l'Unità 20.1.08
L'adunata del papa. Ore 12, via al Benedetto-day
Ruini chiama fedeli e politici a San Pietro. Da An ai Teo-dem, più che una preghiera sembra un comizio
di Roberto Brunelli
A COME ANGELUS: torpedoni, pulmini e pulmoni da tutta Italia. Ragazzi degli oratori, il mare dei papaboys con i loro striscioni, associazioni cattoliche, organizzazioni laicali ed ecclesiali, parrocchie, comunità, movimenti, seminaristi, studenti. E politici.
Di ogni risma e colore. Talvolta in lite tra loro, oppure vibranti nel «difendere la libertà» e «rimarginare una ferita», come dicono Maurizio Gasparri e Gianni Alemanno. C’è chi lo chiama «mini family day» (nel senso che invece del proverbiale milione ci potrebbero due o trecentomila persone), mentre il vicario di Roma Camillo Ruini, quello che ha lanciato l’appello a riunirsi qui in segno di vicinanza e d affetto al Papa, mette le mani avanti: che sia «un momento di preghiera», chiede il cardinale, e non «una manifestazione politica» e men che mai «un comizio», in modo che nessuno cada in tentazione di tirar Benedetto XVI per la giacchetta.
Di sicuro oggi a San Pietro non sarà una domenica come un’altra, nonostante il tentativo della Curia di tenere il profilo basso: niente impianti o palchi, un’organizzazione che non dia troppo nell’occhio per governare il flusso verso e dentro la piazza. Un flusso imponente, se si pensa che solo 50 mila saranno i fedeli presenti in nome della Giornata diocesana della scuola cattolica, così come si materializzeranno all’adunata ruiniana una miriade di formazioni e associazioni, tra cui Azione cattolica, focolarini, Mcl, Pax Christi, Sant’Egidio, Fuci, neocatecumenali, Scienza & Vita, gli studenti dell’Opus Dei, le Acli romane, così come i gruppi di Cl in pullman da ogni anfratto del Paese.
Un tema a sé sono gli esponenti politici che verranno ad omaggiare il pontefice. Niente vessilli, niente bandiere, è stato promesso alle gerarchie vaticane. Ma l’esercito di Benedetto, salvo sorprese dell’ultim’ora, potrà contare tra le sue fila diversi ministri, un ex presidente della Repubblica, sindacalisti passati e presenti, deputati e senatori, peones e portaborse. Scontata la massiccia presenza del centrodestra: assente non si sa quanto giustificato Giuliano Ferrara, il drappello è guidato da Sandro Bondi, da Fabrizio Cicchitto e Claudio Scajola, seguiti da Pierferdinando Casini e Lorenzo Cesa per l’Udc, da Andrea Ronchi, Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa per An, dal non esattamente pio Roberto Calderoli per la Lega, dall’ex presidente Francesco Cossiga. Poi c’è ovviamente tutta la galassia culturalmente affine, dal diccino Rotondi a Savino Pezzotta, nonché gli annessi e connesi del caso.
Più problematica, per così dire, la presenza degli esponenti del centrosinistra: certo, la squadra in campo comprende teo-dem, cattolici liberali, cristiano sociali, ex rutelliani e ex margheritini, in una vasta foto di gruppo che va da Paola Binetti a Enzo Carra, passando da Giorgio Tonini e Emanuela Baio Dossi al ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, continuando da Pierluigi Castagnetti, Renzo Lusetti e Luigi Bobba, senza dimenticare Marco Follini (il cui spirito è quello «di partecipare ad un rito»), lo stesso Rutelli ed l’oramai ex ministro Clemente Mastella (il quale, come suo costume, si porterà dietro un torpedone di fedelissimi direttamente in arrivo da Ceppaloni). E, sulla scia dei 44 parlamentari del Pd che hanno sentito il bisogno di rendere pubblico il loro arrivo a San Pietro, hanno annunciato la loro venuta anche un gruppo di democratici calabresi nonché gli esponenti del Partito democratico cristiano, rappresentato da Michelangelo Suozzi. Romano Prodi? Non ci sarà, ma, parlando a Forlì, ha tenuto a comunicare che le contestazioni alla Sapienza sono «una messa in crisi della libertà di tutti. Come premier, professore universitario e cittadino non è questa la mia idea di libertà e laicità. Non mi sono mai battuto per impedire a qualcuno di parlare».
