, dar torto ai fatti che Maltese enuncia. E forse impossibile condividere la sua speranza finale: che, cioè, un giorno (ma quando?) una forza autenticamente riformista e riformatrice batta un colpo alle porte del Vaticano.
I conti in tasca a Santa Romana Chiesa
di Giancarlo De Cataldo
NELLA «QUESTUA» Curzio Maltese indaga sul «viaggio del denaro» verso il Vaticano: quattro miliardi di euro l’anno, dei quali solo una parte minima viene destinata a opere di carità...
Perché siete diventati, di colpo, così duri, così intransigenti, ho chiesto a un amico cattolico, un signore ben addentro alle vaticane cose? Perché tanta insistenza, così ossessiva, sulla morale individuale, sulla sessualità, sulla tradizione? Perché quando abbiamo mollato, è stata la laconica risposta, stavamo scomparendo. Papa Giovanni, la Populorum Progressio, la Promozione Umana, la Teologia della Liberazione... tutto questo ci stava condannando all’estinzione. Tutte le fedi si rafforzano, noi non potevamo tirarci indietro. Il dialogo, in sostanza, non paga. E il rafforzamento della fede costa, e costa caro.
La Chiesa impiega solo una parte minima dell’8 per mille in opere di carità (fonte Cei). Il resto va in proselitismo, in rafforzamento dell’istituzione. Nella gestione di molteplici attività a sfondo imprenditoriale. E in egemonia culturale.
Ecco una delle tante informazioni che si ricavano da La Questua, l’inchiesta di Curzio Maltese sul potere economico della Chiesa cattolica che ha meritato all’autore gli strali del cardinal segretario di Stato della Santa Sede (con la collaborazione di Carlo Pontesilli e Maurizio Turco, Feltrinelli serie bianca, pagine 172, euro 14,00). Finiamola! ha tuonato l’altissimo prelato. La lettura del libro giustifica una simile reazione: Maltese, nella sua documentatissima indagine, ignora e trascura la superficie, il pettegolezzo, il facile veleno del gossip. Va diritto al cuore del problema, usando un punto di vista particolare - diciamo il «viaggio del denaro» - come escamotage narrativo per raccontare una storia ben più problematica e articolata. E costringe il lettore a confrontarsi con il tema del rapporto fra Chiesa e Stato nell’Italia di oggi, e, più in generale, fra laici e credenti nel mondo contemporaneo.
La Chiesa costa ogni anno, alle tasche degli italiani, quattro miliardi e passa di euro. Approssimato per difetto, l’equivalente del costo della «Casta» secondo il bestseller di Stella&Rizzo. Soltanto una piccola parte di questo «bendiddio» (come abbiamo visto) finisce in opere di assistenza e concreta carità. La Chiesa dispone di un patrimonio immobiliare talmente imponente da sfuggire, nella sua reale estensione, agli stessi detentori. La Chiesa è uno dei più intelligenti e spregiudicati operatori turistici sul mercato. Notizie di pubblico dominio, oltretutto mai smentite (e non risultano, allo stato, querele). Maltese scrive per un giornale che ha appoggiato i governi di centrosinistra mentre la Chiesa sembra essersi da tempo «posizionata» sull’opposta sponda. Eppure, la Questua è decisamente bipartisan. Sottolinea come l’intera classe politica- tranne rarissime eccezioni- sia da sempre estremamente sensibile al prestigio (e al peso elettorale) della Chiesa. Non omette di menzionare, ma anzi evidenzia, assai criticamente, l’impegno del cattolico Prodi nell’evitare il confronto, sollecitato dall’Unione Europea, sui privilegi fiscali dei beni ecclesiastici. Riconosce al centro-sinistra il «merito» di aver favorito le scuole cattoliche con agevolazioni negate per cinquant’anni dai governi a maggioranza democristiana. Maltese non è nemmeno un acceso anticlericale. Non tratta la Chiesa da «casta» in termini sprezzanti. Evita accuratamente giudizi approssimativi, rifiuta di confondere santi e faccendieri, si allontana orgogliosamente dal coro dei livorosi libellisti che alimentano la cultura del sospetto e del mugugno. Il suo rispetto nei confronti dell’istituzione d’oltretevere è palese. Ammira i preti di frontiera, i volontari che combattono in situazioni estreme, gli ambasciatori di pace, quelli che combattono dalla parte degli ultimi. A tratti affiora persino una venatura di nostalgia per quell’Italia più povera, ma più solida e solidale, nella quale alla parrocchia e alla sezione del Pci era rimesso il compito, fondamentale, di accompagnare, sostenere, educare i nostri ragazzi. Nonostante tutto questo, o, meglio, proprio a causa di tutto questo, ben si comprendono il diktat prelatizio e la «reazione a catena» degli ambienti cattolici di cui parla, nell’introduzione al volume, Ezio Mauro.
