l’Unità 24.6.08
Mistero Emanuela Orlandi «C’entra anche Marcinkus»
di Anna Tarquini
Emanuela Orlandi rapita su ordine di Marcinkus per mettere sotto scacco il Vaticano e dire: «noi sappiamo cosa accade lì...». Emanuela tenuta sequestrata in un appartamento a Roma, poi drogata e infine uccisa e seppellita in una betoniera a Torvaianica. Oppure seppellita a Roma, di nascosto, in quella tomba nella chiesa di Sant’Apollinare dove da anni - e misteriosamente - per ordine del cardinale vicario Poletti riposa un pluriassassino. Perché la Chiesa si sarebbe tanto ostinata a difendere la sepoltura di un boss della Banda della Magliana? Perché dentro quella tomba non ci sarebbe lui, ma lei, Emanuela. E Marcinkus? «Amava le minorenni e poi riciclava i soldi della Banda della Magliana». Misteri, depistaggi, coincidenze francamente eccessive. A venticinque anni esatti dalla sua scomparsa ecco, a bomba, una supertestimone che dice di conoscere il mistero della Orlandi rapita il 22 giugno del 1983. È la donna di Renatino De Pedis, capo storico della Banda della Magliana assassinato nel 1990 a pistolettate, colui che riposa in terra vaticana. Siamo a una svolta o invece una vicenda tutt’altro che chiara come sostengono in molti a cominciare dalla famiglia? Certo almeno una grande inesattezza c’è: secondo la donna Emanuela sarebbe stata seppellita insieme a Domenico Nicitra, un bambino di 11 anni ucciso per vendetta dalla banda. A farlo sarebbe stato De Pedis. Ma quando Nicitra venne rapito De Pedis era morto da due anni. Invece esiste - e le fonti sono attendibili - la casa della betoniera.
Cominciamo subito da una certezza che è insieme anche cosa inusuale. Ieri mattina alla procura di Roma era in programma un vertice per fare il punto sulle indagini mai chiuse. Già da domenica, nel giorno dell’anniversario della scomparsa, si vociferava di una superteste. Ieri però dalla Procura è uscita qualcosa di più di una notizia: il testo praticamente integrale degli interrogatori - in data 14 e 15 marzo - della signora Sabrina Minardi. Tanto è vero che la polizia ha perquisito l’agenzia di stampa che aveva i verbali. Ecco. Dare in pasto un testimone così, a regola, vuol dire screditarlo. Invece chiara è la precisazione con la quale i magistrati stessi accompagnano le notizie: ci sono sì incongruenze temporali nel racconto, ma anche dettagli che devono essere approfonditi con attenzione.
Chi è Sabrina Minardi? Si autodefinisce da sola una donna «dal passato avventuroso». Ex moglie del calciatore Bruno Giordano, ex tossicodipendente, finita «in cronaca» per giri di prostituzione. Sua figlia - quando si scatena il caso - è la ragazza finita sui giornali perché era in auto con il pirata della strada che ha massacrato a Roma due studenti universitari in motorino. Circa due mesi fa, e dopo un silenzio di 25 anni, la signora Minardi si è presentata ai magistrati per raccontare la sua verità. «Emanuela è morta, la portai io stessa in automobile da un uomo. Scese da una Mercedes nera targata Città del Vaticano. Era vestito da prete: con l’abito nero lungo e il cappello a grandi falde. Prese Emanuela e la portò via».
Ancora un passo indietro. Tre anni fa la trasmissione «Chi l’ha visto?» si occupa del caso Orlandi. E in trasmissione chiama il figlio di Roberto Calvi, il banchiere dello Ior assassinato a Londra sotto il ponte dei Frati neri. Dice il figlio di Calvi: la banda della Magliana venne utilizzata nel rapimento di Emanuela Orlandi. «C’è una forte possibilità - dice - che sia stata utilizzata per i suoi legami con la mafia, che a sua volta ha rapporti con i Lupi Grigi, per mandare un ulteriore minaccia al Papa». Siamo ancora alla pista che vuole Emanuela rapita per far liberare Alì Agca, l’attentatore del Papa. Emanuela e Mirella Gregori, anche lei cittadina vaticana. Successivamente in trasmissione arriva un’altra telefonata che dice: «Se volete sapere qualcosa di Emanuela guardate nella tomba di Renatino De Pedis, a Sant’Apollinare». Si apre la polemica: ma come, un criminale sepolto in una chiesa? E la Chiesa risponde: «Ha fatto molte opere di bene». Poi è la volta di Antonio Mancini, superpentito della Magliana, giudicato attendibile che dice: «Ho riconosciuto la voce del telefonista, quello che mandava i messaggi in casa Orlandi. È la voce di Mario l’autista di De Pedis». L’anello si ricongiunge. È praticamente certo che la Banda della Magliana ha avuto parte nel sequestro. Mancini viene interrogato ma poi, di recente, la procura lo liquida come inattendibile. «Dice che De Pedis è vivo». E anche se lui nega di aver mai detto tale bestialità la procura insiste. Quella stessa procura che ieri ha dato ai giornali la versione «discretamente attendibile» della super teste Sabrina Minardi.
