martedì 3 giugno 2008

Il vero volto di padre Gemelli

La Repubblica, 03/07/2007

NELLO AJELLO

Il vero volto di padre Gemelli
Documenti, anche inediti, confermano razzismo e delazioni Fondatore dell' Università Cattolica fu un factotum di grande potere * Denunciò uno studente, poi condannato al confino, perché leggeva Lenin - La guerra contro padre pio di pietralcina - L' antisemitism ricordato nel libro di Rosetta Loy

Un romanzo dal vero. Una storia esemplare del Novecento italiano. Un inesauribile work in progress. Sto parlando della presenza di Agostino Gemelli (1878-1959) nella storia, e nelle cronache, del nostro Paese. E' come se alla fama di questo personaggio, a quasi mezzo secolo dalla morte, non bastasse di essere affidata ad una coppia di istituzioni solide e giustamente proverbiali: l' Università cattolica del Sacro Cuore, da lui fondata nel 1919 a Milano - e nella quale si sono formati alcuni esponenti illustri del cattolicesimo politico, a partire da Giuseppe Dossetti - e il Policlinico a lui intestato a Roma. Di ricerca in ricerca, altri capitoli integrano il romanzo di cui dicevo. Il protagonista emerge come un factotum dotato di rilevante potere, in bilico tra religione, politica e scienza. A illustrarne la personalità valgono, fra l' altro, alcune immagini che egli ha ispirato. Basti ricordarne una, «la cimice sul saio», che, coniata dal suo biografo Giorgio Cosmacini, si riferisce alla contemporanea devozione che il francescano Gemelli professava al Vaticano e a palazzo Venezia («cimice» veniva popolarmente chiamato il distintivo del Fascio). In una mostra sulla partecipazione degli antifascisti italiani alla guerra civile spagnola, curata da Gianna Granati per la fondazione Nenni, inaugurata a Roma l' inverno scorso e ora trasferita a turno in altre città italiane, Gemelli è di casa: una serie di documenti, illustrati nei pannelli, documentano la sua attività d' informatore del governo fascista. Oggetto di questi "promemoria" sono gli intellettuali che il celebre religioso incontrava nelle sue molteplici attività di docente, di Rettore della Cattolica e in generale di animatore culturale. Emblematico è il caso di uno studente universitario, Giuseppe Boretti. Già noto alla polizia per aver partecipato nel 1930 a manifestazioni antifasciste in favore di Arturo Toscanini, proposto per l' assegnazione al confino e poi semplicemente «ammonito», Boretti viene indicato in una lettera di Gemelli alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza per aver richiesto alla biblioteca dell' Università milanese, in complicità con un altro studente, Eugenio Giovanardi, alcuni volumi riguardanti le «teorie leniniste». Il tutto risulta da un documento dell' aprile 1933 - a firma del capo della polizia fascista, Arturo Bocchini. I due giovani, fermati e perquisiti, vengono accusati di aver svolto propaganda comunista nella sede della «Cattolica». Denunziato al Tribunale Speciale e poi prosciolto, Boretti fu comunque assegnato «al confino di polizia per la durata di cinque anni», ancora una volta non scontati essendo intervenuto un richiamo alle armi con affidamento a una «compagnia di correzione». Già intricata, qui a storia diventa un «giallo» d' azione: evaso, il sovversivo è arrestato alla frontiera con la Svizzera e tradotto a Portoferraio (nel «Plotone Speciale dei militari confinati», si specifica in linguaggio «buro-poliziesco»). Benché sottoposto ad attiva sorveglianza in quanto «irriducibile nemico del Regime», Boretti evade ancora una volta, il 9 aprile 1937, sempre insieme all' amico Giovanardi. Li si ritrova in Spagna, combattenti sul fronte antifranchista nella Brigata Garibaldi. Mentre di Giovanardi si perdono le tracce, varie carte della polizia, datate 1939, attestano che in quella guerra Boretti trovò la morte. Una trama - come spesso quelle che implicano padre Gemelli - venata di suspense. Non per nulla il caso Boretti-Giovanardi copre varie pagine del volume di Mimmo Franzinelli, Delatori (Mondadori 2001). Spicca, formulata dall' autore, un' ipotesi: che a Gemelli l' attività di confidente del regime servisse per contrastare gli attacchi di quei fascisti che additavano proprio in lui un «cattivo maestro della gioventù italiana». A differenza del ras di Cremona Roberto Farinacci, che al Rettore della Cattolica era legato dalla comune ossessione antisemita, non sempre i gerarchi consideravano con simpatia il suo cangiante attivismo. Nel fascicolo «Gemelli» depositato all' Archivio Centrale dello Stato, si trovano informative nelle quali