La Repubblica 6.7.08
La lezione che arriva da Madrid
di Guido Rampoldi
Se crediamo agli scettici, particolarmente numerosi in Vaticano, Zapatero non ha alcuna intenzione di entrare in urto con la Santa Sede, tantomeno con i partitini cattolici che gli prestano i voti necessari a governare.
Dunque non dovremmo prendere sul serio i cambiamenti promessi ieri dalla direzione del partito socialista, dall´introduzione dell´eutanasia ad una riforma dell´aborto.
Progetti del resto vaghi, proiettati in un futuro indefinito (i «prossimi anni») e condizionati ad una «domanda sociale» che al momento pare debole. E per tutto questo staremmo assistendo non ai preparativi per una nuova «offensiva laicista», formula che piace molto all´impressionabile curia spagnola, ma ad una manovra diversiva: Zapatero intenderebbe sia accrescere la confusione nella destra spagnola, dove liberali e clericali sono entrati in frizione, sia accontentare la sinistra del partito socialista, cresciuta con le elezioni di marzo, nelle quali il Psoe ha anticipato il Pd di Veltroni perdendo molti voti dove li cercava, nel centro, e risucchiandone altri dall´area rosso-verde. Eppure la questione che i socialisti ormai da anni reiterano non è affatto strumentale: nell´Europa multietnica quale posto spetta oggi ai cleri delle religioni nazionali? Può la Chiesa cattolica rivendicare una centralità, e i relativi privilegi, in base ad una sorta di diritto storico?
A queste domande finora la curia spagnola ha risposto con una tesi debolissima, i socialisti con una condotta ambivalente. Come la direzione del Psoe ha ribadito ieri, la religione cattolica è la fede più praticata in Spagna ma certo non l´unica. La Costituzione spagnola «non le assegna alcun privilegio», e di questo la Chiesa «deve essere cosciente», ammonisce il vertice socialista. Per questo in futuro i funerali di Stato non saranno celebrati con rito cattolico, e i crocefissi spariranno dagli uffici pubblici, dove peraltro sono da lustri quasi introvabili.
Ma mentre faceva la voce grossa il governo socialista manteneva, e addirittura ampliava, i privilegi economici di cui oggi gode la Chiesa cattolica. Ha influito la folta presenza cattolica nell´elettorato socialista, e forse anche la consapevolezza che quando si tratta di dare concretezza alla parola più utilizzata dalla sinistra, "solidarietà", chi ha una fede autentica è più generoso di noi liberi pensatori.
Ma il trattamento di favore ottenuto non ha placato la curia belligerante. Capeggiati dal primate di Spagna, Canizares, questi prelati sostengono che la Chiesa spagnola (dunque essi stessi) è custode dei valori nazionali. Per così dire li incarna, li rappresenta. Già il fatto che esistano "valori spagnoli", capaci di spandersi come un dna in ciascuno, è tesi spericolata. E anche a prendere sul serio quello spengleriano "carattere dei popoli", bisognerebbe dimostrare che i "valori spagnoli", in teoria costruiti dalle vicissitudini storiche, sono intrinsecamente cattolici. Un profano, per esempio, potrebbe obiettare che in Spagna i costumi sessuali hanno scarse relazioni con la morale predicata per mille anni dai pulpiti, e molte di più con la grande tradizione anarchica e protofemminista, comunque anticlericale, del Novecento. Se ne potrebbe discutere per anni: quel che qui importa è lo slittamento "politico" che comporta l´arroccarsi nel recinto dei "valori nazionali" e delle "radici cristiane".
Se si tribalizza per difendere la propria centralità dagli assalti del "relativismo" e dall´invasione di fedi straniere, le religioni degli immigrati, la Chiesa cambia. Perde non solo lo slancio universalista ma anche la vocazione grossomodo liberale che le aveva instillato il pontificato planetario di Wojtyla. E finisce per consegnarsi a protettori interessati. Come risulta chiaro da quel che sta avvenendo dentro il Partido popular, l´avversario dei socialisti. Con il congresso di giugno il capo del Pp, Mariano Rajoy, ha spostato l´asse del partito verso «il centro», come dice lui, comunque lontano dalle posizioni della curia belligerante.
Quest´ultima appoggia apertamente con la sua radio, la virulenta Cope, quella destra radicale guidata da Aznar che è uscita dal congresso sconfitta ma non debellata. A spaccare il partito adesso sono anche questioni "etiche" che molti prelati giudicano fondamentali, dalla legge sui matrimoni gay (difesa da una parte del Pp) fino all´ideologia delle "radici cristiane", che lascia assai tiepido Rajoy. Ma anche la relazione con il passato divide.
A giudicare dai loro silenzi non pochi prelati rimpiangono i tempi di Franco, quando la Spagna era sempre in processione. E anche in questo hanno trovato una sintonia con la destra della destra, quella che rifiuta di condannare la dittatura e perfino di cancellare i titoli onorifici attribuiti al Caudillo da alcuni municipi.
Quando lo guidava Aznar, il Pp era il partito che in Europa Berlusconi e Fini consideravano a loro più prossimo. Con Rajoy non c´è la stessa simpatia. Ma quanto avverrà a Madrid potrebbe ugualmente essere di ammaestramento in Italia all´attuale maggioranza, come il Pp una sommatoria di culture politiche difficilmente conciliabili. Dopotutto anche nella destra italiana c´è chi ha sufficiente dignità e senso dello Stato per aspirare a rappresentare quel che la Spagna ha e l´Italia non riesce a darsi: una destra laica e liberale, una destra europea.
