"Sì alla diagnosi preimpianto"
La Stampa del 24 gennaio 2008, pag. 12
di Daniela Daniele
Un colpo netto alla diatriba sulla diagnosi preimpianto di embrioni, vietata dalla legge 40. Il Tar del Lazio, come una spada sul nodo di Gordio, è calato su quello che nessuno (neppure un referendum abortito) era riuscito a sciogliere, bocciando le linee guida della legge sulla procreazione assistita e rinviandone alcune parti al giudizio della Corte Costituzionale.
E si riaccende la battaglia politica.
La sentenza giunge dopo quelle dei Tribunali di Cagliari e di Firenze che avevano accolto le richieste di coppie portatrici sane di patologie genetiche alle quali l'esame degli embrioni era stata negata. Il ricorso al Tar era stato presentato dalla Warm, World Association for Reproductive Medicine, insieme con Madre Provetta e Amica Cicogna.
Che cosa accadrà adesso? «Il Tar ha ritenuto illegittime le linee guida - spiega Gianni Baldini, legale di Warm - per eccesso di potere, perché sono oltre il contenuto della legge stessa, stabilendo un nuovo divieto».
Il Tar ha poi ritenuto che l'articolo 14, sul limite di tre embrioni impiantabili, sia costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione, «perché, stabilendo un numero massimo di embrioni da produrre e che tutti devono essere trasferiti - dice l'avvocato Baldini -, non tiene conto degli eventuali problemi di salute della donna che, da questa scelta, potrebbe venire compromessa». Limitando il numero di embrioni, infatti, si riducono le possibilità di successo e si espone la donna al rischio di altri, pesanti, trattamenti farmacologici. Secondo il Tar, la legge 40 non tiene conto del fatto che la procreazione assistita «è un trattamento sanitario».
Nel 2006, la Consulta, per il caso di Cagliari, fu già chiamata a esprimersi e dichiarò inammissibile la questione di legittimità. Farà lo stesso ora? «C'era stato un vizio procedurale, la questione non era stata presentata in modo corretto. La Corte, allora, non era entrata nel merito».
Per Aldo Loiodice, che nel ricorso ha rappresentato l'altra campana, quella che difende il divieto alla diagnosi e la legge in generale, «resta comunque ferma la tutela della vita e della salute del concepito perché è stata dichiarata illegittima solo la limitazione alla diagnosi che, comunque, non può distruggere il concepito o comprometterne la salute».
Ma la battaglia continua. Se il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrerò, plaude e chiede subito nuove linee guida, per Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, la sentenza contiene «aspetti gravi» e aggiunge che «contrariamente a quanto sostengono alcuni centri, non si potrà procedere alla diagnosi preimpianto prima che la Corte costituzionale decida». Il presidente della Lombardia, Formigoni, giudica la sentenza «vergognosa e ideologica», mentre il presidente della commissione Sanità del Senato Ignazio Marino sostiene che il Tar ha confermato le incongruenze della legge 40. Alfredo Mantovano (An) vede nella sentenza una porta spalancata sul rischio-eugenetica e Margherita Boni-ver, deputata di Forza Italia, ritiene che potrà così cadere una delle tante interdizioni di cui è infarcita la legge, «ispirata più da principi ideologici e inapplicabile in molte delle sue parti».
Che ne pensa il pioniere della procreazione assistita in Italia, Carlo Flamigni? «Il Tar ha fatto quello che politici incompetenti non sanno fare», risponde lapidario.
La Stampa del 24 gennaio 2008, pag. 12
di Daniela Daniele
Un colpo netto alla diatriba sulla diagnosi preimpianto di embrioni, vietata dalla legge 40. Il Tar del Lazio, come una spada sul nodo di Gordio, è calato su quello che nessuno (neppure un referendum abortito) era riuscito a sciogliere, bocciando le linee guida della legge sulla procreazione assistita e rinviandone alcune parti al giudizio della Corte Costituzionale.
E si riaccende la battaglia politica.
La sentenza giunge dopo quelle dei Tribunali di Cagliari e di Firenze che avevano accolto le richieste di coppie portatrici sane di patologie genetiche alle quali l'esame degli embrioni era stata negata. Il ricorso al Tar era stato presentato dalla Warm, World Association for Reproductive Medicine, insieme con Madre Provetta e Amica Cicogna.
Che cosa accadrà adesso? «Il Tar ha ritenuto illegittime le linee guida - spiega Gianni Baldini, legale di Warm - per eccesso di potere, perché sono oltre il contenuto della legge stessa, stabilendo un nuovo divieto».
Il Tar ha poi ritenuto che l'articolo 14, sul limite di tre embrioni impiantabili, sia costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione, «perché, stabilendo un numero massimo di embrioni da produrre e che tutti devono essere trasferiti - dice l'avvocato Baldini -, non tiene conto degli eventuali problemi di salute della donna che, da questa scelta, potrebbe venire compromessa». Limitando il numero di embrioni, infatti, si riducono le possibilità di successo e si espone la donna al rischio di altri, pesanti, trattamenti farmacologici. Secondo il Tar, la legge 40 non tiene conto del fatto che la procreazione assistita «è un trattamento sanitario».
Nel 2006, la Consulta, per il caso di Cagliari, fu già chiamata a esprimersi e dichiarò inammissibile la questione di legittimità. Farà lo stesso ora? «C'era stato un vizio procedurale, la questione non era stata presentata in modo corretto. La Corte, allora, non era entrata nel merito».
Per Aldo Loiodice, che nel ricorso ha rappresentato l'altra campana, quella che difende il divieto alla diagnosi e la legge in generale, «resta comunque ferma la tutela della vita e della salute del concepito perché è stata dichiarata illegittima solo la limitazione alla diagnosi che, comunque, non può distruggere il concepito o comprometterne la salute».
Ma la battaglia continua. Se il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrerò, plaude e chiede subito nuove linee guida, per Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, la sentenza contiene «aspetti gravi» e aggiunge che «contrariamente a quanto sostengono alcuni centri, non si potrà procedere alla diagnosi preimpianto prima che la Corte costituzionale decida». Il presidente della Lombardia, Formigoni, giudica la sentenza «vergognosa e ideologica», mentre il presidente della commissione Sanità del Senato Ignazio Marino sostiene che il Tar ha confermato le incongruenze della legge 40. Alfredo Mantovano (An) vede nella sentenza una porta spalancata sul rischio-eugenetica e Margherita Boni-ver, deputata di Forza Italia, ritiene che potrà così cadere una delle tante interdizioni di cui è infarcita la legge, «ispirata più da principi ideologici e inapplicabile in molte delle sue parti».
Che ne pensa il pioniere della procreazione assistita in Italia, Carlo Flamigni? «Il Tar ha fatto quello che politici incompetenti non sanno fare», risponde lapidario.