giovedì 24 gennaio 2008

Embrioni, il Tar boccia la legge sì alle diagnosi preimpianto

La Repubblica 24 GENNAIO di CATERINA PASOLINI
"Linee guida da rifare, la parola alla Consulta"
Consensi dal centrosinistra ma anche da donne del centrodestra: si cambi la norma

ROMA - «Finalmente si potrà fare la diagnosi preimpianto. È una vittoria per le donne, per le coppie malate costrette in questi anni da norme ingiuste a rinunciare al sogno di un figlio, costrette a costosi e faticosi viaggi all´estero dove le diagnosi genetiche sono concesse e previste dalla legge». Parlano con foga ed entusiasmo i rappresentanti delle associazioni Warm, Madre Provetta e Amica Cicogna che si erano rivolte più volte negli anni ai tribunali per conto di decine di aspiranti genitori che si erano visti rifiutare la diagnosi genetica di preimpianto pur in presenza di gravi malattie. Ma i commenti positivi arrivano anche dal mondo politico in modo del tutto trasversale: dal governo all´opposizione, dal ministro Ferrero alla Prestigiacomo e alla Mussolini che chiedono di rivedere la legge 40 e le sue linee guida.
Dopo le sentenze di Cagliari e Firenze, nel dicembre scorso, ieri a riaprire giochi e speranze è arrivata infatti una sentenza del Tar del Lazio che ha giudicato illegittime per eccesso di potere e annullato le linee guida della legge 40. Lo ha fatto accogliendo un ricorso dell´associazione Worm, l´associazione mondiale di medicina riproduttiva di cui è presidente il professo Flamigni, che ha subito chiesto le dimissioni del ministro della salute Turco.
In particolare il tribunale ha giudicato illegittimo l´obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti, e illegittimo il divieto di diagnosi genetica preimpianto perché non previsto espressamente dalla legge ma dal successivo decreto ministeriale: le norme sono definite contrarie al principio di ragionevolezza, perché in contrasto con il diritto alla salute della donna previsto dalla stessa costituzione. Non solo, nella sentenza i magistrati hanno chiesto anche l´intervento della Consulta perché dia una sua valutazione sulla costituzionalità della legge 40.
«Le linee guida violavano la legge 40, erano più restrittive della legge stessa che non vietava dichiaratamente la diagnosi di pre impianto - sottolineano gli avvocato Muccio e Prellegrini che hanno presentato il ricorso e giudicano la sentenza una vittoria per laici e cattolici. «Senza contare che alcune disposizioni - come il numero prefissato degli embrioni o il divieto della crio conservazione degli ovuli - costringono la donna a sottoporsi a forti stimolazioni ovariche con rischi conseguenti che sembrano in netto contrasto col diritto alla salute sancito dall´articolo 32 della Costituzione».
La notizia ha provocato giudizi opposti in modo trasversale. Così se il presidente della Regione Lombardia Formigoni bolla la sentenza come «vergognosa e ideologica» e critiche sono arrivate da esponenti del mondo cattolico e dell´Udeur; dalle sue colleghe di opposizione, come Chiara Moroni e l´ex ministro alle pari opportunità di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, solo commenti positivi: «Il Tar del Lazio ha opportunamente deciso che una legge con molte gravi incongruenze, pericolosa per la salute della donna, va rivista. In particolare è agghiacciante e inumano che sia vietata alle coppie portatrici di malattie genetiche la diagnosi pre-impianto e si possa invece abortire quando ci sono feti già formati». Sulla stessa linea Alessandra Mussolini di Azione Sociale: «Quella legge è inapplicabile, a meno di non fare uno scempio sul corpo delle donne e sul futuro dell´embrione».
Ovviamente non tutti sono d´accordo, neppure sul significato del testo della sentenza. Il genetista Bruno Dalla Piccola, presidente del Comitato Scienza e Vita, sostiene infatti che essa non apre alla diagnosi preimpianto: «L´esclusione da parte del Tar del Lazio della cosiddetta diagnosi di tipo osservazionale sull´embrione aprirebbe la porta, secondo i sostenitori del ricorso, alla diagnosi genetica preimpianto ma nella sentenza del Tar non c´è traccia alcuna di un via libera in questo senso».