l'Unità 21.1.08
Staminali embrionali umane: la ricerca al bivio
di Pietro Greco
La clonazione con trasferimento del nucleo era stata annunciata già nel passato ma era una truffa
La tecnica sviluppata dai giapponesi non passa per la formazione dell’embrione
DUE NUOVE ricerche ottengono risultati molto interessanti per la produzione di cellule pluripotenti e totipotenti. Però, la via che elimina il dilemma etico, apre il rischio di creare cellule malate
Con i risultati resi pubblici la settimana scorsa su Stem Cells da Andrew French e un gruppo di suoi collaboratori della società privata Stemagen di La Jolla, in California, la ricerca sulle staminali embrionali umane a partire da cellule adulte (con possibilità future di cure personalizzate) si ritrova ad avere, in pochi mesi, due diverse strade praticabili di sviluppo.
La prima è quella iPS, o delle «cellule staminali pluripotenti indotte», proposta a novembre scorso dal giapponese Shinya Yamanaka. La seconda è quella della clonazione per trasferimento di nucleo, proposta giovedì scorso dal californiano Andrew French.
Da un punto di vista strettamente scientifico, le due strade non sono alternative, ma complementari. Da un punto di vista bioetico le due strade sono invece molto diverse, perché quella proposta da Shinya Yamanaka (e, in maniera indipendente, da Junying Yu, del Genome Center della Wisconsin-Madison University) non passa attraverso la formazione di embrioni, mentre la strada proposta da Andrew French passa attraverso la formazione di embrioni.
Per cercare di capire perché, da un punto di vista scientifico, le due strade non sono alternative, dobbiamo ripercorrere in breve la storia della ricerca sulle cellule staminali umane. Le cellule staminali sono cellule non specializzate. Che, all’occorrenza, possono trasformarsi in una dei 200 e più tipi di cellule del nostro organismo. Il fatto è che le cellule staminali presenti nei nostri organismi adulti sono in grado di trasformarsi solo in alcuni tipi di cellule. Mentre le staminali presenti negli embrioni sono, si dice, totipotenti: si possono trasformare in tutti e ciascun tipo di cellula specializzata. Da un punto di vista scientifico lo studio di tutte le staminali è utile, per capire i meccanismi dell’evoluzione cellulare. Da un punto di vista medico, le cellule staminali adulte consentono già da tempo un impiego clinico, mentre le staminali embrionali promettono di più (anche se a tutt’oggi non c’è alcun loro impiego clinico). Da un punto di vista etico, le embrionali pongono dei problemi perché, per studiarle e utilizzarle si passa traverso la distruzione dell’embrione.
Per questo tutti hanno salutato con grande entusiasmo l’annuncio di Shinya Yamanaka, che lo scorso mese di novembre ha annunciato sulla rivista Cell di essere riuscito a indurre una cellula umana adulta prelevata dalla pelle a «regredire» fino allo stadio di staminale pluripotente. Un’autentica svolta. Sia perché offre una fonte di staminali simili alle embrionali. Sia perché non comporta la creazione di embrioni. Con qualche limite, però.
Il primo è che, appunto, le staminali indotte sono simili alle embrionali. Ma non abbiamo garanzia che siano analoghe alle embrionali. Sappiamo che sono pluripotenti, ma non sappiamo se sono totipotenti. Né sappiamo, a tutt’oggi, se in un qualche stadio della loro vita riprogrammate non manifestino comportamenti diversi dalle staminali tratte da embrioni. Il secondo limite è costituito dal fatto che, per indurle a ritornare bambine, Yamanaka introduce nelle cellule adulte quattro fattori (per i più curiosi diciamo che sono chiamati Oct3/4, Sox2, c-Myc e Klf4). Il guaio è che alcuni di questi fattori sono patogeni. Possono, per esempio, causare una crescita tumorale. Uno degli sforzi principali dei biologi sarà quello o di ottenere staminali embrionali indotte senza l’uso di fattori pericolosi o trovare il modo di estrarlo dalle cellule in modo sicuro una volta avvenuta l’induzione.
A questo punto ecco la seconda pista, quella per clonazione con trasferimento di nucleo. In realtà è la prima pista in assoluto: perché è quella usata per la clonazione della pecora Dolly. In passato molti hanno annunciato di aver clonato cellule umane. L’ultimo è stato il coreano Hwang. Ma si trattava di annunci o falsi o non dimostrabili. French sembra essere il primo ad aver ottenuto embrioni umani per clonazione con trasferimento di nucleo. Su 29 ovociti usati, i successi (ovvero gli embrioni nati) sono stati cinque: un’efficienza molto alta. L’annuncio, ovviamente, va confermato. Tuttavia se dovesse rivelarsi fondato, avremmo una fonte di staminali embrionali certamente totipotenti e, allo stato delle conoscenze più «pulita» della fonte di Yamanaka.Staminali embrionali umane: la ricerca al bivio
di Pietro Greco
La clonazione con trasferimento del nucleo era stata annunciata già nel passato ma era una truffa
La tecnica sviluppata dai giapponesi non passa per la formazione dell’embrione
DUE NUOVE ricerche ottengono risultati molto interessanti per la produzione di cellule pluripotenti e totipotenti. Però, la via che elimina il dilemma etico, apre il rischio di creare cellule malate
Con i risultati resi pubblici la settimana scorsa su Stem Cells da Andrew French e un gruppo di suoi collaboratori della società privata Stemagen di La Jolla, in California, la ricerca sulle staminali embrionali umane a partire da cellule adulte (con possibilità future di cure personalizzate) si ritrova ad avere, in pochi mesi, due diverse strade praticabili di sviluppo.