gli agenti della Polizia politica formulano su di lui pesanti riserve. In una nota del 4 febbraio 1932 si accenna a una conferenza di Gemelli sul problema razziale e il «meticciato», nel corso della quale il celebre religioso dà «pienamente ragione ai provvedimenti del Governo nell' interesse della razza bianca». Ma - sottolinea l' agente - «gli studenti e il pubblico» appaiono «vivamente meravigliati nel vedere un Frate» esprimere «argomenti in contrasto con le direttive del Vaticano, desumendone che quest' ultimo avrebbe cambiato parere» sulla questione ebraica. Ambiguo Gemelli, non meno ambigui coloro che lo criticano. Più d' un attacco contro di lui viene presentato come opinione prevalente nel mondo cattolico. In un' informativa datata Città del Vaticano, 23 novembre 1933, si segnala «un po' di risentimento contro il Padre Agostino Gemelli, dei Minori, per la guerra da lui fatta a Padre Pio di Pietralcina, Cappuccino, che vive nel concetto di Santità». E l' informatore così conclude: «Persone che hanno avvicinato il Padre Pio, assicurano trattarsi veramente di un Santo», mentre chi ha di fronte Gemelli sente di incontrare «un fanfarone qualunque che non ha affatto lo spirito religioso». Altra volta, pur riconoscendo che «nelle conferenze e nelle prediche» il noto religioso «si ispira sempre a simpatia e devozione per il Regime», il confidente di polizia accoglie le voci relative a «certe sue passeggiate fatte sul Lago Maggiore col pretesto della propaganda e in compagnia di ragazze della gioventù cattolica». Risale infine all' estate del '42 una specie di requisitoria ad uso poliziesco intitolata «l' inframettenza gemelliana in tutti i campi». E' il ritratto d' un intrigante, di cui s' illustra la tendenza a «imporre la sua volontà anche nel campo scientifico nel quale non è specializzato». Quando, volendo vendicarsi contro chi dissente dalle sue teorie, non dispone di argomenti, egli «lo fa spesso e volentieri nel campo della delazione e della calunnia». Vizio che, formulato da una spia professionale, esperta dunque nel ramo, sembra pesare il doppio. Oggetto e vittima di informazioni riservate, e informatore egli stesso, Gemelli non tralascia comunque alcuna occasione per rendersi utile. Porta la data del 27 dicembre 1935 una lettera a sua firma su carta intestata della Universitas Catholica Sacri Cordis Jesu Mediolani. Ne è destinatario il Ministro dell' Educazione Nazionale. «Mi permetto di segnalare a Vostra Eccellenza», scrive il Rettore in questa missiva finora inedita, «una circolare mandata ai professori dell' Università Cattolica intorno ad una riunione da tenersi a Monaco dal 1º al 12 febbraio, per iniziativa dell' «Association Universelle pour la Protection Internationale de l' Humanité». Informazioni assunte da amici fidati mi dicono che si tratta di un' organizzazione di carattere massonico» Perciò «accludo una copia della circolare». Sul foglio, qualcuno ha segnato: «Si senta il ministero Esteri». Il quale risponde dando ragione a Gemelli. «Da informazioni pervenute» dal Consolato del Principato di Monaco, «pare» che la riunione «emani da organizzazioni di carattere massonico». Il tutto legato a «una metodica opera di "disfattismo" nei confronti del nostro Paese». Conclusione: è «opportuno soprassedere a qualsiasi adesione». Si può osservare che, nella sua ottica, il frate scienziato ha mirato a un bersaglio giusto: forse solo la massoneria riesce a suscitare un odio concorde da parte delle autorità fasciste e di quelle cattoliche. Alla domanda se padre Gemelli sia ancora fra noi, si è tentati di rispondere di sì. Il personaggio non è di quelli che ti possano sfuggire di mente. Dieci anni fa un saggio di Rosetta Loy, La parola ebreo, ci ha riproposto con adeguato sgomento alcune escandescenze del frate-scienziato contro «i Giudei, che hanno crocifisso nostro Signore»; espressioni riportate nell' opera di Franco Cuomo, I Dieci, (Baldini Castoldi Dalai, 2005), dedicata agli scienziati che firmarono il Manifesto della razza: Gemelli non mancò all' appello. Sempre lui, con le sue azioni e i suoi pensieri, si riaffaccia ora nel libro di Emma Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini. Ed è ancora Gemelli a ripresentarsi nel lavoro di Lisa Roscioni, Lo smemorato di Collegno, dedicato a una vicenda proverbiale dell' Italia di ieri, e recensito sulla Repubblica da Pietro Citati. Forse lui per primo, il santo delatore, si sentiva intramontabile. Sapeva di essere un figlio del secolo (o magari di due). Come non dargli ragione, almeno in questo?