«Me lo chiese Renatino di fare una cosa. Io arrivai lì al bar Gianicolo con una macchina. Poi Renato, il signor De Pedis, con cui in quel tempo avevo una relazione, mi disse di prendere un’altra macchina che era una Bmw e di accompagnare questa ragazza dove sta il benzinaio del Vaticano, che ci sarebbe stata una macchina targata Città del Vaticano che stava aspettando questa ragazza. Io così feci». Minardi non sa nulla, ma a un certo punto si accorge che sta portando Emanuela Orlandi, il suo volto è sui manifesti di tutta Roma. Tutto avviene sette mesi prima della presunta morte. «La identificai come Emanuela Orlandi. Era frastornata, era confusa sta ragazza. Si sentiva che non stava bene: piangeva, rideva. Parlava di un certo Paolo, non so se fosse il fratello. Diceva: “Mi porti da Paolo ora vero?”. Quando l’accompagnai c’era un signore con tutte le sembianze di essere un sacerdote. Io feci scendere la ragazza: “Buonasera, lei aspettava me?”. “Sì, credo proprio di sì”. Poi, dopo che avevo realizzato chi era dissi a Renato: “A Renà, ma quella non era..”. Ha detto: “Tu, se l’hai riconosciuta è meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi”. Rapita e tenuta nascosta, ma dove? Sabrina Minardi segna ancora un collegamento con quell’oscuro mondo criminale. Emanuela era tenuta prigioniera in uno scantinato enorme, sulla gianicolense. Era in casa di una donna, la signora Daniela Mobili, legata a un altro boss della Magliana, Danilo Abbruciati. La ragazza venne accompagnata all’appuntamento al bar Gianicolense dalla signora Teresina, la governante. «Vai bella via - le disse - . Ora vai con la signora io ti riaspetto, ritorni qui». «Parlava male sta ragazza, trascinava le parole. Le domandai: “Come ti chiami?” “Emanuela” mi rispose». «Di lì a pochi giorni - continua la donna - tentarono di rapire mia figlia. Chiamai immediatamente Renato e mi disse: “Ma se tu ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia”».
Il movente. «Emanuela Orlandi sarebbe stata prelevata da Renatino De Pedis su ordine di monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior». Perché? «È come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia». Nessuno può smentire: né De Pedis, né Marcinkus che sono morti. E Sabrina Minardi spiega: «Renato aveva interesse a cosare con Marcinkus perché questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri». E dietro insistenze: «Io la motivazione esatta non la so, però posso dire che con De Pedis conobbi monsignor Marcinkus. Io a monsignor Marcinkus a volte portavo anche le ragazze lì, in un appartamento di fronte, a via Porta Angelica. Sarà successo in totale quattro o cinque volte. lui era vestito come una persona normale. C’era poi il segretario, un certo Flavio. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: “C’è il dottore che vorrebbe avere un incontro”. Poi, a lui piacevano più minorenni». Ricorda, Sabrina, di quella volta che portarono un miliardo a monsignor Marcinkus. E racconta - lo aveva già detto nel 2006 a Chi l’ha visto? - di quella volta che Renatino le comprò un vestito nero, «sembravo una suora», ed era per una cena. «Andai a cena a casa di Andreotti, con Renato. E in quel periodo Renato era latitante».
Ma Nicitra sparì due anni dopo...
La testimonianza di Sabrina Minardi, tanto precisa, cade sulle date e su una circostanza, la più importante, la sepoltura di Emanuela. Perché, sostiene, Emanuela venne seppellita insieme a Domenico Nicitra, figlio del boss della Magliana rapito e ucciso. Ma Nicitra sparì due anni dopo la morte di Renatino De Pedis.
