Settari, anzi eretici così la chiesa li bollava
di Giovanni Filoramo
la Repubblica” dell'11 gennaio 2008
Il termine "setta" getta le sue radici nelle origini cristiane. In Atti 24, 5 Paolo è accusato da rappresentanti delle autorità ebraiche davanti al governatore romano Felice perché «fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è a capo della setta dei Nazorei». "Setta" traduce il greco hairesis, che all´epoca indicava una scuola, un gruppo di seguaci di un determinato maestro o leader; quanto alla vulgata, essa lo rende con il termine latino corrispondente secta. A partire dalla metà del II secolo, in seguito alla lotta contro gli gnostici, "eresia" si carica di una valenza negativa, assumendo il significato tecnico di movimento anticristiano, di origine diabolica, che rompe l´unità della Chiesa. Anche il latino secta segue questo destino negativo: nella legislazione degli imperatori cristiani esso indica i seguaci di un´eresia, in quanto tali passibili delle condanne più dure.
Le due spiegazioni etimologiche di secta, lungi dal contraddirsi, si completano, rimandando ai due aspetti principali della setta. Essa indica sia coloro che hanno "tagliato " (dal latino seco) i ponti con la chiesa madre sia il modo più diffuso in cui questa rottura avviene: per aver "seguito" (dal latino sector, rafforzativo di sequor "seguo") un leader carismatico portatore di un nuovo messaggio religioso di salvezza. La rottura con la tradizione reca seco quel (pre)giudizio negativo da parte della maggioranza e delle autorità della religione dominante che accompagna la storia del termine, rivelando i meccanismi sociali di rigetto dell´avversario o dell´eretico attraverso il silenzio, il disprezzo e la lotta contro gli aspetti più significativi del gruppo che si distacca. Le stesse denominazioni sono opera degli avversari, che in modo derisorio tendono a sottolineare un aspetto identificante in negativo il gruppo da condannare. Tutto ciò ha caricato il termine di una valenza negativa, rendendone delicato l´utilizzo da parte degli studiosi.
Un cordone ombelicale lega dunque la setta alla Chiesa: senza setta non si dà Chiesa, e viceversa.
Questo legame è stato ben visto da Max Weber ed Ernst Troeltsch, i sociologi che all´inizio del Novecento hanno messo in luce la straordinaria importanza del fenomeno nella storia del cristianesimo. Per uscire dal circolo vizioso della definizione (negativa) di tipo teologico, essi si sono concentrati sia sulle modalità di adesione, attirando come Weber l´attenzione sull´interazione tra la nuova organizzazione religiosa e il contesto socio-culturale, il "mondo", verso il quale la setta vive un grado di tensione più o meno alto a seconda della natura del suo messaggio salvifico; sia sulle caratteristiche che distinguono la setta dalla Chiesa. Mentre la seconda è un´istituzione che comprende necessariamente giusti e ingiusti («La Chiesa mescola in qualche modo l´acqua del religioso e l´olio del sociale»), la setta è la comunità di coloro che personalmente credono e sono rinati: si nasce, di conseguenza, nella Chiesa, mentre l´ingresso nella setta è frutto di una scelta individuale.
Troeltsch in particolare ha indagato la fortuna delle sette nella storia del cristianesimo, sottolineandone alcuni caratteri distintivi: l´ispirazione comunitaria e idealista, centrata sull´amore, sul modello del Discorso della montagna; l´indifferenza radicale o l´ostilità nei confronti dell´ordine sociale; la tendenza a realizzare l´ideale d´amore all´interno di piccoli gruppi; il reclutamento dei suoi membri tra gli emarginati sociali; il carattere storico di una protesta laica contro la gerarchia ecclesiastica. La storia delle sette cristiane comincia per lui con il montanismo nella seconda metà del II secolo, continuando con il donatismo, movimento che difese una particolare concezione di Chiesa dei puri: l´archetipo di un fenomeno destinato a ripetersi continuamente, anche se questa esigenza di restaurare la forma primitiva e pura della comunità delle origini anche attraverso una rigida disciplina morale non sempre si tradusse in vere e proprie sette, ma talora, come nel monachesimo e negli ordini religiosi, fu dialetticamente riassorbita dall´istituzione. Il basso medioevo conobbe un fiorire di movimenti religiosi laicali, che talora, come nel caso dei catari, dei valdesi o degli hussiti, trasformati in eresie, assunsero i tratti tipici delle sette. Il mondo ortodosso, che non ha conosciuto queste divisioni, si è però ben presto dovuto confrontare con l´islam, che Giovanni Damasceno, considerandolo una variante dell´arianesimo, inserì come setta cristiana nel suo schema eresiografico, introducendo un principio che verrà accettato dal Concilio di Costantinopoli nel 787.
