mercoledì 23 gennaio 2008

Lombardia, cambia la 194 Nuovi limiti per l'aborto

Lombardia, cambia la 194 Nuovi limiti per l'aborto

Corriere della Sera del 23 gennaio 2008, pag. 22

di Simona Ravizza

E ora l'asticella della vita, per la prima volta, ha dei confini che la delineano uffi­cialmente, almeno dal punto di vista medico: è la 23esima setti­mana. Da qui viene riconosciu­ta la possibilità di vita autono­ma di un neonato.



Dopo mille polemiche sui due temi di bioetica più contro­versi degli ultimi mesi, doppia svolta ieri su aborto terapeuti­co e rianimazione dei bambini prematuri. In entrambi i casi so­no stati fissati limiti «per aiuta­re i medici a decidere nelle si­tuazioni più complesse». Da un lato, la Regione Lombardia ha varato un manuale d'applicazio­ne della legge 194, unico in Ita­lia: come anticipato dal Corrie­re della Sera a inizio gennaio, il tempo limite per l'interruzione terapeutica della gravidanza vie­ne fissato alla 22esima settima­na e 3 giorni (la legge non ne fissa nessuno, anche se normal­mente si considera la 24esima settimana). Dall'altro lato, il po­ol istituito dal ministro della Sa­lute Livia Turco sulle cure ai prematuri ha stilato il suo docu­mento conclusivo (trasmesso al Consiglio superiore di Sani­tà): sotto la 22esima settimana e 6 giorni la rianimazione è sconsigliata («Al neonato devo­no essere offerte solo le cure compassionevoli...»).



Due atti d'indirizzo per la so­luzione di un unico dilemma. «Il principio è lo stesso — spie­ga Fabio Mosca, il neonatologo della clinica Mangiagalli tra i re­latori di entrambe le linee gui­da —. Tutto ruota intorno alla 23esima settimana: l'aborto te­rapeutico può essere praticato fin qui, la rianimazione deve iniziare da qui, perché è pro­prio alla 23esima settimana che comincia la possibilità di vita autonoma di un neonato. Senza escludere mai l'autonomia del medico sul singolo caso», il mo­tivo dei tre giorni di differenza tra un regolamento e l'altro so­no spiegati nel decreto della Re­gione Lombardia: «Per far fron­te a eventuali margini di errore nella datazione della gravidan­za».



I riflettori sono puntati so­prattutto sulla mossa della Lom­bardia. Le linee guida del Pirellone vincolano, tra l'altro, l'interruzione di gravidanza per motivi di salute della donna an­che al via libera di un'equipe di specialisti (tra cui, eventualmente, anche uno psicologo). Il governatore Roberto Formigo­ni assicura: «Non è una sfida al Governo sulla legge 194. La no­stra è un'iniziativa che mette a frutto l'esperienza di due ospe­dali lombardi all'avanguardia, la Mangiagalli e il San Paolo, do­ve le linee d'indirizzo sono già state applicate con risultati po­sitivi. A vantaggio delle donne. Con un investimento di 64 milioni di euro, infatti, potenzia-mo anche le attività di preven­zione soprattutto nei consulto­ri».



Ma le critiche al provvedi­mento non si fanno attendere. «È una decisione inutile, tutta politica — denuncia Silvio Via­le, il ginecologo radicale che ha condotto al Sant'Anna di Tori­no la sperimentazione sulla RU486 —. L'unico scopo è intimidire i medici non obiettori». Per il Pd la posizione di Formigoni è contraddittoria. Perples­so anche Gianpaolo Donzelli, neonatologo al Meyer di Firen­ze e tra i papa della Carta sulle cure perinatali: «È uno degli ef­fetti perversi della devolution sanitaria — dice —. Un atto inopportuno perché su quésti temi è già in atto un dibattito che coinvolge il ministero della Salute, il Consiglio superiore di Sanità e il Comitato nazionale di bioetica». Ma la Lombardia ha preferito fare una fuga in avanti.