Fecondazione, ancora uno stop: «Legittima diagnosi preimpianto»
L'Unità del 24 gennaio 2008, pag. 9
di Vrginia Lori
Nuovo stop. Hanno vinto le associazioni di donne contrarie alle linee guida della legge sulla fecondazione assistita, la legge 40. Il Tar del Lazio, al quale erano ricorse, ha stabilito l'annullamento di quelle linee guida «per eccesso di potere» e ha rinviato il giudizio alla Corte Costituzionale. «Ritenevamo che fossero inidonee - sottolinea Filomena Gallo di "amica Cicogna", una delle associazioni ricorrenti insieme a Madre Provetta e Warm -, perché non possono introdurre ulteriori divieti rispetto alla legge 40. E il Tar ci ha dato ragione». Adesso, continua, «abbiamo una legge senza più linee guida: aspettiamo, dunque, il ministro della Salute Livia Turco. E, questa volta - precisa Gallo - non potranno essere come le altre, perché verrebbero bocciate».
In particolare la parte contestata riguarda il divieto di diagnosi preimpianto per gli embrioni. Il ricorso con cui si chiedeva la completa abrogazione delle linee guida, in base al quale si è pronunciato il tribunale amministrativo con sentenza depositata il 21 gennaio, era stato presentato nel 2004. Il verdetto «boccia» le linee guida contenute nel decreto ministeriale del 21 luglio 2004, nella parte che riguarda le misure di tutela dell'embrione laddove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell'articolo 13 (comma 5), dovrà essere di tipo osservazionale. In pratica bolla il divieto di diagnosi preimpianto e la predeterminazione del numero degli embrioni da ottenere e poi da impiantare in utero, non più di tre. In aggiunta, il Tar del Lazio solleva la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14 (commi 2 e 3), della legge 40 del 19 febbraio 2004, per contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione. Rinviando di fatto la «palla» alla Consulta. Ignazio Marino, presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama evidenzia «l'incongruenza» della legge 40, che vieta la diagnosi genetica dell'embrione fecondato e al tempo stesso non può obbligare la donna a sottoporsi all'impianto dell'embrione stesso. «È l'ennesima prova - continua Marino - della necessità di intervenire sulla parte della legge che lo consente, ovvero sulle linee guida che sono rivedibili ogni tre anni, concepite proprio per adattare l'applicazione della legge ai progressi scientifici». Il compito spetta al ministero della salute. E Stefania Prestigiacomo di Forza Italia dice: «Sarebbe bene che il Parlamento approfittasse di questo opportuno stop alla legge 40 imposto dal Tar per rivedere una normativa che ha provocato solo migliaia di viaggi della speranza e milioni di guadagni ai centri esteri». Mentre il ginecologo Carlo Flamigni che fa parte anche del Cnb commenta: «I magistrati fanno quello che i nostri politici spaventati e incompetenti non sanno più fare. Quanto è accaduto era inevitabile. La legge 40 può ancora essere salvata con cospicui rimaneggiamenti per trasformarla in una norma saggia e ispirata ai bisogni di chi soffre». Ma la teodem Paola Binetti e la senatrice del pd Emanuela Baio confermano il «sì» alla legge 40 e dicono: «Prima di intervenire sulle linee guida attendere la Consulta».
L'Unità del 24 gennaio 2008, pag. 9
di Vrginia Lori
Nuovo stop. Hanno vinto le associazioni di donne contrarie alle linee guida della legge sulla fecondazione assistita, la legge 40. Il Tar del Lazio, al quale erano ricorse, ha stabilito l'annullamento di quelle linee guida «per eccesso di potere» e ha rinviato il giudizio alla Corte Costituzionale. «Ritenevamo che fossero inidonee - sottolinea Filomena Gallo di "amica Cicogna", una delle associazioni ricorrenti insieme a Madre Provetta e Warm -, perché non possono introdurre ulteriori divieti rispetto alla legge 40. E il Tar ci ha dato ragione». Adesso, continua, «abbiamo una legge senza più linee guida: aspettiamo, dunque, il ministro della Salute Livia Turco. E, questa volta - precisa Gallo - non potranno essere come le altre, perché verrebbero bocciate».
In particolare la parte contestata riguarda il divieto di diagnosi preimpianto per gli embrioni. Il ricorso con cui si chiedeva la completa abrogazione delle linee guida, in base al quale si è pronunciato il tribunale amministrativo con sentenza depositata il 21 gennaio, era stato presentato nel 2004. Il verdetto «boccia» le linee guida contenute nel decreto ministeriale del 21 luglio 2004, nella parte che riguarda le misure di tutela dell'embrione laddove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell'articolo 13 (comma 5), dovrà essere di tipo osservazionale. In pratica bolla il divieto di diagnosi preimpianto e la predeterminazione del numero degli embrioni da ottenere e poi da impiantare in utero, non più di tre. In aggiunta, il Tar del Lazio solleva la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14 (commi 2 e 3), della legge 40 del 19 febbraio 2004, per contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione. Rinviando di fatto la «palla» alla Consulta. Ignazio Marino, presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama evidenzia «l'incongruenza» della legge 40, che vieta la diagnosi genetica dell'embrione fecondato e al tempo stesso non può obbligare la donna a sottoporsi all'impianto dell'embrione stesso. «È l'ennesima prova - continua Marino - della necessità di intervenire sulla parte della legge che lo consente, ovvero sulle linee guida che sono rivedibili ogni tre anni, concepite proprio per adattare l'applicazione della legge ai progressi scientifici». Il compito spetta al ministero della salute. E Stefania Prestigiacomo di Forza Italia dice: «Sarebbe bene che il Parlamento approfittasse di questo opportuno stop alla legge 40 imposto dal Tar per rivedere una normativa che ha provocato solo migliaia di viaggi della speranza e milioni di guadagni ai centri esteri». Mentre il ginecologo Carlo Flamigni che fa parte anche del Cnb commenta: «I magistrati fanno quello che i nostri politici spaventati e incompetenti non sanno più fare. Quanto è accaduto era inevitabile. La legge 40 può ancora essere salvata con cospicui rimaneggiamenti per trasformarla in una norma saggia e ispirata ai bisogni di chi soffre». Ma la teodem Paola Binetti e la senatrice del pd Emanuela Baio confermano il «sì» alla legge 40 e dicono: «Prima di intervenire sulle linee guida attendere la Consulta».