mercoledì 16 luglio 2008

"Da 16 anni mia figlia invasa dalle mani degli altri è ora di lasciarla in pace"

"Da 16 anni mia figlia invasa dalle mani degli altri è ora di lasciarla in pace"

La Repubblica del 16 luglio 2008, pag. 15

di Piero Colaprico

Signor Englaro, sul corpo di una donna sembra combattersi una battaglia ideologica e religiosa. Perl ei, che di questa donna è il padre, come stanno le cose?

«Per me è un errore gravissimo parlare di corpo. Eluana era una persona, che andava e va vista nella sua interezza. Mia figlia da oltre sedici anni è invasa in tutto e per tutto da mani altrui, cosa che detestava dopo aver visto, nelle condizioni in cui è poi finita lei, Alessandro, un suo amico. Aveva acceso una candela in chiesa, perché quel ragazzo morisse».



Da Sydney, il presidente della Conferenza episcopale Bagnasco ha duramente criticato i giudici e parlato di morte per fame e sete...

«Le pare che i giudici del nostro paese siano al livello che dice il cardinal Bagnasco? E’ un’offesa alle istituzioni. Ci sono due sentenze, una della Cassazione, l’altra della Corte d’Appello. E credo che nemmeno lui le abbia lette sino in fondo, anche se sono su Internet. La chiesa è ovviamente sovrana di attenersi ai suoi principi religiosi, ma questa è, come dire?, una sentenza ad personam. Cioè è stato analizzato e affrontato non un criterio generale, un principio-guida, ma un caso specifico. Mia figlia non accettava di vivere in quelle condizioni, ma la rianimazione ha interrotto il percorso naturale, sono stati i protocolli rianimativi a creare questa sua innaturale situazione. E io ho dato voce a lei senza più voce».



Come padre e basta?

«Non sono mai stato strumentalizzato, né politicamente né ideologicamente. Sono stato nominato tutore di Eluana, è stato nominato anche un curatore speciale, sono state ascoltate varie testimonianze per stabilire la volontà e lo stile divita di Eluana. Inoltre, seconda questione, lei non ha e non avrà mai più coscienza di sé e del mondo esterno che la circonda. Non ha, non ha mai avuto e non avrà mai la sensazione della fame e della sete, non nella sua condizione. Non sente l’affetto. Sono tutte relazioni che risiedono nella parte nobile del cervello, nella corteccia cerebrale, che non esiste più. Lascio spazio a tutto campo, ma chi parla di cose che non c’entrano, come eutanasia, o di una condanna a morire di sete, dovrebbe sapere che cosa dice. Questa vicenda, dolorosa, è stata al massimo della limpidezza e della trasparenza da parte di tutti, nessuno escluso, e non ci sono zone d’ombra».



Molti politici sostengono che tocca a loro legiferare su materie tanto delicate, e non si può andare avanti a colpi di sentenza.

«Mia moglie ed io ci eravamo rivolti alle istituzioni, ma anche il professor Ignazio Marino insegna che ci sono volute quarantanove sedute per parlare del testamento biologico e non si è approdati a nulla. Sono andato nella direzione della magistratura, non avevo alternative. Dov’erano i politici che ora accusano i magistrati?».



Come mai per i magistrati ci sono voluti nove passaggi giudiziari?

«Il prezzo delle libertà fondamentali è stato questo, purtroppo, ed è stato pagato sulla pelle di Saturna e Beppino Englaro, con un estremo approfondimento clinico e giuridico. Ma, alla fine, ci sono stati dei giudici che hanno garantito a mia figlia quello che la Costituzione stabilisce, e cioè il diritto del malato a rifiutare le cure, senza discriminazione per la sua condizione di essere capace o incapace di intendere e volere. Quello che non c’era prima di noi, nella giurisprudenza, ora - perquello che riguarda il caso specifico di Eluana, non per qualunque persona - c’è. I cittadini italiani devono essere fieri di magistrati che rendono possibile uno stato di diritto».



Il decreto dice che si può staccare il sondino, ma non è così facile, no?

«Il problema è l’attuazione nel più rigoroso rispetto di quanto espresso nella sede giurisdizionale, che si è occupata di questo primo e unico caso. Su quanto farò non voglio scendere in dettagli, a un certo punto questa vicenda dovrà rientrare nella privatezza che le è dovuta».



La polemica sembra non finire mai, non è stanco?

«Qualcuno mi rimprovera, "che cosa vuoi ancora chiarire nel dialogo, nonostante sia uscito un decreto definitivo?", come se avessi chissà quale esigenza personale. In realtà, in certi casi, replicare è un dovere. Qua non ci sono "magistrati che procedono a dare consumazione a una vita per sentenza". E non posso far finta di non sentire che una storia come la nostra, cominciata con un incidente stradale il 18 gennaio del 1992, venga manipolata, in un senso o nell’altro. In 2008 anni della sua storia la Chiesa dovrebbe sapere quando è il momento di fermarsi, davanti al diritto inviolabile di una persona. E in questo non c’è né sfida, né polemica, è che occorre andare oltre».