Relazioni pericolose con Feyerabend
La Stampa - Tuttoscienze del 23 gennaio 2008, pag. 2
di Gilberto Corbellini
Popper, Kuhn, Lakatos e Feyeraaabennd... orate pro nooobiis.
Dalla cattedra peripatetica di «Porta a Porta», il filosofo e senatore Buttiglione informava che l'epistemologia moderna ha ridefinito, ridimensionandolo, lo statuto conoscitivo della scienza. E Giuliano Ferrara annunciava all'audience che il discorso scritto appositamente per gli «asini» della Sapienza dal capo della religione cattolica (e dello Stato del Vaticano), comodamente assiso sul dogma dell 'infallibilità, è una vera una lezione «galileiana».
Trasmissione memorabile! L'unico che sapeva di cosa si parlava, cioè di comunicazione e non di scienza, religione oppure filosofia, era Marco Pannella.
L'esilarante commedia degli equivoci dal titolo «Ratzinger vs Sapienza», magistralmente diretta dal grande statista e politico Cardinale Camillo Ruini, ha ridicolizzato soprattutto la cultura filosofica italiota. Il povero Fayerabend stiracchiato a destra e a manca. Come un'auctoritas o un eretico. E non parliamo di Galileo.
La deformazione dello storico mi ha riportato all'ottobre 1987, quando la rivista «Nature» pubblicava la profezia di due fisici dell'Imperial College di Londra. Se la comunità scientifica non contrasta la diffusione delle insensatezze filosofiche dei postpopperiani, scrivevano Theocharis e Psimopoulis, in particolare che la conoscenza scientifica non ha alcun fondamento di obiettività e che per quanto riguarda il metodo scientifico «tutto va bene», sarà la fine per la credibilità pubblica della scienza inglese. E ne verranno danni anche per la democrazia. I nostri si avventuravano a sostenere che il revival del fondamentalismo religioso negli Usa avesse qualcosa a che fare con la fortuna che il relativismo epistemologico avevano incontrato oltre l'Atlantico.
Gli scienziati e i politici inglesi ascoltarono quell'allarme e rintuzzarono, più che efficacemente, gli effetti perversi della filosofia (della scienza) nella deriva relativista. Consegnandola ai sociologi della scienza. Che, tanto, non li ascolta nessuno. E così la Gran Bretagna tornava a investire nella scienza, celebrando una nuova stagione di successi culturali, economici e anche civili.
Il fatto che si discuta ancora di Feyerabend e si prenda sul serio Ratzinger come filosofo - forse è un buon teologo ma le due competenze non si sposano necessariamente - la dice lunga su quanta strada rimane da fare in Italia.
NOTE
Università La Sapienza-Roma
La Stampa - Tuttoscienze del 23 gennaio 2008, pag. 2
di Gilberto Corbellini
Popper, Kuhn, Lakatos e Feyeraaabennd... orate pro nooobiis.
Dalla cattedra peripatetica di «Porta a Porta», il filosofo e senatore Buttiglione informava che l'epistemologia moderna ha ridefinito, ridimensionandolo, lo statuto conoscitivo della scienza. E Giuliano Ferrara annunciava all'audience che il discorso scritto appositamente per gli «asini» della Sapienza dal capo della religione cattolica (e dello Stato del Vaticano), comodamente assiso sul dogma dell 'infallibilità, è una vera una lezione «galileiana».
Trasmissione memorabile! L'unico che sapeva di cosa si parlava, cioè di comunicazione e non di scienza, religione oppure filosofia, era Marco Pannella.
L'esilarante commedia degli equivoci dal titolo «Ratzinger vs Sapienza», magistralmente diretta dal grande statista e politico Cardinale Camillo Ruini, ha ridicolizzato soprattutto la cultura filosofica italiota. Il povero Fayerabend stiracchiato a destra e a manca. Come un'auctoritas o un eretico. E non parliamo di Galileo.
La deformazione dello storico mi ha riportato all'ottobre 1987, quando la rivista «Nature» pubblicava la profezia di due fisici dell'Imperial College di Londra. Se la comunità scientifica non contrasta la diffusione delle insensatezze filosofiche dei postpopperiani, scrivevano Theocharis e Psimopoulis, in particolare che la conoscenza scientifica non ha alcun fondamento di obiettività e che per quanto riguarda il metodo scientifico «tutto va bene», sarà la fine per la credibilità pubblica della scienza inglese. E ne verranno danni anche per la democrazia. I nostri si avventuravano a sostenere che il revival del fondamentalismo religioso negli Usa avesse qualcosa a che fare con la fortuna che il relativismo epistemologico avevano incontrato oltre l'Atlantico.
Gli scienziati e i politici inglesi ascoltarono quell'allarme e rintuzzarono, più che efficacemente, gli effetti perversi della filosofia (della scienza) nella deriva relativista. Consegnandola ai sociologi della scienza. Che, tanto, non li ascolta nessuno. E così la Gran Bretagna tornava a investire nella scienza, celebrando una nuova stagione di successi culturali, economici e anche civili.
Il fatto che si discuta ancora di Feyerabend e si prenda sul serio Ratzinger come filosofo - forse è un buon teologo ma le due competenze non si sposano necessariamente - la dice lunga su quanta strada rimane da fare in Italia.
NOTE
Università La Sapienza-Roma