Corriere della Sera 21 gennaio 2008
Fabrizio Roncone
In piazza Borghezio: il Pontefice ci piace tantissimo. Banfi: per lui stravedo
ROMA — Sandro Bondi, il coordinatore di Forza Italia, vien giù da piazza Sant'Uffizio. Passo lento dei devoti, sguardo morbido dei comunisti pentiti.
Onorevole, ma cosa tiene in quella mano? «Cosa tengo?». Sembra un santino. «Beh, sì... è un'immagine della Vergine Maria e...». Però, no, scusi: dietro al santino c'è un calendario... «Un calendarietto, sì. Un calendarietto con l'immagine dell'Immacolata. Bello, non trova? Mi piace entrare nella pace di questa piazza di San Pietro con...».
Con il telefonino che squilla. «Dove siete, miei cari?». Sono laggiù, sulla destra, onorevole coordinatore. Dietro alle transenne. Dove stazionano i cameramen dei tigì e i fotografi dei giornali. Ecco Cicchitto e Tajani, ecco Cesa e D'Onofrio. Eccoli al passaggio obbligato, in questa mattina di militanza cattolica. Eccoli pronti a entrare in foto e immagini (che, si suppone, in Santa Sede avranno il piacere di controllare). Eccoli rallentare, indugiare, aspettare anche la ragazzina dell'ultima radio privata.
Poi suona il cellulare pure al leghista Mario Borghezio, cravatta verde e bell'impermeabile beige con patacca di sugo (amatriciana?). E lui, facendo tremare una suorina che gli è accanto: «Qui Padania, chi parla?».
Borghezio, vi siete messi a partecipare alle adunate che si organizzano a Roma ladrona? «Guardi che qui, io e lei, siamo in territorio santo. E poi, mi ascolti: questo Papa ci piace troppo». Lei quindi pensa che all'università... «Sa perché non l'han voluto? Perché è un bavarese tosto, autonomista, uno che sta ristabilendo le regole, che se alzano la testa... pimm! colpisce duro».
Il ragionamento di Borghezio è sommerso dalla cantilena d'un parroco: «Viva vivaaa/ il Santo Padreee...». Dietro, un'altra processione: quella che porta in gloria Clemente Mastella. Adepti dell'Udeur e curiosi, vigili urbani e cronisti. Frate scalzo, e un po' mattacchione, che urla: «Tanto ti devi pentire pure tu! Che ti credi!». (La voce ricorda quella di Flavio Bucci, prete scomunicato nel film «Il marchese del Grillo»). Adolfo Urso, anima colta di An: «Meglio qui, ignorato da voi giornalisti, che al posto di quello lì, Mastella, bramato per i motivi che sappiamo...». Dieci metri dietro, Marcello Veneziani, intellettuale, scrittore di destra. «La religiosità di Mastella, in fondo, si inserisce in uno spicchio preciso della tradizione: tra paganesimo e clientelismo... che, come si sa, prevede la presenza, per ciascun iscritto, di almeno un santo in Paradiso».
Meno taglienti Fini e Ronchi, Alemanno e Gasparri. Che si ferma: «Io, la domenica, a due cose puoi star sicuro che non manco: l'Angelus e la partita della Roma». Poi dribbla il microfono del Bruno Vespa di Striscia la notizia.
Che, siccome può fare satira, prima s'è avvicinato a Cesa, segretario dell'Udc da Arcinazzo Romano (il capo vero, Pier Ferdinando Casini, è ossequiosamente già sotto la finestra del Papa) e, ignorando ogni forma di pietà, gli ha detto: «Siamo tutti felici per Cuffaro, che non è mafioso, ma solo delinquente comune...».
La faccia grigia di Cesa che replica: «Andiamo a pregare, va'», finisce negli obiettivi dei fotografi, che tornano segnalando la presenza, in piazza, di Andreotti e Cossiga, di Gianni Letta con moglie, di Gabriella Carlucci con cagnetta al guinzaglio, della Binetti, di Franceschini e pure di Rutelli. Il quale se ne è stato buono cinque minuti in chiacchiere con l'ispiratore di questa adunata, il cardinale Camillo Ruini, magrissimo e sorridente, fermo e quasi perpendicolare alla finestra dove sta parlando Benedetto XVI. Con Ruini, fanno gruppetto monsignor Fisichella, monsignor Betori e l'ex direttore dell'Osservatore, Mario Agnes (fratello di Biagio, detto Biagione, storico direttore generale della Rai). Il ministro Giuseppe Fioroni arriva a salutare accompagnato da considerazioni dei fedeli non proprio benevole («Tenere fuori il Papa dall'università, vergogna!») e così capisce che è meglio scalare accanto a Lusetti. Enzo Carra, di stretta osservanza teodem, ha invece il privilegio di poter restare.
Si gioca al chi c'è, chi non c'è. Al chi arriva tardi. L'attore Lino Banfi, per dire: «Avevo un impegno a Cannes... ma io, per questo Papa, stravedo». O la presentatrice Paola Saluzzi, cattolica militante (sebbene non ai livelli di Claudia Koll). «Se posso, non rinuncio mai all'Angelus. Stavolta spero d'essere perdonata...».
C'è una sirena, un'ambulanza che va via. Si volta un ufficiale dei carabinieri: «Dev'essere l'onorevole Selva, che ha fretta».
