sabato 19 gennaio 2008

"La mia vita da schiava in un convento-lager"


Repubblica.it
13 settembre 2002

"La mia vita da schiava in un convento-lager"

Oggi ha 70 anni: "Tante volte ho denunciato, mai creduta. Ho perso dignità e identità: credo in Dio, non nella Chiesa"

Dal nostro inviato EMANUELA AUDISIO.

"Mi guardi: sono una vera Maria Maddalena, non un fantasma. Sono una di quelle di cui parla il film di Peter Mullan che ha vinto a Venezia. Una di quelle schiave messe a marcire nei conventi, gestiti dalle Suore della "Misericordia", per conto della chiesa cattolica. Messe a lavorare per lavare via le colpe: 9 ore al giorno, tutti i giorni dell'anno, tranne la domenica. Non una puttana, non una pazza e nemmeno un'orfana".

"Solo una che si era permessa di disubbidire. Il mio peccato? Essere andata al cinema senza permesso. Esistiamo davvero, noi Maddalene, ci hanno cambiato nome, ma io sono Mary. Ho 70 anni e sono stata la prima a parlare nell'85, chiamavo i giornali, le radio, nessuno mi credeva. Dire male delle suore? Non si poteva, non nella cattolica Irlanda, dove si erano occupate di 30 mila Maddalene. In molti preferivano ignorare, anche nel 1996 quando ha chiuso l'ultimo convento, anche dopo molti documentari, anche dopo molte canzoni. Un po' come in Germania ai tempi del nazismo quando la gente perbene diceva di non sapere e faceva di tutto per non sapere. Ce ne sono altre come me, ma stanno zitte, si vergognano, non vogliono ricordare. Povere Maddalene, non parlano nemmeno se le ammazzi. E ormai le hanno ammazzate quasi tutte: il resto lo ha fatto il dolore, la sofferenza, la pazzia. Molte sono rincretinite, ridotte a vecchie bambine che vegetano nei ricoveri. Ma già: i cattivi ora sono i musulmani, il male è l'Islam. Yes father, sì Padre, diceva sempre mia madre. Non si poteva dire di no al parroco".

Mary Norris vive in campagna. E' nata nel 1932 a Sneem nella contea di Kerry, da Daniel e Brigid Cronin che avevano una piccola fattoria e otto figli. Mary era la figlia più grande. Suo padre morì di cancro che lei aveva undici anni, l'ultima sorellina appena sei mesi. "Dopo la morte di papà, mia madre cominciò a frequentare un uomo della zona, che spesso si fermava a dormire da noi. Durante queste visite non vedevamo nulla di sconcio, lui ci regalava qualche dolce e la mamma sembrava un po' più felice. Una mattina mi stavo preparando ad andare a scuola quando vidi la macchina. Una guardia mi chiese se mia madre era a casa. Penso che stessero controllando la casa, perché volevano trovarci l'amico della mamma. Così presero noi bambini e ci fecero marciare fino al tribunale, sotto gli occhi di tutti. Su volere del parroco che considerava la mamma una cattiva donna. Finimmo in un orfanatrofio a Killarney, separati dai nostri fratelli, ma noi la mamma l'avevamo. Erano preoccupati per la salvezza delle nostre anime. Me lo spiegò una suora, cattivissima, che ora è morta, ma che voglio nominare, suor Laurence, che mi disse: 'Tua madre poteva tenerti, ma è una poco di buona, è un diavolo, spero che tu non diventerai come lei". Per questo mi picchiava e perché bagnavo il letto. Per punizione dovevo passare con il materasso sulla testa tra un'ala di bambini che mi derideva. Avevo solo 11 anni e non mi era mai successo prima di non riuscire a tenere la pipì. Lei mi picchiava con la cinghia, quando ero nuda, sempre in posti dove i segni non si sarebbero visti. Godeva nel farmi male, questo l'ho capito dopo. Mi spiegava: "Lo sai che stai parlando alla sposa di Cristo?".

Impedivano a mia madre di venirci a trovare. Il giorno di Natale ci davano una salsiccia, la domenica di Pasqua un uovo bollito. Per il resto il cibo era atroce: pane e margarina, e una specie di porridge che davano a maiali. Dalla cucina delle suore invece uscivano meravigliosi profumi di bistecca". Mary, quante volte? "Quante volte ho pensato di essere io sbagliata? Molte. Sono andata trovare un'amica a Londra, un'altra Maddalena, suo figlio piangeva e lei si è messa con calma a picchiarlo. "Ma cosa fai?" le ho chiesto. "Non facevano così anche con noi, per farci smettere?" mi ha risposto. Non ce l'ho con le suore per le botte o per il lavoro. Quello che ti segna per sempre sono le ferite alla mente.