Ecco il suo racconto: «Renato mi portò a pranzo in un ristorante a Torvaianica, da “Pippo l’Abruzzese”. Lui aveva un appuntamento con Sergio (che, a suo dire, faceva da autista a Renato) il quale portò quel bambino: Nicitra; il nome non me lo ricordo. Portò, dice lui, il corpo di Emanuela Orlandi. Io non lo so che c’era dentro i sacchi perché rimasi in macchina. Dice che, però, era meglio sterminare tutto, lui la pensava così. Sterminare tutto così non ce stanno più prove, non ci sta più niente. Lui mi disse che dentro a quella betoniera ci buttò quei due corpi». «C’era un cantiere lì vicino, come dire, una cosa in costruzione. Noi riprendemmo tranquillamente la macchina e pensavo di dirigermi verso Roma. Lui mi disse: “Gira qui, vai li” e andammo in questo cantiere. Disse: “Stanno costruendo”. Dico: “Che me devo fermà a fà?”. Dice: “No, qui stanno a costruì delle case delle persone che conosco, sta a costruì un palazzo o a ristrutturare, non mi ricordo. Fermate qua!”. Mi fermai e arrivò Sergio con la sua macchina e ad un certo punto misero in moto la betoniera. Vidi Sergio con una sacco per volta e dopo chiesi a Renato: “aho, ma che c’era dentro a quel..”. “Ah, è meglio ammazzalle subito, levalle subito le prove”, dice. “E chi c’era?”. Dice: “Che te lo devo dì io!”. “Poi, io andai a casa e spinta dalla curiosità, le dico la verità, lo feci pippà Renato spinta proprio dalla curiosità di voler sapere e lui me lo disse. “Le prove si devono estirpare”. Lui usava molto questa parola: “dall’inizio, dalla radice”. Non lo so se ’sta ragazza aveva visto qualcuno; ’B non essendoci più nè i corpi, nè niente, era meglio togliere di mezzo tutto, la parola tua contro la mia, diceva lui». La donna riferisce che la sua relazione con De Pedis iniziò nella primavera inoltrata dell’82 e andò avanti fino a novembre ’84. Quindi, Renatino venne arrestato e lei lo avrebbe rivisto dopo la sua uscita dal carcere nell’87. Di Emanuela Orlandi si persero le tracce il 22 giugno dell’83. Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo per i delitti commessi dalla banda della Magliana, scomparve il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. E De Pedis in quell’epoca era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio del ’90.
Mistero Emanuela Orlandi «C’entra anche Marcinkus»
di Anna Tarquini
Emanuela Orlandi rapita su ordine di Marcinkus per mettere sotto scacco il Vaticano e dire: «noi sappiamo cosa accade lì...». Emanuela tenuta sequestrata in un appartamento a Roma, poi drogata e infine uccisa e seppellita in una betoniera a Torvaianica. Oppure seppellita a Roma, di nascosto, in quella tomba nella chiesa di Sant’Apollinare dove da anni - e misteriosamente - per ordine del cardinale vicario Poletti riposa un pluriassassino. Perché la Chiesa si sarebbe tanto ostinata a difendere la sepoltura di un boss della Banda della Magliana? Perché dentro quella tomba non ci sarebbe lui, ma lei, Emanuela. E Marcinkus? «Amava le minorenni e poi riciclava i soldi della Banda della Magliana». Misteri, depistaggi, coincidenze francamente eccessive. A venticinque anni esatti dalla sua scomparsa ecco, a bomba, una supertestimone che dice di conoscere il mistero della Orlandi rapita il 22 giugno del 1983. È la donna di Renatino De Pedis, capo storico della Banda della Magliana assassinato nel 1990 a pistolettate, colui che riposa in terra vaticana. Siamo a una svolta o invece una vicenda tutt’altro che chiara come sostengono in molti a cominciare dalla famiglia? Certo almeno una grande inesattezza c’è: secondo la donna Emanuela sarebbe stata seppellita insieme a Domenico Nicitra, un bambino di 11 anni ucciso per vendetta dalla banda. A farlo sarebbe stato De Pedis. Ma quando Nicitra venne rapito De Pedis era morto da due anni. Invece esiste - e le fonti sono attendibili - la casa della betoniera.
Cominciamo subito da una certezza che è insieme anche cosa inusuale. Ieri mattina alla procura di Roma era in programma un vertice per fare il punto sulle indagini mai chiuse. Già da domenica, nel giorno dell’anniversario della scomparsa, si vociferava di una superteste. Ieri però dalla Procura è uscita qualcosa di più di una notizia: il testo praticamente integrale degli interrogatori - in data 14 e 15 marzo - della signora Sabrina Minardi. Tanto è vero che la polizia ha perquisito l’agenzia di stampa che aveva i verbali. Ecco. Dare in pasto un testimone così, a regola, vuol dire screditarlo. Invece chiara è la precisazione con la quale i magistrati stessi accompagnano le notizie: ci sono sì incongruenze temporali nel racconto, ma anche dettagli che devono essere approfonditi con attenzione.
