Laicità la Turchia al bivio
QN del 28 luglio 2008, pag. 20
di Mario Arpino
In questi giorni è atteso il verdetto della Corte costituzionale turca nel processo intentato a metà marzo contro l’Akp (Giustizia e sviluppo), il partito del premier Erdogan. L’accusa, nella repubblica laica di Kemal Ataturk, è molto grave. L’Akp e i suoi capi - tra gli altri, il presidente del consiglio e il Capo dello Stato - sono accusati di favorire occultamente un piano strisciante per l’islamizzazione progressiva del paese e delle istituzioni. Il piano mirerebbe a stabilire, avvicinando progressivamente il moderato Akp ad altri partiti confessionali, un sistema basato sulla sharia, la legge coranica. Recep Tayyp Erdogan, la cui consorte veste il velo islamico, si difende energicamente, portando a sua discolpa la politica moderata del governo, le sue benemerenze in politica estera, la positiva mediazione nei primi approcci tra Israele e la Siria, la lotta armata contro l ‘terroristi, ovvero i separatisti del partito comunista curdo (Pkk), la correttezza delle elezioni, l’abolizione della pena di morte, la riforma del codice penale, simile a quello di molti paesi della Ue, il progressivo controllo delle istituzioni civili su quelle militari, l’arresto di alcuni membri di associazioni laiciste, ma estreme, che riuniscono militari e poliziotti in pensione. Qui appunto, viene al pettine il primo nodo. Le forze armate, cui Ataturk aveva lasciato il compito costituzionale di garantire, oltre che la sicurezza, la laicità delle istituzioni, sinora non si sono mosse, confidando sul lavoro dei giudici della suprema Corte. E’ bene ricordare che, negli ultimi cinquant’anni, per motivi analoghi hanno destituito quattro governi, e non esiterebbero certo, elezioni o meno, a destituire anche il quinto. Per loro, ma anche per la componente elitaria della popolazione, il valore della laicità istituzionale, visto ciò che è successo in altre parti del mondo, evidentemente conta assai di più di una democrazia compiuta. Eforse, considerato ciò che la ‘fabbrica"islamica del consenso ha già dimostrato altrove, non hanno proprio tutti i torti. E l’ingresso nell’Unione? Può aspettare. Meglio, prima, essere certi della salvezza. Tanto, sempre che ancora lo vogliano, hanno capito che ci sarà da aspettare comunque.
QN del 28 luglio 2008, pag. 20
di Mario Arpino
In questi giorni è atteso il verdetto della Corte costituzionale turca nel processo intentato a metà marzo contro l’Akp (Giustizia e sviluppo), il partito del premier Erdogan. L’accusa, nella repubblica laica di Kemal Ataturk, è molto grave. L’Akp e i suoi capi - tra gli altri, il presidente del consiglio e il Capo dello Stato - sono accusati di favorire occultamente un piano strisciante per l’islamizzazione progressiva del paese e delle istituzioni. Il piano mirerebbe a stabilire, avvicinando progressivamente il moderato Akp ad altri partiti confessionali, un sistema basato sulla sharia, la legge coranica. Recep Tayyp Erdogan, la cui consorte veste il velo islamico, si difende energicamente, portando a sua discolpa la politica moderata del governo, le sue benemerenze in politica estera, la positiva mediazione nei primi approcci tra Israele e la Siria, la lotta armata contro l ‘terroristi, ovvero i separatisti del partito comunista curdo (Pkk), la correttezza delle elezioni, l’abolizione della pena di morte, la riforma del codice penale, simile a quello di molti paesi della Ue, il progressivo controllo delle istituzioni civili su quelle militari, l’arresto di alcuni membri di associazioni laiciste, ma estreme, che riuniscono militari e poliziotti in pensione. Qui appunto, viene al pettine il primo nodo. Le forze armate, cui Ataturk aveva lasciato il compito costituzionale di garantire, oltre che la sicurezza, la laicità delle istituzioni, sinora non si sono mosse, confidando sul lavoro dei giudici della suprema Corte. E’ bene ricordare che, negli ultimi cinquant’anni, per motivi analoghi hanno destituito quattro governi, e non esiterebbero certo, elezioni o meno, a destituire anche il quinto. Per loro, ma anche per la componente elitaria della popolazione, il valore della laicità istituzionale, visto ciò che è successo in altre parti del mondo, evidentemente conta assai di più di una democrazia compiuta. Eforse, considerato ciò che la ‘fabbrica"islamica del consenso ha già dimostrato altrove, non hanno proprio tutti i torti. E l’ingresso nell’Unione? Può aspettare. Meglio, prima, essere certi della salvezza. Tanto, sempre che ancora lo vogliano, hanno capito che ci sarà da aspettare comunque.