Niguarda, inchiesta sull’obiettore
La Repubblica - ed. Milano del 18 luglio 2008, pag. 7
di Laura Asnaghi
L’ospedale di Niguarda apre un’inchiesta sul medico obiettore di coscienza che ha negato l’antidolorifico a una donna che era stata sottoposta a un aborto terapeutico. L’ospedale indaga ma precisa: «si conferma che in questo ospedale si applica la legge 194 senza porre ostacoli burocratici o ideologici come qualcuno vorrebbe far apparire». Parte l’indagine e intanto, come era stato annunciato dal primario del reparto, Maurizio Bini, sarà richiesto il parere del comitato etico dell’ospedale.
Sulla vicenda del medico che ha rifiutato di lenire il dolore alla donna che stava male in sala operatoria, ieri ci sono state molte reazioni. «La trovo una cosa inudibile - dice Ugo Garbarini, il vice presidente dell’Ordine dei medici di Milano - . Vorrei sentire le ragioni addotte dal medico, lo convocheremo». Ieri sono scesi in campo anche i medici dell’Anmci, l’associazione a cui fanno capo i camici bianchi di fede cattolica. «In questo caso l’obiezione di coscienza non c’entra. Il dovere di quel medico era curare la donna e non l’ha fatto» denuncia Giorgio Lambertenghi, ematologo del Policlinico e presidente dell’associazione che a Milano conta cento iscritti, mille simpatizzanti, più altri 5mila aderenti in tutta Italia. «Io sono obiettore di coscienza spiega Lambertenghi - e quello che si è verificato al Niguarda non può che essere classificato come un atto di integralismo. Io non l’accetto e non lo giustifico». Sulla vicenda si è espresso anche il professor Luciano Gattinoni del Policlinico, che guida l’associazione italiana anestesisti e rianimatori: «L’obiezione di coscienza è legittima, ma nel caso di Niguarda la struttura ha il do vere di organizzarsi per mettere a disposizione della paziente personale non obiettore».
Ieri dal Pirellone non è arrivata alcuna presa di posizione. L’assessore alla Sanità, Luciano Bresciani, impegnato a Roma, ha preferito non commentare, mentre i consiglieri regionali dei Verdi hanno definito «incredibile e inaccettabile» il caso del Niguarda. «Far soffrire una paziente, sottoposta ad aborto terapeutico, è disumano - denunciano Carlo Monguzzi e Marcello Saponaro - e in più è insopportabile che tutto questo avvenga in un ospedale pubblico». Anche i Verdi sostengono che «è legittima l’obiezione ma è doveroso che la struttura, in caso di emergenza o di necessità, metta a disposizione dei pazienti personale in grado di far fronte a qualsiasi necessità». Il caso milanese, denunciato dalla Cgil («siamo soddisfatti dell’inchiesta che sarà avviata dal Niguarda») sarà discusso anche a Roma. Donatella Poretti, parlamentare radicale del Pd, insieme con il senatore Marco Perduca, ha presentato un’interrogazione al ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Chiediamo di sapere - scrive nel documento quali provvedimenti intenda prendere per impedire la crescente violazione del diritto delle pazienti a utilizzare i servizi previsti dalla 194 sull’ interruzione di gravidanza». Secondo Poretti «Niguarda non è un caso isolato» e cita i dati dell’obiezione di coscienza in forte aumento. Tra i ginecologi è passata da 58,7 al 69,2 per cento. Tra gli anestesisti la percentuale è salita dal 45,7 al 50,4 e per il personale non medico gli obiettori che erano 38,6 sono diventati il 42,6.
La Repubblica - ed. Milano del 18 luglio 2008, pag. 7
di Laura Asnaghi
L’ospedale di Niguarda apre un’inchiesta sul medico obiettore di coscienza che ha negato l’antidolorifico a una donna che era stata sottoposta a un aborto terapeutico. L’ospedale indaga ma precisa: «si conferma che in questo ospedale si applica la legge 194 senza porre ostacoli burocratici o ideologici come qualcuno vorrebbe far apparire». Parte l’indagine e intanto, come era stato annunciato dal primario del reparto, Maurizio Bini, sarà richiesto il parere del comitato etico dell’ospedale.
Sulla vicenda del medico che ha rifiutato di lenire il dolore alla donna che stava male in sala operatoria, ieri ci sono state molte reazioni. «La trovo una cosa inudibile - dice Ugo Garbarini, il vice presidente dell’Ordine dei medici di Milano - . Vorrei sentire le ragioni addotte dal medico, lo convocheremo». Ieri sono scesi in campo anche i medici dell’Anmci, l’associazione a cui fanno capo i camici bianchi di fede cattolica. «In questo caso l’obiezione di coscienza non c’entra. Il dovere di quel medico era curare la donna e non l’ha fatto» denuncia Giorgio Lambertenghi, ematologo del Policlinico e presidente dell’associazione che a Milano conta cento iscritti, mille simpatizzanti, più altri 5mila aderenti in tutta Italia. «Io sono obiettore di coscienza spiega Lambertenghi - e quello che si è verificato al Niguarda non può che essere classificato come un atto di integralismo. Io non l’accetto e non lo giustifico». Sulla vicenda si è espresso anche il professor Luciano Gattinoni del Policlinico, che guida l’associazione italiana anestesisti e rianimatori: «L’obiezione di coscienza è legittima, ma nel caso di Niguarda la struttura ha il do vere di organizzarsi per mettere a disposizione della paziente personale non obiettore».
Ieri dal Pirellone non è arrivata alcuna presa di posizione. L’assessore alla Sanità, Luciano Bresciani, impegnato a Roma, ha preferito non commentare, mentre i consiglieri regionali dei Verdi hanno definito «incredibile e inaccettabile» il caso del Niguarda. «Far soffrire una paziente, sottoposta ad aborto terapeutico, è disumano - denunciano Carlo Monguzzi e Marcello Saponaro - e in più è insopportabile che tutto questo avvenga in un ospedale pubblico». Anche i Verdi sostengono che «è legittima l’obiezione ma è doveroso che la struttura, in caso di emergenza o di necessità, metta a disposizione dei pazienti personale in grado di far fronte a qualsiasi necessità». Il caso milanese, denunciato dalla Cgil («siamo soddisfatti dell’inchiesta che sarà avviata dal Niguarda») sarà discusso anche a Roma. Donatella Poretti, parlamentare radicale del Pd, insieme con il senatore Marco Perduca, ha presentato un’interrogazione al ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Chiediamo di sapere - scrive nel documento quali provvedimenti intenda prendere per impedire la crescente violazione del diritto delle pazienti a utilizzare i servizi previsti dalla 194 sull’ interruzione di gravidanza». Secondo Poretti «Niguarda non è un caso isolato» e cita i dati dell’obiezione di coscienza in forte aumento. Tra i ginecologi è passata da 58,7 al 69,2 per cento. Tra gli anestesisti la percentuale è salita dal 45,7 al 50,4 e per il personale non medico gli obiettori che erano 38,6 sono diventati il 42,6.