Corriere della Sera 16.1.08
Il fronte del «no» L'ex preside di Sociologia: «È la soluzione meno peggiore»
I docenti «ribelli» esultano «Vittoria dell'autonomia»
Professori soddisfatti: dialogo, non dogmi
di Virginia Piccolillo
La rinuncia Papa Benedetto XVI non andrà alla Sapienza, ma invierà soltanto un messaggio
Bernardini: è un atto di buona volontà.
Brancaccio: ha vinto la laicità. De Nardis: temevo parlasse d'aborto
ROMA — «Giovedì senza di lui sarà una grande festa». Il Papa abbandona e chi lo aveva contestato brinda a Galileo. Uniti per un giorno scienziati e studenti fuori corso, artisti e pensatori vantano la vittoria del libero pensiero sul dogma, della laicità sul clericalismo e persino della tolleranza sull'integralismo.
A Fisica, motore della rivolta, c'è un'aria di pericolo scampato. E Carlo Bernardini, ex docente di metodi matematici e mito in facoltà, riassume perché: «È il primo atto di buona volontà del Papa: non mi sembra il caso di far nascere tafferugli ». Non è una censura? «No, può parlare quando vuole in altre sedi. Non era il caso di inaugurare l'anno accademico con un'autorità religiosa (perché come filosofo un credente è un po' fiacchetto)». «La paura — spiega l'ex preside di Sociologia delle comunicazioni Paolo De Nardis — era che dalla pena di morte passasse a parlare di aborto: per una vicenda nata male è la soluzione "meno peggio" ». «Ha vinto l'università laica del sapere autonomo» gioisce
Francesco Brancaccio (collettivo di fisica). «Il Papa incarna uno dei poteri forti che portano all'arretramento culturale »rincara Fabio Ingrasso
(Unione Universitari). E parla di «vittoria strepitosa» Francesco Raparelli, leader degli studenti in rivolta. «Il Papa si ritira con le sue divisioni — festeggia il leader cobas Piero Bernocchi —. Pretendeva di dare direttive alla maggiore università statale. Come se un fisico cantasse a Natale alla Sistina per il Papa». Ma è una festa amara per chi, come il filosofo
Paolo Flores D'Arcais teme che «ora il Papa verrà fatto passare come una vittima. In realtà censurati e oscurati dalle tv sono solo i laici e gli atei». Per la cantautrice Fiorella Mannoia «papa Ratzinger paga i suoi atteggiamenti oscurantisti diventati intollerabili. Non si può legiferare nulla che c'è il veto della Chiesa (come su Pacs e staminali)». Lo scrittore Erri De Luca approva: «Non si va dove non si è desiderati». E difende la protesta: «E' legittima perché l'invito a lui era fuori dall'ordinario». «La sconfitta della democrazia e della laicità era tutta in quell'incredibile invito » concorda D'Arcais. Ugo Rubeo, americanista, continua a raccogliere firme per declinarlo: «L'Università è la sede del dialogo ma Ratzinger alla ragione preferisce i dogmi. Padrone. Ma anche noi di non esserci. Era ciò che volevamo fare ma avremmo preferito tenesse duro. Ora ci daranno tutti addosso ». Tra le firme l'italianista Serena Sapegno, lo slavista Luigi Marinelli, la francesista Gabriella Violato, l'angloamericanista Alessandro Portelli, l'ispanista Francisco Lobera e Johan Fitzgerald, cattolica irlandese, docente di letteratura inglese che aveva bocciato «l'intervento del "papa-re"» come «scomodo e sbagliato: da accademico avrebbe dovuto farlo in un dibattito». Per Enzo Campelli ordinario di Metodologia delle scienze sociali «sarebbe stato integralismo vietargli di venire all'Università, ma lo è stato anche definire "censura" le obiezioni contro la sua presenza». L'intellettuale ex ordinario di Letteratura, Alberto Asor Rosa, rivendica di aver indicato «nella rinuncia lo strumento per calmare gli animi» e chiosa: «La saggezza del Papa è più grande di quella degli amministratori della Sapienza».
