l’Unità 19.7.08
Eluana, un monito alle nostre incertezze
di Mario Manfredi
La legge italiana stabilisce, come le legislazioni di altri paesi, criteri precisi per la diagnosi di "morte cerebrale" ed i successivi provvedimenti, fra i quali l’arresto del respiratore e eventualmente l’espianto di organi. Fra i criteri clinici vi sono l’assenza dei riflessi del tronco encefalico (per esempio il riflesso corneale) e di respiro spontaneo.
È chiaro che nel caso di Eluana Englaro non vi sono i presupposti per questa diagnosi, e che il suo quadro clinico rientra nello "stato vegetativo". In questa condizione non vi sono certezze, come è regola per tutte le "verità" scientifiche. Lo stato vegetativo può essere "persistente" cioè perdurante da tempo o "permanente" cioè irreversibile. La condizione di irreversibilità non può essere certificata in maniera assoluta, ma solo probabilistica: questo significa che , dopo un periodo di osservazione usualmente stabilito in un anno, diventa estremamente improbabile che il soggetto possa recuperare la coscienza. Dopo un periodo di 16 anni, come nel caso di Eluana, non vi sono aggettivi per definire la residua possibilità di recupero: "estremamente minima" rende l’idea: comunque non uguale a zero (e rendiamo grazie alla scienza per lasciare sempre aperta la porta del dubbio).
Allora che fare con Eluana? La risposta a questo quesito è assai più semplice. Il Codice Deontologico Medico italiano e la Convenzione Europea sulla Biomedicina, nota come Convenzione di Oviedo, ratificata dal Parlamento italiano (per citare solo due testi fra i tanti) stabiliscono - questa volta senza ombra di dubbio - che nessun intervento sanitario può essere effettuato senza il consenso del paziente. Quando il paziente non è in grado di esprimere il proprio consenso, nessun atto medico può essere effettuato senza il consenso di un rappresentante del paziente designato dalla legge, che dovrà prendere in considerazione i desideri che il paziente ha in precedenza espresso.
Ora: 1) nutrizione e idratazione sono atti medici se effettuati nello stato clinico di Eluana; 2) Eluana non è in grado di esprimere un parere; 3) il giudice ha designato il padre come legale rappresentate di Eluana; 4) Eluana ha espresso in precedenza la sua opposizione ad una esistenza mantenuta artificialmente in condizioni di coscienza "estremamente minima". Ne consegue che il padre ha il dovere di attuare i desideri di Eluana e di interrompere la nutrizione artificiale. Le probabilità che Eluana abbia a soffrire nel corso del processo di denutrizione e disidratazione sono "estremamente minime". Queste conclusioni sono in linea con le indicazioni di un Gruppo di Lavoro istituito nell’ottobre 2000 dal Ministro della Sanità, del quale ho fatto parte come neurologo.
Il giudice ha autorizzato il padre a interrompere la nutrizione al fine di evitare che un atto doveroso abbia conseguenze legali. La nostra legislazione non prevede infatti valore legale alle dichiarazioni anticipate di trattamento, denominate usualmente "testamento biologico". Lo "scandalo" di Eluana abbia almeno la conseguenza di farci giungere a questo provvedimento. "Le guerre avvengono perché i poeti le possano cantare" disse un antico vate; "gli scandali avvengono perché gli uomini ne traggano ammonimento" aggiungo io.
* Professore Emerito di Neurologia, La Sapienza Università di Roma
Già Presidente della Società Italiana di Neurologia
Eluana, un monito alle nostre incertezze
di Mario Manfredi
La legge italiana stabilisce, come le legislazioni di altri paesi, criteri precisi per la diagnosi di "morte cerebrale" ed i successivi provvedimenti, fra i quali l’arresto del respiratore e eventualmente l’espianto di organi. Fra i criteri clinici vi sono l’assenza dei riflessi del tronco encefalico (per esempio il riflesso corneale) e di respiro spontaneo.
È chiaro che nel caso di Eluana Englaro non vi sono i presupposti per questa diagnosi, e che il suo quadro clinico rientra nello "stato vegetativo". In questa condizione non vi sono certezze, come è regola per tutte le "verità" scientifiche. Lo stato vegetativo può essere "persistente" cioè perdurante da tempo o "permanente" cioè irreversibile. La condizione di irreversibilità non può essere certificata in maniera assoluta, ma solo probabilistica: questo significa che , dopo un periodo di osservazione usualmente stabilito in un anno, diventa estremamente improbabile che il soggetto possa recuperare la coscienza. Dopo un periodo di 16 anni, come nel caso di Eluana, non vi sono aggettivi per definire la residua possibilità di recupero: "estremamente minima" rende l’idea: comunque non uguale a zero (e rendiamo grazie alla scienza per lasciare sempre aperta la porta del dubbio).
Allora che fare con Eluana? La risposta a questo quesito è assai più semplice. Il Codice Deontologico Medico italiano e la Convenzione Europea sulla Biomedicina, nota come Convenzione di Oviedo, ratificata dal Parlamento italiano (per citare solo due testi fra i tanti) stabiliscono - questa volta senza ombra di dubbio - che nessun intervento sanitario può essere effettuato senza il consenso del paziente. Quando il paziente non è in grado di esprimere il proprio consenso, nessun atto medico può essere effettuato senza il consenso di un rappresentante del paziente designato dalla legge, che dovrà prendere in considerazione i desideri che il paziente ha in precedenza espresso.
Ora: 1) nutrizione e idratazione sono atti medici se effettuati nello stato clinico di Eluana; 2) Eluana non è in grado di esprimere un parere; 3) il giudice ha designato il padre come legale rappresentate di Eluana; 4) Eluana ha espresso in precedenza la sua opposizione ad una esistenza mantenuta artificialmente in condizioni di coscienza "estremamente minima". Ne consegue che il padre ha il dovere di attuare i desideri di Eluana e di interrompere la nutrizione artificiale. Le probabilità che Eluana abbia a soffrire nel corso del processo di denutrizione e disidratazione sono "estremamente minime". Queste conclusioni sono in linea con le indicazioni di un Gruppo di Lavoro istituito nell’ottobre 2000 dal Ministro della Sanità, del quale ho fatto parte come neurologo.
Il giudice ha autorizzato il padre a interrompere la nutrizione al fine di evitare che un atto doveroso abbia conseguenze legali. La nostra legislazione non prevede infatti valore legale alle dichiarazioni anticipate di trattamento, denominate usualmente "testamento biologico". Lo "scandalo" di Eluana abbia almeno la conseguenza di farci giungere a questo provvedimento. "Le guerre avvengono perché i poeti le possano cantare" disse un antico vate; "gli scandali avvengono perché gli uomini ne traggano ammonimento" aggiungo io.
* Professore Emerito di Neurologia, La Sapienza Università di Roma
Già Presidente della Società Italiana di Neurologia