Chi è Sabrina Minardi? Si autodefinisce da sola una donna «dal passato avventuroso». Ex moglie del calciatore Bruno Giordano, ex tossicodipendente, finita «in cronaca» per giri di prostituzione. Sua figlia - quando si scatena il caso - è la ragazza finita sui giornali perché era in auto con il pirata della strada che ha massacrato a Roma due studenti universitari in motorino. Circa due mesi fa, e dopo un silenzio di 25 anni, la signora Minardi si è presentata ai magistrati per raccontare la sua verità. «Emanuela è morta, la portai io stessa in automobile da un uomo. Scese da una Mercedes nera targata Città del Vaticano. Era vestito da prete: con l’abito nero lungo e il cappello a grandi falde. Prese Emanuela e la portò via».
Ancora un passo indietro. Tre anni fa la trasmissione «Chi l’ha visto?» si occupa del caso Orlandi. E in trasmissione chiama il figlio di Roberto Calvi, il banchiere dello Ior assassinato a Londra sotto il ponte dei Frati neri. Dice il figlio di Calvi: la banda della Magliana venne utilizzata nel rapimento di Emanuela Orlandi. «C’è una forte possibilità - dice - che sia stata utilizzata per i suoi legami con la mafia, che a sua volta ha rapporti con i Lupi Grigi, per mandare un ulteriore minaccia al Papa». Siamo ancora alla pista che vuole Emanuela rapita per far liberare Alì Agca, l’attentatore del Papa. Emanuela e Mirella Gregori, anche lei cittadina vaticana. Successivamente in trasmissione arriva un’altra telefonata che dice: «Se volete sapere qualcosa di Emanuela guardate nella tomba di Renatino De Pedis, a Sant’Apollinare». Si apre la polemica: ma come, un criminale sepolto in una chiesa? E la Chiesa risponde: «Ha fatto molte opere di bene». Poi è la volta di Antonio Mancini, superpentito della Magliana, giudicato attendibile che dice: «Ho riconosciuto la voce del telefonista, quello che mandava i messaggi in casa Orlandi. È la voce di Mario l’autista di De Pedis». L’anello si ricongiunge. È praticamente certo che la Banda della Magliana ha avuto parte nel sequestro. Mancini viene interrogato ma poi, di recente, la procura lo liquida come inattendibile. «Dice che De Pedis è vivo». E anche se lui nega di aver mai detto tale bestialità la procura insiste. Quella stessa procura che ieri ha dato ai giornali la versione «discretamente attendibile» della super teste Sabrina Minardi.
«Me lo chiese Renatino di fare una cosa. Io arrivai lì al bar Gianicolo con una macchina. Poi Renato, il signor De Pedis, con cui in quel tempo avevo una relazione, mi disse di prendere un’altra macchina che era una Bmw e di accompagnare questa ragazza dove sta il benzinaio del Vaticano, che ci sarebbe stata una macchina targata Città del Vaticano che stava aspettando questa ragazza. Io così feci». Minardi non sa nulla, ma a un certo punto si accorge che sta portando Emanuela Orlandi, il suo volto è sui manifesti di tutta Roma. Tutto avviene sette mesi prima della presunta morte. «La identificai come Emanuela Orlandi. Era frastornata, era confusa sta ragazza. Si sentiva che non stava bene: piangeva, rideva. Parlava di un certo Paolo, non so se fosse il fratello. Diceva: “Mi porti da Paolo ora vero?”. Quando l’accompagnai c’era un signore con tutte le sembianze di essere un sacerdote. Io feci scendere la ragazza: “Buonasera, lei aspettava me?”. “Sì, credo proprio di sì”. Poi, dopo che avevo realizzato chi era dissi a Renato: “A Renà, ma quella non era..”. Ha detto: “Tu, se l’hai riconosciuta è meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi”. Rapita e tenuta nascosta, ma dove? Sabrina Minardi segna ancora un collegamento con quell’oscuro mondo criminale. Emanuela era tenuta prigioniera in uno scantinato enorme, sulla gianicolense. Era in casa di una donna, la signora Daniela Mobili, legata a un altro boss della Magliana, Danilo Abbruciati. La ragazza venne accompagnata all’appuntamento al bar Gianicolense dalla signora Teresina, la governante. «Vai bella via - le disse - . Ora vai con la signora io ti riaspetto, ritorni qui». «Parlava male sta ragazza, trascinava le parole. Le domandai: “Come ti chiami?” “Emanuela” mi rispose». «Di lì a pochi giorni - continua la donna - tentarono di rapire mia figlia. Chiamai immediatamente Renato e mi disse: “Ma se tu ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia”».