Fabrizio Roncone
In piazza Borghezio: il Pontefice ci piace tantissimo. Banfi: per lui stravedo
ROMA — Sandro Bondi, il coordinatore di Forza Italia, vien giù da piazza Sant'Uffizio. Passo lento dei devoti, sguardo morbido dei comunisti pentiti.
Onorevole, ma cosa tiene in quella mano? «Cosa tengo?». Sembra un santino. «Beh, sì... è un'immagine della Vergine Maria e...». Però, no, scusi: dietro al santino c'è un calendario... «Un calendarietto, sì. Un calendarietto con l'immagine dell'Immacolata. Bello, non trova? Mi piace entrare nella pace di questa piazza di San Pietro con...».
Con il telefonino che squilla. «Dove siete, miei cari?». Sono laggiù, sulla destra, onorevole coordinatore. Dietro alle transenne. Dove stazionano i cameramen dei tigì e i fotografi dei giornali. Ecco Cicchitto e Tajani, ecco Cesa e D'Onofrio. Eccoli al passaggio obbligato, in questa mattina di militanza cattolica. Eccoli pronti a entrare in foto e immagini (che, si suppone, in Santa Sede avranno il piacere di controllare). Eccoli rallentare, indugiare, aspettare anche la ragazzina dell'ultima radio privata.
Poi suona il cellulare pure al leghista Mario Borghezio, cravatta verde e bell'impermeabile beige con patacca di sugo (amatriciana?). E lui, facendo tremare una suorina che gli è accanto: «Qui Padania, chi parla?».
Borghezio, vi siete messi a partecipare alle adunate che si organizzano a Roma ladrona? «Guardi che qui, io e lei, siamo in territorio santo. E poi, mi ascolti: questo Papa ci piace troppo». Lei quindi pensa che all'università... «Sa perché non l'han voluto? Perché è un bavarese tosto, autonomista, uno che sta ristabilendo le regole, che se alzano la testa... pimm! colpisce duro».
Il ragionamento di Borghezio è sommerso dalla cantilena d'un parroco: «Viva vivaaa/ il Santo Padreee...». Dietro, un'altra processione: quella che porta in gloria Clemente Mastella. Adepti dell'Udeur e curiosi, vigili urbani e cronisti. Frate scalzo, e un po' mattacchione, che urla: «Tanto ti devi pentire pure tu! Che ti credi!». (La voce ricorda quella di Flavio Bucci, prete scomunicato nel film «Il marchese del Grillo»). Adolfo Urso, anima colta di An: «Meglio qui, ignorato da voi giornalisti, che al posto di quello lì, Mastella, bramato per i motivi che sappiamo...». Dieci metri dietro, Marcello Veneziani, intellettuale, scrittore di destra. «La religiosità di Mastella, in fondo, si inserisce in uno spicchio preciso della tradizione: tra paganesimo e clientelismo... che, come si sa, prevede la presenza, per ciascun iscritto, di almeno un santo in Paradiso».
Meno taglienti Fini e Ronchi, Alemanno e Gasparri. Che si ferma: «Io, la domenica, a due cose puoi star sicuro che non manco: l'Angelus e la partita della Roma». Poi dribbla il microfono del Bruno Vespa di Striscia la notizia.
Che, siccome può fare satira, prima s'è avvicinato a Cesa, segretario dell'Udc da Arcinazzo Romano (il capo vero, Pier Ferdinando Casini, è ossequiosamente già sotto la finestra del Papa) e, ignorando ogni forma di pietà, gli ha detto: «Siamo tutti felici per Cuffaro, che non è mafioso, ma solo delinquente comune...».
La faccia grigia di Cesa che replica: «Andiamo a pregare, va'», finisce negli obiettivi dei fotografi, che tornano segnalando la presenza, in piazza, di Andreotti e Cossiga, di Gianni Letta con moglie, di Gabriella Carlucci con cagnetta al guinzaglio, della Binetti, di Franceschini e pure di Rutelli. Il quale se ne è stato buono cinque minuti in chiacchiere con l'ispiratore di questa adunata, il cardinale Camillo Ruini, magrissimo e sorridente, fermo e quasi perpendicolare alla finestra dove sta parlando Benedetto XVI. Con Ruini, fanno gruppetto monsignor Fisichella, monsignor Betori e l'ex direttore dell'Osservatore, Mario Agnes (fratello di Biagio, detto Biagione, storico direttore generale della Rai). Il ministro Giuseppe Fioroni arriva a salutare accompagnato da considerazioni dei fedeli non proprio benevole («Tenere fuori il Papa dall'università, vergogna!») e così capisce che è meglio scalare accanto a Lusetti. Enzo Carra, di stretta osservanza teodem, ha invece il privilegio di poter restare.
Si gioca al chi c'è, chi non c'è. Al chi arriva tardi. L'attore Lino Banfi, per dire: «Avevo un impegno a Cannes... ma io, per questo Papa, stravedo». O la presentatrice Paola Saluzzi, cattolica militante (sebbene non ai livelli di Claudia Koll). «Se posso, non rinuncio mai all'Angelus. Stavolta spero d'essere perdonata...».
C'è una sirena, un'ambulanza che va via. Si volta un ufficiale dei carabinieri: «Dev'essere l'onorevole Selva, che ha fretta».