Nonostante l’invito di Ruini perché l’Angelus di stamane non venga usato politicamente, il tema della «coloritura politica» c’è tutto. Rosy Bindi, che ha fatto sapere che seguirà l’evento a casa sua, davanti alla tv, come sua abitudine non le manda a dire: la ministra ripete che «la partecipazione all’Angelus deve essere partecipazione di fedeli. Chi tenta di strumentalizzare questa cosa e dividere, ancora una volta, il Paese dal punto di vista etico, culturale e politico, fa un cattivo servizio al Papa e all’Italia».
Ancora più duro Arturo Parisi, che addirittura evoca la prospettiva che a San Pietro questa mattina si formi una «corrente politica interna al Pd»: prospettiva che il ministro alla Difesa considera «tragica». «Sarebbe una prima volta di una gravità assoluta. Si tratta dell’esito di un processo alimentato strumentalmente da tutte le parti in maniera equivoca. Al contrario, il Pd è chiamato a costruire un luogo di confronto in cui a ciascun membro del partito si a consentito di esercitare la propria laicità».
San Pietro, dunque, un’altra festa italiana. Esclusi, in linea generale, problemi di sicurezza: tutt’al più potrebbe esserci qualche contestazione «un po’ troppo colorita». Anche le forze dell’ordine hanno scelto un basso profilo, moltissimi saranno gli agenti in borghese disseminati tra la folla. L’Italia, sia chiaro, non è esclusa dalla festa. A Milano e a Verona ci saranno i maxischermi. Le televisioni ci saranno tutte. Altro che silenzio: la voce del Papa si sentirà forte e potente.
L'adunata del papa. Ore 12, via al Benedetto-day
Ruini chiama fedeli e politici a San Pietro. Da An ai Teo-dem, più che una preghiera sembra un comizio
di Roberto Brunelli
A COME ANGELUS: torpedoni, pulmini e pulmoni da tutta Italia. Ragazzi degli oratori, il mare dei papaboys con i loro striscioni, associazioni cattoliche, organizzazioni laicali ed ecclesiali, parrocchie, comunità, movimenti, seminaristi, studenti. E politici.
Di ogni risma e colore. Talvolta in lite tra loro, oppure vibranti nel «difendere la libertà» e «rimarginare una ferita», come dicono Maurizio Gasparri e Gianni Alemanno. C’è chi lo chiama «mini family day» (nel senso che invece del proverbiale milione ci potrebbero due o trecentomila persone), mentre il vicario di Roma Camillo Ruini, quello che ha lanciato l’appello a riunirsi qui in segno di vicinanza e d affetto al Papa, mette le mani avanti: che sia «un momento di preghiera», chiede il cardinale, e non «una manifestazione politica» e men che mai «un comizio», in modo che nessuno cada in tentazione di tirar Benedetto XVI per la giacchetta.
Di sicuro oggi a San Pietro non sarà una domenica come un’altra, nonostante il tentativo della Curia di tenere il profilo basso: niente impianti o palchi, un’organizzazione che non dia troppo nell’occhio per governare il flusso verso e dentro la piazza. Un flusso imponente, se si pensa che solo 50 mila saranno i fedeli presenti in nome della Giornata diocesana della scuola cattolica, così come si materializzeranno all’adunata ruiniana una miriade di formazioni e associazioni, tra cui Azione cattolica, focolarini, Mcl, Pax Christi, Sant’Egidio, Fuci, neocatecumenali, Scienza & Vita, gli studenti dell’Opus Dei, le Acli romane, così come i gruppi di Cl in pullman da ogni anfratto del Paese.