Il movente. «Emanuela Orlandi sarebbe stata prelevata da Renatino De Pedis su ordine di monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior». Perché? «È come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia». Nessuno può smentire: né De Pedis, né Marcinkus che sono morti. E Sabrina Minardi spiega: «Renato aveva interesse a cosare con Marcinkus perché questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri». E dietro insistenze: «Io la motivazione esatta non la so, però posso dire che con De Pedis conobbi monsignor Marcinkus. Io a monsignor Marcinkus a volte portavo anche le ragazze lì, in un appartamento di fronte, a via Porta Angelica. Sarà successo in totale quattro o cinque volte. lui era vestito come una persona normale. C’era poi il segretario, un certo Flavio. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: “C’è il dottore che vorrebbe avere un incontro”. Poi, a lui piacevano più minorenni». Ricorda, Sabrina, di quella volta che portarono un miliardo a monsignor Marcinkus. E racconta - lo aveva già detto nel 2006 a Chi l’ha visto? - di quella volta che Renatino le comprò un vestito nero, «sembravo una suora», ed era per una cena. «Andai a cena a casa di Andreotti, con Renato. E in quel periodo Renato era latitante».
Ma Nicitra sparì due anni dopo...
La testimonianza di Sabrina Minardi, tanto precisa, cade sulle date e su una circostanza, la più importante, la sepoltura di Emanuela. Perché, sostiene, Emanuela venne seppellita insieme a Domenico Nicitra, figlio del boss della Magliana rapito e ucciso. Ma Nicitra sparì due anni dopo la morte di Renatino De Pedis.
Ecco il suo racconto: «Renato mi portò a pranzo in un ristorante a Torvaianica, da “Pippo l’Abruzzese”. Lui aveva un appuntamento con Sergio (che, a suo dire, faceva da autista a Renato) il quale portò quel bambino: Nicitra; il nome non me lo ricordo. Portò, dice lui, il corpo di Emanuela Orlandi. Io non lo so che c’era dentro i sacchi perché rimasi in macchina. Dice che, però, era meglio sterminare tutto, lui la pensava così. Sterminare tutto così non ce stanno più prove, non ci sta più niente. Lui mi disse che dentro a quella betoniera ci buttò quei due corpi». «C’era un cantiere lì vicino, come dire, una cosa in costruzione. Noi riprendemmo tranquillamente la macchina e pensavo di dirigermi verso Roma. Lui mi disse: “Gira qui, vai li” e andammo in questo cantiere. Disse: “Stanno costruendo”. Dico: “Che me devo fermà a fà?”. Dice: “No, qui stanno a costruì delle case delle persone che conosco, sta a costruì un palazzo o a ristrutturare, non mi ricordo. Fermate qua!”. Mi fermai e arrivò Sergio con la sua macchina e ad un certo punto misero in moto la betoniera. Vidi Sergio con una sacco per volta e dopo chiesi a Renato: “aho, ma che c’era dentro a quel..”. “Ah, è meglio ammazzalle subito, levalle subito le prove”, dice. “E chi c’era?”. Dice: “Che te lo devo dì io!”. “Poi, io andai a casa e spinta dalla curiosità, le dico la verità, lo feci pippà Renato spinta proprio dalla curiosità di voler sapere e lui me lo disse. “Le prove si devono estirpare”. Lui usava molto questa parola: “dall’inizio, dalla radice”. Non lo so se ’sta ragazza aveva visto qualcuno; ’B non essendoci più nè i corpi, nè niente, era meglio togliere di mezzo tutto, la parola tua contro la mia, diceva lui». La donna riferisce che la sua relazione con De Pedis iniziò nella primavera inoltrata dell’82 e andò avanti fino a novembre ’84. Quindi, Renatino venne arrestato e lei lo avrebbe rivisto dopo la sua uscita dal carcere nell’87. Di Emanuela Orlandi si persero le tracce il 22 giugno dell’83. Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo per i delitti commessi dalla banda della Magliana, scomparve il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. E De Pedis in quell’epoca era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio del ’90.