Maltese ha un peccato originale: è un laico. E lo rivendica nel momento nel quale più acuto e conflittuale è il distacco fra il sentire laico e quello religioso.
Il suo racconto, intessuto di regalìe, spregiudicate operazioni finanziarie, abili inziative imprenditoriali, segnato da qualche nefandezza e da qualche eroismo, coinvolge davvero tutti: santi e faccendieri, credenti e non. E il «viaggio» del denaro e dei beni materiali può illuminarci, sui nodi di fondo, meglio di tanti saggi di ben più ambizioso spessore. Fra Stato e Chiesa c’è un patto non scritto. Lo Stato, smantellando il welfare, si ritira da territori che la Chiesa prontamente occupa. Gli ultimi, abbandonati a sè stessi dall’imperante neoliberismo, sono affidati alle mani amorevoli di un’istituzione millenaria. Donazioni, esenzioni, accumulazioni sono il prezzo dello scambio. Ma un simile accordo può reggere, e rivelarsi un bene per tutti, solo a condizione di assoluta reciprocità. Il che accade quando il laico e il credente, e le istituzioni che li rappresentano, si «sentano» simili. Ovvero, rispettino ciascuno le sfere di propria competenza. Argomento che è alla base del sentire laico ma che, oggi, la grande maggioranza dei credenti rifiuta. La grande bestia nera della fede si chiama relativismo etico. Categoria concettuale incompatibile con il regno dell’assoluto che impone altrettanto assoluta adesione. Nelle parole dell’amico addentro alle vaticane cose c’è il riconoscimento di una verità che il laico Maltese non può non condividere: esiste, oggi, un limite, nel dialogo, oltre il quale il credente non può spingersi. Anche perché - in perfetta buona fede - per un credente, oggi più che mai, il laico è un oggetto misterioso. Come può accadere, ad esempio, che un laico si prodighi per gli ultimi, assista i malati, si prenda cura della famiglia se non gliel’ha comandato Dio? Perché non si limita ad arricchirsi e a peccare, come ogni altra creatura che non è ancora stata toccata dalla Luce? Dal mistero alla conversione il passo è breve. Quella pecorella smarrita deve essere ricondotta alla ragione. Rectius: alla fede. In questa situazione di contrapposizione, è quanto meno paradossale che uno dei due contendenti finanzi generosamente l’altro. Ma è esattamente ciò che accade, oggi, in Italia. Ed è la rivelazione del paradosso, con ogni evidenza, a suscitare lo «scandalo».
Lo Stato, ufficialmente laico, finanzia un’istituzione che non riconosce il valore della laicità, ed utilizza, in larga misura, i soldi che le vengono elargiti per rivendicare la propria ostilità contro di essa. La Chiesa istituzione ne esce rafforzata, lo Stato indebolito, quasi succube.
E poiché un paradosso tira l’altro, nota Maltese, citando autorevoli commentatori cattolici (di solito decisamente più acuti e coraggiosi di tanti maestri del pensiero laico), la Chiesa non è mai stata così forte mediaticamente ed economicamente, e così debole nella sua «presa» sul quotidiano. Proprio quella «presa» che l’egemonia culturale dovrebbe garantire.
Difficile dar torto ai cardinali e ai commentatori che intuiscono l’humus insidioso di questo libro. Difficile, anche, dar torto ai fatti che Maltese enuncia. E forse impossibile condividere la sua speranza finale: che, cioè, un giorno (ma quando?) una forza autenticamente riformista e riformatrice batta un colpo alle porte del Vaticano.