Un tema a sé sono gli esponenti politici che verranno ad omaggiare il pontefice. Niente vessilli, niente bandiere, è stato promesso alle gerarchie vaticane. Ma l’esercito di Benedetto, salvo sorprese dell’ultim’ora, potrà contare tra le sue fila diversi ministri, un ex presidente della Repubblica, sindacalisti passati e presenti, deputati e senatori, peones e portaborse. Scontata la massiccia presenza del centrodestra: assente non si sa quanto giustificato Giuliano Ferrara, il drappello è guidato da Sandro Bondi, da Fabrizio Cicchitto e Claudio Scajola, seguiti da Pierferdinando Casini e Lorenzo Cesa per l’Udc, da Andrea Ronchi, Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa per An, dal non esattamente pio Roberto Calderoli per la Lega, dall’ex presidente Francesco Cossiga. Poi c’è ovviamente tutta la galassia culturalmente affine, dal diccino Rotondi a Savino Pezzotta, nonché gli annessi e connesi del caso.
Più problematica, per così dire, la presenza degli esponenti del centrosinistra: certo, la squadra in campo comprende teo-dem, cattolici liberali, cristiano sociali, ex rutelliani e ex margheritini, in una vasta foto di gruppo che va da Paola Binetti a Enzo Carra, passando da Giorgio Tonini e Emanuela Baio Dossi al ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, continuando da Pierluigi Castagnetti, Renzo Lusetti e Luigi Bobba, senza dimenticare Marco Follini (il cui spirito è quello «di partecipare ad un rito»), lo stesso Rutelli ed l’oramai ex ministro Clemente Mastella (il quale, come suo costume, si porterà dietro un torpedone di fedelissimi direttamente in arrivo da Ceppaloni). E, sulla scia dei 44 parlamentari del Pd che hanno sentito il bisogno di rendere pubblico il loro arrivo a San Pietro, hanno annunciato la loro venuta anche un gruppo di democratici calabresi nonché gli esponenti del Partito democratico cristiano, rappresentato da Michelangelo Suozzi. Romano Prodi? Non ci sarà, ma, parlando a Forlì, ha tenuto a comunicare che le contestazioni alla Sapienza sono «una messa in crisi della libertà di tutti. Come premier, professore universitario e cittadino non è questa la mia idea di libertà e laicità. Non mi sono mai battuto per impedire a qualcuno di parlare».
Nonostante l’invito di Ruini perché l’Angelus di stamane non venga usato politicamente, il tema della «coloritura politica» c’è tutto. Rosy Bindi, che ha fatto sapere che seguirà l’evento a casa sua, davanti alla tv, come sua abitudine non le manda a dire: la ministra ripete che «la partecipazione all’Angelus deve essere partecipazione di fedeli. Chi tenta di strumentalizzare questa cosa e dividere, ancora una volta, il Paese dal punto di vista etico, culturale e politico, fa un cattivo servizio al Papa e all’Italia».
Ancora più duro Arturo Parisi, che addirittura evoca la prospettiva che a San Pietro questa mattina si formi una «corrente politica interna al Pd»: prospettiva che il ministro alla Difesa considera «tragica». «Sarebbe una prima volta di una gravità assoluta. Si tratta dell’esito di un processo alimentato strumentalmente da tutte le parti in maniera equivoca. Al contrario, il Pd è chiamato a costruire un luogo di confronto in cui a ciascun membro del partito si a consentito di esercitare la propria laicità».
San Pietro, dunque, un’altra festa italiana. Esclusi, in linea generale, problemi di sicurezza: tutt’al più potrebbe esserci qualche contestazione «un po’ troppo colorita». Anche le forze dell’ordine hanno scelto un basso profilo, moltissimi saranno gli agenti in borghese disseminati tra la folla. L’Italia, sia chiaro, non è esclusa dalla festa. A Milano e a Verona ci saranno i maxischermi. Le televisioni ci saranno tutte. Altro che silenzio: la voce del Papa si sentirà forte e potente.