l’Unità 29.5.08
Il testamento biologico? In Italia è legge da 4 anni
Vincenza è la prima ad averne ottenuto il riconoscimento
L’ha scoperto un giudice di Modena: una norma nata per i matti
Applicato a Modena per una donna in base a una norma del 2004
di Anna Tarquini
Vincenza Santoro è la prima donna in Italia ad aver ottenuto da un magistrato il permesso di morire quando avrebbe deciso lei. Non di eutanasia, ma con modi e tempi regolati da un testamento biologico legalmente riconosciuto. Vincenza, ammalata di Sla, se n’è andata ieri così come voleva e lasciando a tutti i «Welby» un regalo immenso perché grazie a lei si è scoperto che il testamento biologico, in Italia, già c’è da 4 anni e non c’è bisogno di nessuna nuova normativa. È la legge di Paolo Cendon un vecchio avvocato civilista amico di Basaglia. La legge Cendon è in Gazzetta Ufficiale dal 19 gennaio 2004 e istituisce una nuova figura di tutore per i malati di mente, gli incapaci temporanei e anche quelli che nel pieno delle loro facoltà sanno che diventeranno incapaci. Nessuno aveva mai pensato di applicarla al testamento biologico. Fino a ieri.
NON PENSAVA certo al testamento biologico l’avvocato Cendon quando decise che bisognava ampliare le figure del tutore e del curatore. Era il 1986, era passata la legge Basaglia, i manicomi si apprestavano a chiudere e si doveva pensare a qualcuno, in fret-
ta. Una figura giuridica che avesse autorità e cura dei malati, ma non l’imperio di dire solo no a matrimoni e soldi. Ci voleva qualcuno che per legge, per ordine di un giudice tutelare, avesse il dovere di cura anche della persona e non solo dei beni. Che potesse prendere ordini dalla persona, quando era capace di intendere e di volere, per poi essere obbligato ad eseguirli. Le cose si sa non arrivano da sole, come una lampadina che si accende all’improvviso. Cendon studiò e scoprì che in Belgio, ma prima ancora in Francia, esisteva una figura chiamata Amministratore di sostegno già dal 1968. Cosa faceva l’Amministratore di sostegno? Tutelava, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. Vent’anni dopo, il 6 gennaio del 2004, il Senato licenziò le nuove regole. Finalità della legge: «Che la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio».
Vincenza Santoro, nata a Modena, un marito e quattro figli grandi non conosceva queste norme, ma il suo avvocato M. Grazia Scacchetti sì. E pure il giudice Guido Stanzani e la dottoressa Cinzia Zanoli responsabile dell’ufficio tutele della Usl di Modena che per la prima volta - grazie alla legge per i matti - hanno aperto la strada al testamento biologico. Ricoverata all’ospedale Sant’Agostino perché oramai aveva gravi crisi respiratorie, Vincenza Santoro ha chiesto al giudice di poter rifiutare la tracheotomia. La stessa cosa che chiese a suo tempo anche Coscioni ma che non ottenne perché, quando si arriva a quello stadio, il diritto del paziente al rifiuto delle cure si scontra con il dovere del medico a rianimare. Il 13 maggio scorso il giudice tutelare ha risposto che aveva ragione nominando Amministratore di sostegno suo marito, Benito Galano. Una nomina vincolante. Prescrive il decreto: «L'Amministratore di sostegno viene autorizzato a compiere, in nome e per conto della beneficiaria, le seguenti operazioni: negazione di consenso ai sanitari coinvolti a praticare ventilazione forzata e tracheostomia all'atto in cui, senza che sia stata manifestata contraria volontà della persona, l'evolversi della malattia imponesse, la specifica terapia salvifica». E il giudice motiva anche la sua decisione che in sintesi dice: ... premesso che le norme costituzionali non sono negoziabili; che ormai è precluso al medico di eseguire trattamenti sanitari senza che si dia quel consenso libero e informato del paziente; si tratta di un diritto, come la Cassazione ha lucidamente precisato, che è e resta assoluto... Non è improprio osservare, di fronte all'utilizzo così confuso e improprio del termine eutanasia nell'attuale dibattito italiano, che nessuno dei vari casi su cui oggi si controverte è riferibile a quella fattispecie mentre rientrano, all'opposto, nel diritto di autodeterminazione della persona. E conclude «ne deriva l'assoluta superfluità di un intervento del legislatore volto a introdurre e disciplinare il testamento biologico. Già esistono, infatti, il diritto sostanziale, lo strumento a mezzo del quale dare espressione alle proprie volontà (l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata) e, infine, l'istituto processuale di cui avvalersi (l'Amministrazione di sostegno, legge n. 6 del 2004).
