Aborto, Roberto Formigoni dichiara guerra al Tar
di Mariangela Maturi
Il Manifesto del 13/05/2008
Il governatore non accetta la sentenza che, accogliendo il ricorso della Cgil, annulla le sue linee guida sulla 194
L'ennesima nuvola nera oscura il Pirellone, sede della Regione Lombardia. Questa volta l'oggetto del contendere riguarda la legge 194, in particolare le linee guida deliberate a gennaio dalla giunta di Formigoni, e la sentenza del Tar che le ha invalidate. «Le motivazioni del tribunale sono curiose, speciose, inconsistenti», replica il governatore.
La decisione del Tar cancella con un colpo di spugna quelle norme formigoniane che, tra le altre complicazioni del caso, formalizzavano il limite dell'aborto terapeutico a 22 settimane e tre giorni dal concepimento; una decisione che accoglie le istanze di ricorso di alcuni medici e della Cgil lombarda.
Ma Formigoni non si arrende. «Domani (oggi, ndr) - promette - la giunta regionale si riunirà per deliberare d'urgenza il ricorso al Consiglio di Stato», perchè «non è compito del Tar intervenire in materia di Costituzione». Strano, perchè il Tar motiva l'annullamento delle direttive con la stessa argomentazione: i provvedimenti violano in parte l'art.117 della Costituzione, che attribuisce allo Stato la potestà in materia di tutela della salute. Inoltre, precisa il Tar, la legge 194 «non pare lasciare alcun spazio ad interventi di normazione amministrativa o comunque di stampo amministrativo». Insomma, il libero arbitrio regionale è illegittimo.
Marilisa D'Amico, una dei tre avvocati ad aver presentato il ricorso, parla di «intromissione immotivata della Regione Lombardia in materia di competenza esclusiva dello Stato». Esulta il capogruppo regionale di Rifondazione, Mario Agostinelli: «Il tentativo del presidente Formigoni di mettere un paletto all'autodeterminazione delle donne in Lombardia ha subìto una battuta d'arresto. E questa è davvero una buona notizia, proprio nel giorno in cui si riapre prepotentemente anche a livello nazionale il fuoco incrociato sulla legge che regolamenta l'interruzione volontaria di gravidanza».
Lella Brambilla, della segreteria regionale Cgil, ricorda un analogo pronunciamento del tribunale amministrativo: «Il Tar aveva già annullato anche parte della direttiva ministeriale sulla fecondazione artificiale, perchè entrava nel merito di competenze scientifiche che non erano di sua pertinenza». Eppure, Formigoni insiste rilevando che gli articoli 1 e 2 della legge 194 «prevedono contenuti e competenze di Stato, Regioni ed Enti locali ai fini della corretta attuazione della legge stessa». Vero, ma nell'ambito delle «proprie funzioni e competenze». Articolo 1: «Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Quanto all'articolo 2, parla solo di interventi degli enti locali per quanto riguarda i consultori familiari, su cui nessuno ha avuto da ridire: «Benvengano i finanziamenti per i consultori, quelli non sono mai stati in discussione», spiega Lella Brambilla della Cgil.
Dunque carta canta, e come da sentenza del Tar, la Regione deve ripristinare immediatamente le condizioni dello status quo ante. Ma la battaglia legale interessa poco la Cgil Lombardia, il sindacato chiede solo la stessa visibilità che era stata riservata all'entrata in vigore delle linee guida. Tutti, soprattutto le donne e gli operatori della sanità, dovrebbero essere informati sul risultato del ricorso. Ma colui che avrebbe voluto diventare ministro della Sanità, non ci sta e punta i piedi. Prossima puntata, ricorso urgente al Consiglio di Stato.
di Mariangela Maturi
Il Manifesto del 13/05/2008
Il governatore non accetta la sentenza che, accogliendo il ricorso della Cgil, annulla le sue linee guida sulla 194
L'ennesima nuvola nera oscura il Pirellone, sede della Regione Lombardia. Questa volta l'oggetto del contendere riguarda la legge 194, in particolare le linee guida deliberate a gennaio dalla giunta di Formigoni, e la sentenza del Tar che le ha invalidate. «Le motivazioni del tribunale sono curiose, speciose, inconsistenti», replica il governatore.
La decisione del Tar cancella con un colpo di spugna quelle norme formigoniane che, tra le altre complicazioni del caso, formalizzavano il limite dell'aborto terapeutico a 22 settimane e tre giorni dal concepimento; una decisione che accoglie le istanze di ricorso di alcuni medici e della Cgil lombarda.
Ma Formigoni non si arrende. «Domani (oggi, ndr) - promette - la giunta regionale si riunirà per deliberare d'urgenza il ricorso al Consiglio di Stato», perchè «non è compito del Tar intervenire in materia di Costituzione». Strano, perchè il Tar motiva l'annullamento delle direttive con la stessa argomentazione: i provvedimenti violano in parte l'art.117 della Costituzione, che attribuisce allo Stato la potestà in materia di tutela della salute. Inoltre, precisa il Tar, la legge 194 «non pare lasciare alcun spazio ad interventi di normazione amministrativa o comunque di stampo amministrativo». Insomma, il libero arbitrio regionale è illegittimo.
Marilisa D'Amico, una dei tre avvocati ad aver presentato il ricorso, parla di «intromissione immotivata della Regione Lombardia in materia di competenza esclusiva dello Stato». Esulta il capogruppo regionale di Rifondazione, Mario Agostinelli: «Il tentativo del presidente Formigoni di mettere un paletto all'autodeterminazione delle donne in Lombardia ha subìto una battuta d'arresto. E questa è davvero una buona notizia, proprio nel giorno in cui si riapre prepotentemente anche a livello nazionale il fuoco incrociato sulla legge che regolamenta l'interruzione volontaria di gravidanza».
Lella Brambilla, della segreteria regionale Cgil, ricorda un analogo pronunciamento del tribunale amministrativo: «Il Tar aveva già annullato anche parte della direttiva ministeriale sulla fecondazione artificiale, perchè entrava nel merito di competenze scientifiche che non erano di sua pertinenza». Eppure, Formigoni insiste rilevando che gli articoli 1 e 2 della legge 194 «prevedono contenuti e competenze di Stato, Regioni ed Enti locali ai fini della corretta attuazione della legge stessa». Vero, ma nell'ambito delle «proprie funzioni e competenze». Articolo 1: «Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Quanto all'articolo 2, parla solo di interventi degli enti locali per quanto riguarda i consultori familiari, su cui nessuno ha avuto da ridire: «Benvengano i finanziamenti per i consultori, quelli non sono mai stati in discussione», spiega Lella Brambilla della Cgil.
Dunque carta canta, e come da sentenza del Tar, la Regione deve ripristinare immediatamente le condizioni dello status quo ante. Ma la battaglia legale interessa poco la Cgil Lombardia, il sindacato chiede solo la stessa visibilità che era stata riservata all'entrata in vigore delle linee guida. Tutti, soprattutto le donne e gli operatori della sanità, dovrebbero essere informati sul risultato del ricorso. Ma colui che avrebbe voluto diventare ministro della Sanità, non ci sta e punta i piedi. Prossima puntata, ricorso urgente al Consiglio di Stato.