Il Tar boccia le linee guida Ora la politica decida, se può
Il Riformista del 24 gennaio 2008, pag. 2
Verrebbe da dire: ci risiamo. Ancora una volta in questo paese sulla politica prevale quella che si può ben definire la via giudiziaria ai diritti civili. Si parla, questa volta, della legge sulla fecondazione assistita. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha infatti bocciato le attuali linee guida della legge 40 giudicandole illegittime, rinviando alla Corte Costituzionale il giudizio sulla costituzionalità della intera legge. In particolare, rispondendo positivamente al ricorso presentato da alcune associazioni, il Tar ha giudicato illegittimo l'obbligo stabilito nella legge di trasferire tutti gli embrioni prodotti e il divieto di diagnosi genetica preimpianto. Si tratta proprio di due dei punti sui quali si è acceso, negli ultimi anni, un dibattito rovente che ha finito per intrecciarsi, nelle ultime settimane, con quello che si è riaperto sulla legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza. Secondo il Tar, dunque, le vecchie linee guida contengono un eccesso di potere essendo, in sostanza, più restrittive della stessa legge.
La decisione del Tar non è importante soltanto per le conseguenze che avrà sulla applicazione della legge 40 e, di conseguenza, nella vita di tante donne e di tante coppie. E importante anche perché arriva proprio quando si attendevano da un giorno all'altro le nuove linee guida alle quali ha lavorato l'attuale ministro della Salute Livia Turco. Certo, l'apertura della crisi politica non facilità le cose e anzi finirà per ostacolare una volta di più il lavoro del ministro. Non è però il ministro ad essere sotto accusa, tutt'altro. Sotto accusa c'è invece l'intero sistema politico e soprattutto quella parte che sinora ha sostenuto la legittimità delle attuali linee guida, quelle che, secondo il Tar, sono da considerare illegittime. Non siamo infatti di fronte a una novità assoluta: già altri tribunali avevano preso decisioni di questo tenore. E, ancora una volta, come già è accaduto per le unioni civili o per i casi Welby ed Englaro, soltanto per citarne alcuni, per ottenere il riconoscimento di quelli che ritenevano essere loro diritti sui quali però la politica non riusciva a prendere una decisione chiara, i cittadini si sono dovuti rivolgere ai giudici. Che, ancora una volta, hanno svolto un ruolo di supplenza della politica. Un fatto, come già detto in passato, non certo positivo e che, stante l'attuale situazione di crisi, purtroppo sembra destinato a ripetersi, aumentando il malumore verso una politica che non decide.
Il Riformista del 24 gennaio 2008, pag. 2
Verrebbe da dire: ci risiamo. Ancora una volta in questo paese sulla politica prevale quella che si può ben definire la via giudiziaria ai diritti civili. Si parla, questa volta, della legge sulla fecondazione assistita. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha infatti bocciato le attuali linee guida della legge 40 giudicandole illegittime, rinviando alla Corte Costituzionale il giudizio sulla costituzionalità della intera legge. In particolare, rispondendo positivamente al ricorso presentato da alcune associazioni, il Tar ha giudicato illegittimo l'obbligo stabilito nella legge di trasferire tutti gli embrioni prodotti e il divieto di diagnosi genetica preimpianto. Si tratta proprio di due dei punti sui quali si è acceso, negli ultimi anni, un dibattito rovente che ha finito per intrecciarsi, nelle ultime settimane, con quello che si è riaperto sulla legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza. Secondo il Tar, dunque, le vecchie linee guida contengono un eccesso di potere essendo, in sostanza, più restrittive della stessa legge.
La decisione del Tar non è importante soltanto per le conseguenze che avrà sulla applicazione della legge 40 e, di conseguenza, nella vita di tante donne e di tante coppie. E importante anche perché arriva proprio quando si attendevano da un giorno all'altro le nuove linee guida alle quali ha lavorato l'attuale ministro della Salute Livia Turco. Certo, l'apertura della crisi politica non facilità le cose e anzi finirà per ostacolare una volta di più il lavoro del ministro. Non è però il ministro ad essere sotto accusa, tutt'altro. Sotto accusa c'è invece l'intero sistema politico e soprattutto quella parte che sinora ha sostenuto la legittimità delle attuali linee guida, quelle che, secondo il Tar, sono da considerare illegittime. Non siamo infatti di fronte a una novità assoluta: già altri tribunali avevano preso decisioni di questo tenore. E, ancora una volta, come già è accaduto per le unioni civili o per i casi Welby ed Englaro, soltanto per citarne alcuni, per ottenere il riconoscimento di quelli che ritenevano essere loro diritti sui quali però la politica non riusciva a prendere una decisione chiara, i cittadini si sono dovuti rivolgere ai giudici. Che, ancora una volta, hanno svolto un ruolo di supplenza della politica. Un fatto, come già detto in passato, non certo positivo e che, stante l'attuale situazione di crisi, purtroppo sembra destinato a ripetersi, aumentando il malumore verso una politica che non decide.