La prima è quella iPS, o delle «cellule staminali pluripotenti indotte», proposta a novembre scorso dal giapponese Shinya Yamanaka. La seconda è quella della clonazione per trasferimento di nucleo, proposta giovedì scorso dal californiano Andrew French.
Da un punto di vista strettamente scientifico, le due strade non sono alternative, ma complementari. Da un punto di vista bioetico le due strade sono invece molto diverse, perché quella proposta da Shinya Yamanaka (e, in maniera indipendente, da Junying Yu, del Genome Center della Wisconsin-Madison University) non passa attraverso la formazione di embrioni, mentre la strada proposta da Andrew French passa attraverso la formazione di embrioni.
Per cercare di capire perché, da un punto di vista scientifico, le due strade non sono alternative, dobbiamo ripercorrere in breve la storia della ricerca sulle cellule staminali umane. Le cellule staminali sono cellule non specializzate. Che, all’occorrenza, possono trasformarsi in una dei 200 e più tipi di cellule del nostro organismo. Il fatto è che le cellule staminali presenti nei nostri organismi adulti sono in grado di trasformarsi solo in alcuni tipi di cellule. Mentre le staminali presenti negli embrioni sono, si dice, totipotenti: si possono trasformare in tutti e ciascun tipo di cellula specializzata. Da un punto di vista scientifico lo studio di tutte le staminali è utile, per capire i meccanismi dell’evoluzione cellulare. Da un punto di vista medico, le cellule staminali adulte consentono già da tempo un impiego clinico, mentre le staminali embrionali promettono di più (anche se a tutt’oggi non c’è alcun loro impiego clinico). Da un punto di vista etico, le embrionali pongono dei problemi perché, per studiarle e utilizzarle si passa traverso la distruzione dell’embrione.
Per questo tutti hanno salutato con grande entusiasmo l’annuncio di Shinya Yamanaka, che lo scorso mese di novembre ha annunciato sulla rivista Cell di essere riuscito a indurre una cellula umana adulta prelevata dalla pelle a «regredire» fino allo stadio di staminale pluripotente. Un’autentica svolta. Sia perché offre una fonte di staminali simili alle embrionali. Sia perché non comporta la creazione di embrioni. Con qualche limite, però.
Il primo è che, appunto, le staminali indotte sono simili alle embrionali. Ma non abbiamo garanzia che siano analoghe alle embrionali. Sappiamo che sono pluripotenti, ma non sappiamo se sono totipotenti. Né sappiamo, a tutt’oggi, se in un qualche stadio della loro vita riprogrammate non manifestino comportamenti diversi dalle staminali tratte da embrioni. Il secondo limite è costituito dal fatto che, per indurle a ritornare bambine, Yamanaka introduce nelle cellule adulte quattro fattori (per i più curiosi diciamo che sono chiamati Oct3/4, Sox2, c-Myc e Klf4). Il guaio è che alcuni di questi fattori sono patogeni. Possono, per esempio, causare una crescita tumorale. Uno degli sforzi principali dei biologi sarà quello o di ottenere staminali embrionali indotte senza l’uso di fattori pericolosi o trovare il modo di estrarlo dalle cellule in modo sicuro una volta avvenuta l’induzione.
Ecco perché le due piste (come riconosce lo stesso Yanamaka) sono complementari e non alternative. Da un punto di strettamente scientifico occorrerebbe utilizzare entrambe sia per saperne di più sullo sviluppo cellulare, sia per ottenere nuove fonti di staminali embrionali e/o simili a embrionali.
Resta il problema etico. Dobbiamo puntare tutto sulla pista Yanamaka perché, pur avendo qualche limite in più, non passa attraverso la creazione di embrioni o dobbiamo puntare anche sulla pista French, perché è l’unica che garantisce cellule staminali embrionali e (a quanto ne sappiamo) sane? Non è un dilemma da poco. Occorrerebbe affrontarlo senza furori ideologici. Tenendo conto di due fattori divergenti: se è vero che non per tutti l’embrione «è uno di noi», è vero che quasi per nessuno è un «mero grumo di cellule». Se, quindi, se ne può minimizzare o addirittura evitare la distruzione è un bene. Dall’altra c’è il fatto che lo studio delle staminali tratte da embrioni finora ha contribuito in maniera non banale alla crescita delle conoscenze e le staminali embrionali continuano a essere considerate una promessa per la cura di svariate e gravi malattie che affliggono milioni di persone già nate. La scelta non è facile. E nessuno può pensare di tagliare il nodo con un colpo di accetta.