Continuavano a ripetermi: finirai male come tua madre. E io pensavo: oddio, forse vedono in me qualcosa che io non riesco a vedere. Così a 16 anni decisi di diventare una suora. Cercavano religiose da mandare in Australia a convertire gli aborigeni. Io non sapevo nemmeno chi fossero gli aborigeni, ma alzai la mano. Cominciarono ad educarmi diversamente, ma a me non piaceva. Arrivò un prete che mi spiegò: "Ragazza mia, più sei vicina a Dio, più il diavolo ti tenta".

Gli risposi che il diavolo non c'entrava, non volevo più essere una suora. Così mi trovarono un lavoro in una famiglia a Tralee. Per 12 cent mungevo le mucche, cucinavo, lavavo e pulivo. Una volta a settimana andavo al cinema, era la mia unica passione. Chiesi il permesso per andarci un'altra volta, ma la padrona disse no. Ci andai lo stesso, e il giorno dopo arrivò lo stesso uomo che mi aveva prelevato da casa da mia madre e mi riportò a Killarney dove venni chiusa a chiave. L'indomani venni portata dal dottore per un esame interno e ricordo che lui si spazientì: "Cosa c'è che non va? Questa ragazza è intatta". Io non sapevo cosa voleva dire intatta. I miei fratelli vennero mandati a lavorare da un tipo in campagna che abusò sessualmente di loro e di mia sorella. Mia madre continuava a non sapere dove fossimo".

Mary nel 1950 smise di esistere. "Venni rasferita al Good Shepard a Cork, senza nemmeno avere la possibilità di salutare le mie sorelle. E divenni schiava in una lavanderia delle Maddalene. Mi imposero di cambiare il mio nome e mi ordinarono di non dire a nessuno il motivo per il quale ero lì. Ma se non lo so nemmeno io, risposi. Lì dentro persi tutto: dignità, identità, nome. Non potevi parlare, dovevi solo pregare ad alta voce, lavorare e baciare i piedi della statua di Santa Maria Goretti. Eravamo un centinaio, nessuno aveva mai fatto qualcosa di male, alle mamme toglievano i bambini che finivano adottati in America. Riconobbi Helen, una compagna di anni prima, mi disse che ora si chiamava Regina.

Il lavoro era duro: era una vera lavanderia. I panni venivano dagli ospedali, sporchi di sangue e noi non avevamo guanti. Le suore facevano una fortuna, noi neanche una lira. Sono stata lì per due anni, senza paga. Mi sono salvata grazie ad una zia che avevo in America e che continuava a chiedere mie notizie. Ma i miei fratelli sono diventati alcolizzati e sono morti: uno bruciato nel suo letto dalla sigaretta, l'altro ucciso in una rissa tra ubriachi. Non dico che sia solo colpa della Chiesa, ma certo quello che hanno attraversato non li ha aiutati a diventare persone".

Si può smettere di essere Maddalena? "É difficile. Io sono andata in Inghilterra, mi sono sposata, ma dopo un po' tutto è andato male, sono caduta in depressione e sono finita dallo psichiatra. Non riuscivo a sbarazzarmi del passato, l'avevo messo lì in attesa, ma c'era e premeva. Ho incontrato il mio attuale marito nel '67, ho avuto una figlia, e questo ha fatto la differenza. Alla gente dico: non abbiate vergogna di arrabbiarvi, è un vostro diritto, non lasciate che l'amarezza vi rovini. Molte di noi provano ancora vergogna per dove sono cresciute. Ma io dico che la vergogna sta sulla porta della chiesa cattolica perché loro hanno istruito le persone e loro hanno permesso tutta questa miseria. Se abbiamo fatto del male, ci scusiamo, dice ora la Chiesa. Come sarebbe a dire se? Noi, le Maddalene, non ci siamo inventate niente. Veramente il Vaticano crede che il film sia esagerato? Preferisco la posizione del vescovo Willy Welsh che parla di necessario ripensamento.

Ho dovuto combattere perfino perché le Maddalene morte in convento avessero una tomba e un nome, le avevano seppellite in una fossa comune e anonima. Invece le suore avevano rose e lapidi bellissime". Mary, non pianga, racconti. "Cosa? Che non vado più a messa e nemmeno le mie sorelle. Continuo a credere in Dio, ma non nella chiesa. Non voglio una cerimonia religiosa quando muoio, non l'ho voluta nemmeno quando mi sono sposata. Mi definisco cristiana, non cattolica. Devo credere. Perché chi ci ha rubato la vita non deve trovare il paradiso".