Friedrich Nietzsche, L´anticristiano , A. Iadicicco
Il Foglio, 12/3/2005
Caso eccezionale in tedesco: il nome del fondatore della dottrina e del suo cultore, del modello e del suo seguace, coincidono. "Der Christ" è tanto il Cristo quanto il cristiano, tanto l´uomo quanto il Figlio dell´uomo. Il Figlio di Dio generato e fatto uomo, il Verbo divenuto carne diviene - anche e appunto sul piano verbale, per mezzo di un battesimo che assegna una miracolosa identità nominale - sinonimo dell´uomo tout court. È dunque, se non dogmaticamente trino, almeno lessicalmente doppio il bersaglio del Friedrich Nietzsche che, mirando al Crocefisso, punta contro il Cristo e insieme contro il cristianesimo. Per trafiggere il costato dell´uno e il cuore (cioè il nucleo metafisico) dell´altro con gli strali di una "imprecazione". In nulla è smussata la violenza dell´attacco assestato alla radice religiosa e morale della modernità dall´Antichrist se si sceglie di trasporre il diabolico personaggio dell´Anticristo nella parte ugualmente dissacrante di un "Anticristiano". La trasposizione si compie per via di una traduzione, che sposta la figura ben nota - nota nella sua veste italiana dalla presentazione di Ferruccio Masini, di cui Adelphi nel 1970 comprese la versione nell´eccelsa edizione critica Colli-Montinari dell´opera nietzscheana - quel tanto che basta per metterne in luce un profilo adombrato dalla maschera del profeta della morte di Dio. Contro Dio e al tempo stesso contro il suo fedele, predica Nietzsche-Dioniso-Zarathustra. Contro l´idolo auscultato al suo crepuscolo e abbattuto con scontro frontale poco prima di precipitare nel buio della follia. Agli occhi del suo antagonista era un nemico "ambiguo", "ambivalente" e "cruciale", non solo per un gioco di parole: "Cristianesimo - come già notava Giorgio Colli trent´anni fa, nella nota introduttiva alla propria edizione del testo - viene a implicare morale, metafisica, giustizia, uguaglianza degli uomini, democrazia. In breve assomma in sé i valori della modernità". E la croce, strumento di supplizio e oggetto di venerazione del Christ, è l´emblema più densamente simbolico di tutte le caratteristiche di quel mondo moderno che ne è il portato: affetto dalla malattia della verità, afflitto nel vigore affermativo della volontà, negatore della vita in nome di un aldilà. Infiacchito, indebolito, esaurito, declinante sulla china della bimillenaria décadence che inclina a svalutare i valori di bellezza felicità e stile. La loro trasvalutazione si compie "attraverso una distruzione del cristianesimo" e anche - in grande stile - attraverso il rinnovamento di una traduzione. Operazione squisitamente nietzscheana, degna del Nietzsche filologo, "amico delle parole".
Il Foglio, 12/3/2005
Caso eccezionale in tedesco: il nome del fondatore della dottrina e del suo cultore, del modello e del suo seguace, coincidono. "Der Christ" è tanto il Cristo quanto il cristiano, tanto l´uomo quanto il Figlio dell´uomo. Il Figlio di Dio generato e fatto uomo, il Verbo divenuto carne diviene - anche e appunto sul piano verbale, per mezzo di un battesimo che assegna una miracolosa identità nominale - sinonimo dell´uomo tout court. È dunque, se non dogmaticamente trino, almeno lessicalmente doppio il bersaglio del Friedrich Nietzsche che, mirando al Crocefisso, punta contro il Cristo e insieme contro il cristianesimo. Per trafiggere il costato dell´uno e il cuore (cioè il nucleo metafisico) dell´altro con gli strali di una "imprecazione". In nulla è smussata la violenza dell´attacco assestato alla radice religiosa e morale della modernità dall´Antichrist se si sceglie di trasporre il diabolico personaggio dell´Anticristo nella parte ugualmente dissacrante di un "Anticristiano". La trasposizione si compie per via di una traduzione, che sposta la figura ben nota - nota nella sua veste italiana dalla presentazione di Ferruccio Masini, di cui Adelphi nel 1970 comprese la versione nell´eccelsa edizione critica Colli-Montinari dell´opera nietzscheana - quel tanto che basta per metterne in luce un profilo adombrato dalla maschera del profeta della morte di Dio. Contro Dio e al tempo stesso contro il suo fedele, predica Nietzsche-Dioniso-Zarathustra. Contro l´idolo auscultato al suo crepuscolo e abbattuto con scontro frontale poco prima di precipitare nel buio della follia. Agli occhi del suo antagonista era un nemico "ambiguo", "ambivalente" e "cruciale", non solo per un gioco di parole: "Cristianesimo - come già notava Giorgio Colli trent´anni fa, nella nota introduttiva alla propria edizione del testo - viene a implicare morale, metafisica, giustizia, uguaglianza degli uomini, democrazia. In breve assomma in sé i valori della modernità". E la croce, strumento di supplizio e oggetto di venerazione del Christ, è l´emblema più densamente simbolico di tutte le caratteristiche di quel mondo moderno che ne è il portato: affetto dalla malattia della verità, afflitto nel vigore affermativo della volontà, negatore della vita in nome di un aldilà. Infiacchito, indebolito, esaurito, declinante sulla china della bimillenaria décadence che inclina a svalutare i valori di bellezza felicità e stile. La loro trasvalutazione si compie "attraverso una distruzione del cristianesimo" e anche - in grande stile - attraverso il rinnovamento di una traduzione. Operazione squisitamente nietzscheana, degna del Nietzsche filologo, "amico delle parole".