Incertezza di coppie e medici
Il Sole 24 Ore del 25 gennaio 2008, pag. 31
di N.T.
I medici non sanno più cosa è lecito e cosa no, le coppie non sanno cosa fare, i politici litigano. Nel giorno della caduta del governo Prodi, continua lo scontro sulla fecondazione assistita, dopo che il Tar del Lazio ha sollevato la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale,sulla legge 40, che fissa a tre il numero massimo di embrioni che si possono produrre. Il tribunale amministrativo ha anche cassato le linee guida del ministero della Salute che non consentono di intervenire sull'embrione per fini terapeutici e diagnostici.
In mattinata apre le ostilità Francesco Storace, segretario nazionale de "La destra" ed ex ministro della Salute: «Il ministro Turco non si azzardi ad assecondare la pazzesca decisione del Tar, che punta alla selezione genetica dei nostri figli». Gli risponde la senatrice di Rifondazione comunista Erminia Emprin, capogruppo in commissione Sanità: Storace, dice, «ribadisce la vocazione autoritaria e l'uso ideologico del potere che le destre hanno fatto in materia di fecondazione assistita». Mette invece le mani avanti il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè: «Chi sostiene che la diagnosi pre-impianto ora è possibile mente sapendo di mentire». Intanto, le tre associazioni ( Warm, Madre Provetta e Amica Cicogna) che hanno vinto il ricorso fanno sapere di aver ricevuto «centinaia di telefonate» da parte di coppie che chiedono se ora è possibile la diagnosi pre-impianto e se non è più necessario andare all'estero.
Interviene anche Maurizio Mori, presidente della Consulta di bioetica: «Il punto fondamentale è che la sentenza ritiene la diagnosi pre-impianto come necessaria alla tutela della salute della donna: impedirla quindi è incostituzionale». Critiche da Fides, agenzia del dicastero vaticano delle missioni secondo cui la possibilità di diagnosi preimpianto «apre la porta alla selezione degli uomini in base alle loro qualità genetiche».
«Si tratta di una vittoria grande, ma purtroppo per ora parziale», sostengono invece gli avvocati dell'associazione Warm, perché «rimuovendo il divieto alla diagnosi preimpianto, ha accolto, nella sostanza, il principio che abbiamo sostenuto: l'embrione, se è centro di imputazione di interessi giuridici, ha diritto a nascere sano».Resta però l'incertezza. Giovanni Monni, presidente dell'Aagoi (i ginecologi ospedalieri) ha spiegato che ora sarà necessario del tempo anche per riorganizzare il servizio di diagnosi. Il ginecologo Carlo Flamigni, uno dei padri della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, commenta: «Di fronte ad una donna che rischia di concepire un figlio con una malattia genetica, a queste condizioni normative, le direi di andare all'estero».
Il Sole 24 Ore del 25 gennaio 2008, pag. 31
di N.T.
I medici non sanno più cosa è lecito e cosa no, le coppie non sanno cosa fare, i politici litigano. Nel giorno della caduta del governo Prodi, continua lo scontro sulla fecondazione assistita, dopo che il Tar del Lazio ha sollevato la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale,sulla legge 40, che fissa a tre il numero massimo di embrioni che si possono produrre. Il tribunale amministrativo ha anche cassato le linee guida del ministero della Salute che non consentono di intervenire sull'embrione per fini terapeutici e diagnostici.
In mattinata apre le ostilità Francesco Storace, segretario nazionale de "La destra" ed ex ministro della Salute: «Il ministro Turco non si azzardi ad assecondare la pazzesca decisione del Tar, che punta alla selezione genetica dei nostri figli». Gli risponde la senatrice di Rifondazione comunista Erminia Emprin, capogruppo in commissione Sanità: Storace, dice, «ribadisce la vocazione autoritaria e l'uso ideologico del potere che le destre hanno fatto in materia di fecondazione assistita». Mette invece le mani avanti il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè: «Chi sostiene che la diagnosi pre-impianto ora è possibile mente sapendo di mentire». Intanto, le tre associazioni ( Warm, Madre Provetta e Amica Cicogna) che hanno vinto il ricorso fanno sapere di aver ricevuto «centinaia di telefonate» da parte di coppie che chiedono se ora è possibile la diagnosi pre-impianto e se non è più necessario andare all'estero.
Interviene anche Maurizio Mori, presidente della Consulta di bioetica: «Il punto fondamentale è che la sentenza ritiene la diagnosi pre-impianto come necessaria alla tutela della salute della donna: impedirla quindi è incostituzionale». Critiche da Fides, agenzia del dicastero vaticano delle missioni secondo cui la possibilità di diagnosi preimpianto «apre la porta alla selezione degli uomini in base alle loro qualità genetiche».
«Si tratta di una vittoria grande, ma purtroppo per ora parziale», sostengono invece gli avvocati dell'associazione Warm, perché «rimuovendo il divieto alla diagnosi preimpianto, ha accolto, nella sostanza, il principio che abbiamo sostenuto: l'embrione, se è centro di imputazione di interessi giuridici, ha diritto a nascere sano».Resta però l'incertezza. Giovanni Monni, presidente dell'Aagoi (i ginecologi ospedalieri) ha spiegato che ora sarà necessario del tempo anche per riorganizzare il servizio di diagnosi. Il ginecologo Carlo Flamigni, uno dei padri della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, commenta: «Di fronte ad una donna che rischia di concepire un figlio con una malattia genetica, a queste condizioni normative, le direi di andare all'estero».