Con l´avvento della modernità il panorama cambia. Con la Riforma, che segna il trionfo del principio settario, si inaugura una fase nuova, in cui si assiste al moltiplicarsi di denominazioni che o tendono a trasformarsi in Chiese o scompaiono. L´individualismo religioso, infine, mette progressivamente in crisi il vincolo societario tipico delle sette, dando origine a una nuova forma, che Troeltsch propone di chiamare mistica e che la letteratura sociologica contemporanea ha in genere definito "culto".
Forma sociologica tipica delle minoranze che esprimono in chiave religiosa un dissenso verso la società dominante, la setta è un fenomeno presente anche in altre tradizioni religiose. Il giudaismo del tempo di Gesù era caratterizzato da una molteplicità di "sette", scuole e gruppi che si differenziavano nell´interpretazione di aspetti significativi della Torah fino a costituire, come i settari di Qumran, una comunità separata. L´islam, da gruppo minoritario, definibile come una setta o un gruppo religioso nuovo e perciò deviante, in certa misura mal tollerato e marginale, anche per la sua critica aspra ad altre credenze allora presenti (si pensi alla polemica contro il politeismo), con lo spostamento di Muhammad da Mecca a Yatrib/Medina diventa maggioranza, dunque legge e governo. Come insegna poi il caso tragicamente attuale della divisione tra sunniti e sciiti, nell´islam è stata importante la divergenza di tipo politico, anche se in realtà la sua storia conosce una pluralità di tipi settari. Il buddismo delle origini, infine, rappresenta anch´esso un movimento di separazione di tipo settario, anche se non vi troviamo all´opera la contrapposizione fondamentale con una Chiesa, quanto il principio della compresenza di scuole filosofico-religiose diverse tipico dell´induismo.
di Giovanni Filoramo
la Repubblica” dell'11 gennaio 2008
Il termine "setta" getta le sue radici nelle origini cristiane. In Atti 24, 5 Paolo è accusato da rappresentanti delle autorità ebraiche davanti al governatore romano Felice perché «fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è a capo della setta dei Nazorei». "Setta" traduce il greco hairesis, che all´epoca indicava una scuola, un gruppo di seguaci di un determinato maestro o leader; quanto alla vulgata, essa lo rende con il termine latino corrispondente secta. A partire dalla metà del II secolo, in seguito alla lotta contro gli gnostici, "eresia" si carica di una valenza negativa, assumendo il significato tecnico di movimento anticristiano, di origine diabolica, che rompe l´unità della Chiesa. Anche il latino secta segue questo destino negativo: nella legislazione degli imperatori cristiani esso indica i seguaci di un´eresia, in quanto tali passibili delle condanne più dure.
Le due spiegazioni etimologiche di secta, lungi dal contraddirsi, si completano, rimandando ai due aspetti principali della setta. Essa indica sia coloro che hanno "tagliato " (dal latino seco) i ponti con la chiesa madre sia il modo più diffuso in cui questa rottura avviene: per aver "seguito" (dal latino sector, rafforzativo di sequor "seguo") un leader carismatico portatore di un nuovo messaggio religioso di salvezza. La rottura con la tradizione reca seco quel (pre)giudizio negativo da parte della maggioranza e delle autorità della religione dominante che accompagna la storia del termine, rivelando i meccanismi sociali di rigetto dell´avversario o dell´eretico attraverso il silenzio, il disprezzo e la lotta contro gli aspetti più significativi del gruppo che si distacca. Le stesse denominazioni sono opera degli avversari, che in modo derisorio tendono a sottolineare un aspetto identificante in negativo il gruppo da condannare. Tutto ciò ha caricato il termine di una valenza negativa, rendendone delicato l´utilizzo da parte degli studiosi.
Un cordone ombelicale lega dunque la setta alla Chiesa: senza setta non si dà Chiesa, e viceversa.
