Marino: «Soddisfatto, ma ora serve il testamento biologico»
Il Messaggero del 10 luglio 2008, pag. 2
di C.Ma.
Ignazio Marino, capogruppo Pd in commissione Sanità al Senato, dice di parlare come uomo, come medico e come politico. E di questa sentenza, dice, è soddisfatto a metà. «Anche se la decisione del tribunale di Milano è rilevante e giusta».
Perché soddisfatto a metà?
«Perché dopo tre legislature, siamo alla quarta, nulla è stato deciso sul fine vita, sull’alleanza terapeutica, sul testamento biologico».
Voi, nello scorso governo, eravate arrivati a stendere un testo sul testamento biologico accettato da più posizioni, o no?
«Sì, ma ora si deve ricominciare a discutere. Il testamento non dovrebbe far paura a nessuno. Si tratta solo di avere una legge che permette, a chi lo voglia, di dare indicazioni verso una parte o verso un’altra».
Vuol dire che qualcuno potrebbe lasciare scritto che vuole essere curato oltre il limite di un ragionevole risultato terapeutico?
«Ognuno può decidere come crede. Si tratta solo di dare la possibilità di scelta a chi vuole scegliere. Nulla viene imposto».
C’è chi paventa l’eutanasia in quella scelta.
«Avere a disposizione il testamento biologico non significa legittimare un piano inclinato verso l’eutanasia. Contro la quale mi sono sempre battuto e sempre mi batterò».
In questa situazione, dunque, non si poteva che far decidere il tribunale?
«Il tribunale ha fatto il suo lavoro. In altri paesi, come gli Stati Uniti, è dalla fine degli anni Settanta che non sono più i giudici a decidere ma esistono leggi quotidianamente applicate negli ospedali».
Si decide di non alimentare più il paziente in stato vegetativo?
«Da trent’anni c’è l’abitudine a chiamare la famiglia del paziente, ad in formarla sullo stato reale del paziente e a far capire che la situazione non può più mutare».
Che non è più possibile prolungare l’agonia?
«Sospendere una serie di atti è ben diverso dal procurare la morte volontariamente. Troviamo la stessa cultura nel catechismo firmato da Ratzinger».
A che cosa si riferisce?
«A quando si parla della legittima sospensione di terapia straordinaria e sproporzionata rispetto ai risultati ottenuti».
Il Messaggero del 10 luglio 2008, pag. 2
di C.Ma.
Ignazio Marino, capogruppo Pd in commissione Sanità al Senato, dice di parlare come uomo, come medico e come politico. E di questa sentenza, dice, è soddisfatto a metà. «Anche se la decisione del tribunale di Milano è rilevante e giusta».
Perché soddisfatto a metà?
«Perché dopo tre legislature, siamo alla quarta, nulla è stato deciso sul fine vita, sull’alleanza terapeutica, sul testamento biologico».
Voi, nello scorso governo, eravate arrivati a stendere un testo sul testamento biologico accettato da più posizioni, o no?
«Sì, ma ora si deve ricominciare a discutere. Il testamento non dovrebbe far paura a nessuno. Si tratta solo di avere una legge che permette, a chi lo voglia, di dare indicazioni verso una parte o verso un’altra».
Vuol dire che qualcuno potrebbe lasciare scritto che vuole essere curato oltre il limite di un ragionevole risultato terapeutico?
«Ognuno può decidere come crede. Si tratta solo di dare la possibilità di scelta a chi vuole scegliere. Nulla viene imposto».
C’è chi paventa l’eutanasia in quella scelta.
«Avere a disposizione il testamento biologico non significa legittimare un piano inclinato verso l’eutanasia. Contro la quale mi sono sempre battuto e sempre mi batterò».
In questa situazione, dunque, non si poteva che far decidere il tribunale?
«Il tribunale ha fatto il suo lavoro. In altri paesi, come gli Stati Uniti, è dalla fine degli anni Settanta che non sono più i giudici a decidere ma esistono leggi quotidianamente applicate negli ospedali».
Si decide di non alimentare più il paziente in stato vegetativo?
«Da trent’anni c’è l’abitudine a chiamare la famiglia del paziente, ad in formarla sullo stato reale del paziente e a far capire che la situazione non può più mutare».
Che non è più possibile prolungare l’agonia?
«Sospendere una serie di atti è ben diverso dal procurare la morte volontariamente. Troviamo la stessa cultura nel catechismo firmato da Ratzinger».
A che cosa si riferisce?
«A quando si parla della legittima sospensione di terapia straordinaria e sproporzionata rispetto ai risultati ottenuti».