La lezione che arriva da Madrid
di Guido Rampoldi
Se crediamo agli scettici, particolarmente numerosi in Vaticano, Zapatero non ha alcuna intenzione di entrare in urto con la Santa Sede, tantomeno con i partitini cattolici che gli prestano i voti necessari a governare.
Dunque non dovremmo prendere sul serio i cambiamenti promessi ieri dalla direzione del partito socialista, dall´introduzione dell´eutanasia ad una riforma dell´aborto.
Progetti del resto vaghi, proiettati in un futuro indefinito (i «prossimi anni») e condizionati ad una «domanda sociale» che al momento pare debole. E per tutto questo staremmo assistendo non ai preparativi per una nuova «offensiva laicista», formula che piace molto all´impressionabile curia spagnola, ma ad una manovra diversiva: Zapatero intenderebbe sia accrescere la confusione nella destra spagnola, dove liberali e clericali sono entrati in frizione, sia accontentare la sinistra del partito socialista, cresciuta con le elezioni di marzo, nelle quali il Psoe ha anticipato il Pd di Veltroni perdendo molti voti dove li cercava, nel centro, e risucchiandone altri dall´area rosso-verde. Eppure la questione che i socialisti ormai da anni reiterano non è affatto strumentale: nell´Europa multietnica quale posto spetta oggi ai cleri delle religioni nazionali? Può la Chiesa cattolica rivendicare una centralità, e i relativi privilegi, in base ad una sorta di diritto storico?
A queste domande finora la curia spagnola ha risposto con una tesi debolissima, i socialisti con una condotta ambivalente. Come la direzione del Psoe ha ribadito ieri, la religione cattolica è la fede più praticata in Spagna ma certo non l´unica. La Costituzione spagnola «non le assegna alcun privilegio», e di questo la Chiesa «deve essere cosciente», ammonisce il vertice socialista. Per questo in futuro i funerali di Stato non saranno celebrati con rito cattolico, e i crocefissi spariranno dagli uffici pubblici, dove peraltro sono da lustri quasi introvabili.
Ma mentre faceva la voce grossa il governo socialista manteneva, e addirittura ampliava, i privilegi economici di cui oggi gode la Chiesa cattolica. Ha influito la folta presenza cattolica nell´elettorato socialista, e forse anche la consapevolezza che quando si tratta di dare concretezza alla parola più utilizzata dalla sinistra, "solidarietà", chi ha una fede autentica è più generoso di noi liberi pensatori.
Ma il trattamento di favore ottenuto non ha placato la curia belligerante. Capeggiati dal primate di Spagna, Canizares, questi prelati sostengono che la Chiesa spagnola (dunque essi stessi) è custode dei valori nazionali. Per così dire li incarna, li rappresenta. Già il fatto che esistano "valori spagnoli", capaci di spandersi come un dna in ciascuno, è tesi spericolata. E anche a prendere sul serio quello spengleriano "carattere dei popoli", bisognerebbe dimostrare che i "valori spagnoli", in teoria costruiti dalle vicissitudini storiche, sono intrinsecamente cattolici. Un profano, per esempio, potrebbe obiettare che in Spagna i costumi sessuali hanno scarse relazioni con la morale predicata per mille anni dai pulpiti, e molte di più con la grande tradizione anarchica e protofemminista, comunque anticlericale, del Novecento. Se ne potrebbe discutere per anni: quel che qui importa è lo slittamento "politico" che comporta l´arroccarsi nel recinto dei "valori nazionali" e delle "radici cristiane".
Se si tribalizza per difendere la propria centralità dagli assalti del "relativismo" e dall´invasione di fedi straniere, le religioni degli immigrati, la Chiesa cambia. Perde non solo lo slancio universalista ma anche la vocazione grossomodo liberale che le aveva instillato il pontificato planetario di Wojtyla. E finisce per consegnarsi a protettori interessati. Come risulta chiaro da quel che sta avvenendo dentro il Partido popular, l´avversario dei socialisti. Con il congresso di giugno il capo del Pp, Mariano Rajoy, ha spostato l´asse del partito verso «il centro», come dice lui, comunque lontano dalle posizioni della curia belligerante.
Quest´ultima appoggia apertamente con la sua radio, la virulenta Cope, quella destra radicale guidata da Aznar che è uscita dal congresso sconfitta ma non debellata. A spaccare il partito adesso sono anche questioni "etiche" che molti prelati giudicano fondamentali, dalla legge sui matrimoni gay (difesa da una parte del Pp) fino all´ideologia delle "radici cristiane", che lascia assai tiepido Rajoy. Ma anche la relazione con il passato divide.
A giudicare dai loro silenzi non pochi prelati rimpiangono i tempi di Franco, quando la Spagna era sempre in processione. E anche in questo hanno trovato una sintonia con la destra della destra, quella che rifiuta di condannare la dittatura e perfino di cancellare i titoli onorifici attribuiti al Caudillo da alcuni municipi.
Quando lo guidava Aznar, il Pp era il partito che in Europa Berlusconi e Fini consideravano a loro più prossimo. Con Rajoy non c´è la stessa simpatia. Ma quanto avverrà a Madrid potrebbe ugualmente essere di ammaestramento in Italia all´attuale maggioranza, come il Pp una sommatoria di culture politiche difficilmente conciliabili. Dopotutto anche nella destra italiana c´è chi ha sufficiente dignità e senso dello Stato per aspirare a rappresentare quel che la Spagna ha e l´Italia non riesce a darsi: una destra laica e liberale, una destra europea.