Il testamento biologico? In Italia è legge da 4 anni
Vincenza è la prima ad averne ottenuto il riconoscimento
L’ha scoperto un giudice di Modena: una norma nata per i matti
Applicato a Modena per una donna in base a una norma del 2004
di Anna Tarquini
Vincenza Santoro è la prima donna in Italia ad aver ottenuto da un magistrato il permesso di morire quando avrebbe deciso lei. Non di eutanasia, ma con modi e tempi regolati da un testamento biologico legalmente riconosciuto. Vincenza, ammalata di Sla, se n’è andata ieri così come voleva e lasciando a tutti i «Welby» un regalo immenso perché grazie a lei si è scoperto che il testamento biologico, in Italia, già c’è da 4 anni e non c’è bisogno di nessuna nuova normativa. È la legge di Paolo Cendon un vecchio avvocato civilista amico di Basaglia. La legge Cendon è in Gazzetta Ufficiale dal 19 gennaio 2004 e istituisce una nuova figura di tutore per i malati di mente, gli incapaci temporanei e anche quelli che nel pieno delle loro facoltà sanno che diventeranno incapaci. Nessuno aveva mai pensato di applicarla al testamento biologico. Fino a ieri.
NON PENSAVA certo al testamento biologico l’avvocato Cendon quando decise che bisognava ampliare le figure del tutore e del curatore. Era il 1986, era passata la legge Basaglia, i manicomi si apprestavano a chiudere e si doveva pensare a qualcuno, in fret-
ta. Una figura giuridica che avesse autorità e cura dei malati, ma non l’imperio di dire solo no a matrimoni e soldi. Ci voleva qualcuno che per legge, per ordine di un giudice tutelare, avesse il dovere di cura anche della persona e non solo dei beni. Che potesse prendere ordini dalla persona, quando era capace di intendere e di volere, per poi essere obbligato ad eseguirli. Le cose si sa non arrivano da sole, come una lampadina che si accende all’improvviso. Cendon studiò e scoprì che in Belgio, ma prima ancora in Francia, esisteva una figura chiamata Amministratore di sostegno già dal 1968. Cosa faceva l’Amministratore di sostegno? Tutelava, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. Vent’anni dopo, il 6 gennaio del 2004, il Senato licenziò le nuove regole. Finalità della legge: «Che la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio».
Vincenza Santoro, nata a Modena, un marito e quattro figli grandi non conosceva queste norme, ma il suo avvocato M. Grazia Scacchetti sì. E pure il giudice Guido Stanzani e la dottoressa Cinzia Zanoli responsabile dell’ufficio tutele della Usl di Modena che per la prima volta - grazie alla legge per i matti - hanno aperto la strada al testamento biologico. Ricoverata all’ospedale Sant’Agostino perché oramai aveva gravi crisi respiratorie, Vincenza Santoro ha chiesto al giudice di poter rifiutare la tracheotomia. La stessa cosa che chiese a suo tempo anche Coscioni ma che non ottenne perché, quando si arriva a quello stadio, il diritto del paziente al rifiuto delle cure si scontra con il dovere del medico a rianimare. Il 13 maggio scorso il giudice tutelare ha risposto che aveva ragione nominando Amministratore di sostegno suo marito, Benito Galano. Una nomina vincolante. Prescrive il decreto: «L'Amministratore di sostegno viene autorizzato a compiere, in nome e per conto della beneficiaria, le seguenti operazioni: negazione di consenso ai sanitari coinvolti a praticare ventilazione forzata e tracheostomia all'atto in cui, senza che sia stata manifestata contraria volontà della persona, l'evolversi della malattia imponesse, la specifica terapia salvifica». E il giudice motiva anche la sua decisione che in sintesi dice: ... premesso che le norme costituzionali non sono negoziabili; che ormai è precluso al medico di eseguire trattamenti sanitari senza che si dia quel consenso libero e informato del paziente; si tratta di un diritto, come la Cassazione ha lucidamente precisato, che è e resta assoluto... Non è improprio osservare, di fronte all'utilizzo così confuso e improprio del termine eutanasia nell'attuale dibattito italiano, che nessuno dei vari casi su cui oggi si controverte è riferibile a quella fattispecie mentre rientrano, all'opposto, nel diritto di autodeterminazione della persona. E conclude «ne deriva l'assoluta superfluità di un intervento del legislatore volto a introdurre e disciplinare il testamento biologico. Già esistono, infatti, il diritto sostanziale, lo strumento a mezzo del quale dare espressione alle proprie volontà (l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata) e, infine, l'istituto processuale di cui avvalersi (l'Amministrazione di sostegno, legge n. 6 del 2004).