Questo legame è stato ben visto da Max Weber ed Ernst Troeltsch, i sociologi che all´inizio del Novecento hanno messo in luce la straordinaria importanza del fenomeno nella storia del cristianesimo. Per uscire dal circolo vizioso della definizione (negativa) di tipo teologico, essi si sono concentrati sia sulle modalità di adesione, attirando come Weber l´attenzione sull´interazione tra la nuova organizzazione religiosa e il contesto socio-culturale, il "mondo", verso il quale la setta vive un grado di tensione più o meno alto a seconda della natura del suo messaggio salvifico; sia sulle caratteristiche che distinguono la setta dalla Chiesa. Mentre la seconda è un´istituzione che comprende necessariamente giusti e ingiusti («La Chiesa mescola in qualche modo l´acqua del religioso e l´olio del sociale»), la setta è la comunità di coloro che personalmente credono e sono rinati: si nasce, di conseguenza, nella Chiesa, mentre l´ingresso nella setta è frutto di una scelta individuale.
Troeltsch in particolare ha indagato la fortuna delle sette nella storia del cristianesimo, sottolineandone alcuni caratteri distintivi: l´ispirazione comunitaria e idealista, centrata sull´amore, sul modello del Discorso della montagna; l´indifferenza radicale o l´ostilità nei confronti dell´ordine sociale; la tendenza a realizzare l´ideale d´amore all´interno di piccoli gruppi; il reclutamento dei suoi membri tra gli emarginati sociali; il carattere storico di una protesta laica contro la gerarchia ecclesiastica. La storia delle sette cristiane comincia per lui con il montanismo nella seconda metà del II secolo, continuando con il donatismo, movimento che difese una particolare concezione di Chiesa dei puri: l´archetipo di un fenomeno destinato a ripetersi continuamente, anche se questa esigenza di restaurare la forma primitiva e pura della comunità delle origini anche attraverso una rigida disciplina morale non sempre si tradusse in vere e proprie sette, ma talora, come nel monachesimo e negli ordini religiosi, fu dialetticamente riassorbita dall´istituzione. Il basso medioevo conobbe un fiorire di movimenti religiosi laicali, che talora, come nel caso dei catari, dei valdesi o degli hussiti, trasformati in eresie, assunsero i tratti tipici delle sette. Il mondo ortodosso, che non ha conosciuto queste divisioni, si è però ben presto dovuto confrontare con l´islam, che Giovanni Damasceno, considerandolo una variante dell´arianesimo, inserì come setta cristiana nel suo schema eresiografico, introducendo un principio che verrà accettato dal Concilio di Costantinopoli nel 787.
Con l´avvento della modernità il panorama cambia. Con la Riforma, che segna il trionfo del principio settario, si inaugura una fase nuova, in cui si assiste al moltiplicarsi di denominazioni che o tendono a trasformarsi in Chiese o scompaiono. L´individualismo religioso, infine, mette progressivamente in crisi il vincolo societario tipico delle sette, dando origine a una nuova forma, che Troeltsch propone di chiamare mistica e che la letteratura sociologica contemporanea ha in genere definito "culto".
Forma sociologica tipica delle minoranze che esprimono in chiave religiosa un dissenso verso la società dominante, la setta è un fenomeno presente anche in altre tradizioni religiose. Il giudaismo del tempo di Gesù era caratterizzato da una molteplicità di "sette", scuole e gruppi che si differenziavano nell´interpretazione di aspetti significativi della Torah fino a costituire, come i settari di Qumran, una comunità separata. L´islam, da gruppo minoritario, definibile come una setta o un gruppo religioso nuovo e perciò deviante, in certa misura mal tollerato e marginale, anche per la sua critica aspra ad altre credenze allora presenti (si pensi alla polemica contro il politeismo), con lo spostamento di Muhammad da Mecca a Yatrib/Medina diventa maggioranza, dunque legge e governo. Come insegna poi il caso tragicamente attuale della divisione tra sunniti e sciiti, nell´islam è stata importante la divergenza di tipo politico, anche se in realtà la sua storia conosce una pluralità di tipi settari. Il buddismo delle origini, infine, rappresenta anch´esso un movimento di separazione di tipo settario, anche se non vi troviamo all´opera la contrapposizione fondamentale con una Chiesa, quanto il principio della compresenza di scuole filosofico-religiose diverse tipico dell´induismo.