Il fronte del «no» L'ex preside di Sociologia: «È la soluzione meno peggiore»
I docenti «ribelli» esultano «Vittoria dell'autonomia»
Professori soddisfatti: dialogo, non dogmi
di Virginia Piccolillo
La rinuncia Papa Benedetto XVI non andrà alla Sapienza, ma invierà soltanto un messaggio
Bernardini: è un atto di buona volontà.
Brancaccio: ha vinto la laicità. De Nardis: temevo parlasse d'aborto
ROMA — «Giovedì senza di lui sarà una grande festa». Il Papa abbandona e chi lo aveva contestato brinda a Galileo. Uniti per un giorno scienziati e studenti fuori corso, artisti e pensatori vantano la vittoria del libero pensiero sul dogma, della laicità sul clericalismo e persino della tolleranza sull'integralismo.
A Fisica, motore della rivolta, c'è un'aria di pericolo scampato. E Carlo Bernardini, ex docente di metodi matematici e mito in facoltà, riassume perché: «È il primo atto di buona volontà del Papa: non mi sembra il caso di far nascere tafferugli ». Non è una censura? «No, può parlare quando vuole in altre sedi. Non era il caso di inaugurare l'anno accademico con un'autorità religiosa (perché come filosofo un credente è un po' fiacchetto)». «La paura — spiega l'ex preside di Sociologia delle comunicazioni Paolo De Nardis — era che dalla pena di morte passasse a parlare di aborto: per una vicenda nata male è la soluzione "meno peggio" ». «Ha vinto l'università laica del sapere autonomo» gioisce
Francesco Brancaccio (collettivo di fisica). «Il Papa incarna uno dei poteri forti che portano all'arretramento culturale »rincara Fabio Ingrasso
(Unione Universitari). E parla di «vittoria strepitosa» Francesco Raparelli, leader degli studenti in rivolta. «Il Papa si ritira con le sue divisioni — festeggia il leader cobas Piero Bernocchi —. Pretendeva di dare direttive alla maggiore università statale. Come se un fisico cantasse a Natale alla Sistina per il Papa». Ma è una festa amara per chi, come il filosofo
Paolo Flores D'Arcais teme che «ora il Papa verrà fatto passare come una vittima. In realtà censurati e oscurati dalle tv sono solo i laici e gli atei». Per la cantautrice Fiorella Mannoia «papa Ratzinger paga i suoi atteggiamenti oscurantisti diventati intollerabili. Non si può legiferare nulla che c'è il veto della Chiesa (come su Pacs e staminali)». Lo scrittore Erri De Luca approva: «Non si va dove non si è desiderati». E difende la protesta: «E' legittima perché l'invito a lui era fuori dall'ordinario». «La sconfitta della democrazia e della laicità era tutta in quell'incredibile invito » concorda D'Arcais. Ugo Rubeo, americanista, continua a raccogliere firme per declinarlo: «L'Università è la sede del dialogo ma Ratzinger alla ragione preferisce i dogmi. Padrone. Ma anche noi di non esserci. Era ciò che volevamo fare ma avremmo preferito tenesse duro. Ora ci daranno tutti addosso ». Tra le firme l'italianista Serena Sapegno, lo slavista Luigi Marinelli, la francesista Gabriella Violato, l'angloamericanista Alessandro Portelli, l'ispanista Francisco Lobera e Johan Fitzgerald, cattolica irlandese, docente di letteratura inglese che aveva bocciato «l'intervento del "papa-re"» come «scomodo e sbagliato: da accademico avrebbe dovuto farlo in un dibattito». Per Enzo Campelli ordinario di Metodologia delle scienze sociali «sarebbe stato integralismo vietargli di venire all'Università, ma lo è stato anche definire "censura" le obiezioni contro la sua presenza». L'intellettuale ex ordinario di Letteratura, Alberto Asor Rosa, rivendica di aver indicato «nella rinuncia lo strumento per calmare gli animi» e chiosa: «La saggezza del Papa è più grande di quella degli amministratori della Sapienza».